Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8397 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 23/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12431/2016 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE

MILIZIE 96, presso lo studio dell’avvocato GIORGIA MARSICANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato CASELLA CASALI;

– ricorrente –

contro

AZIENDA AGRICOLA ME.VI.SE., in amministrazione

giudiziaria, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato CARLO CIPRIANI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA GRAZIA

BERARDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1833/2015 della CORTE D’APPELO di BOLOGNA,

depositata il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza resa in data 25/11/2015, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha accolto la domanda proposta dall’amministratore giudiziario dell’azienda agricola di Me.Vi.Se. nei confronti di M.C., per la condanna di quest’ultima al rilascio di un fondo di proprietà del Me. colpito da un provvedimento cautelare di sequestro penale preordinato alla confisca per equivalente, in ragione della morosità della M. nel pagamento dei canoni d’affitto dovuti;

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come l’accordo con il quale il Me. aveva attribuito alla M., in sede di separazione personale, il godimento del ridetto fondo vita natural durante e a titolo gratuito, non fosse opponibile nei confronti dell’amministrazione giudiziaria, siccome trascritto successivamente alla trascrizione del provvedimento cautelare, con la conseguente persistenza, nei confronti dell’amministrazione giudiziaria procedente, della morosità contestata;

che avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione M.C. sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

che l’amministratore giudiziario dell’azienda agricola Me.Vi.Se. resiste con controricorso, invocando il rigetto dell’impugnazione;

che, a seguito della fissazione della Camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo d’impugnazione proposto, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 1230, 2703 e 2704 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale trascurato di rilevare come l’accordo intercorso tra le parti in sede di separazione personale avesse assunto la natura di fatto impeditivo e/o estintivo dell’obbligazione di pagamento dei canoni d’affitto, con la conseguente insussistenza di alcun inadempimento della M. suscettibile di giustificarne il rilascio del fondo, e che il predetto accordo di separazione fosse pienamente opponibile all’amministrazione giudiziaria avversaria siccome anteriore rispetto al provvedimento di sequestro del fondo;

che le censure sono manifestamente infondate, avendo la Corte territoriale espressamente sottolineato come la convenzione stipulata tra i coniugi in sede di separazione personale, siccome non riconducibile al tipo dei provvedimenti di assegnazione di casa familiare – come tale opponibile (a talune condizioni) a prescindere dalla relativa trascrizione -, avendo impresso un vincolo di destinazione per la durata della vita del beneficiario all’immobile oggetto di causa, non potesse in alcun modo opporsi all’amministrazione giudiziaria procedente, siccome trascritta in epoca successiva alla trascrizione del provvedimento cautelare di sequestro del bene;

che, pertanto, il giudice a quo ha indicato con precisione – nel rispetto delle norme di diritto richiamate dalla ricorrente e senza incorrere in alcun omesso esame di fatti decisivi controversi – le ragioni dell’inefficacia (relativa) della ridetta convenzione tra i coniugi sul piano dell’estinzione del debito della M. a titolo di canone affittuario;

che, conseguentemente, del tutto correttamente i giudici del merito hanno pronunciato la condanna dell’odierna ricorrente al rilascio, in favore dell’amministrazione giudiziaria resistente, dell’immobile detenuto, a seguito della risoluzione per inadempimento del contratto d’affitto oggetto di causa;

che alla rilevata manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione segue la pronuncia del rigetto del ricorso, con la condanna della ricorrente al rimborso, in favore dell’amministrazione giudiziaria controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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