Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8396 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30593-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

e contro

ECOLOGICA DI F.P. & C. SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 150/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONASLE DI SARDEGNA, depositata il 15/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Risulta dalla sentenza impugnata che la società contribuente Ecologica di F.P. & C. s.r.l. ha impugnato un atto di recupero di crediti di imposta per acquisto di beni strumentali da impiegare in aree svantaggiate, relativo ai periodi di imposta 2001, 2002 e 2003, ed emesso sul presupposto che i beni oggetto dell’agevolazione sarebbero stati in realtà locati a terzi.

La Commissione tributaria provinciale di Cagliari ha accolto il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, con la sentenza n. 150/04/2019, depositata il 15 marzo 2019, ha rigettato l’appello principale dell’Ufficio e quello incidentale della contribuente. Ha ritenuto la CTR, quanto all’appello principale dell’Ufficio, che non ricorresse nella specie l’ipotesi di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, comma 7, poichè la locazione a terzi dei beni in questione non costituirebbe un’ipotesi di loro dismissione o di loro destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, non comportando la loro fuoriuscita dal circuito produttivo dell’impresa. La CTR ha infatti assunto che nell’attività di impresa della società contribuente rientrasse anche la concessione a terzi di beni mobili strumentali, ricavando tale convincimento dal contenuto di clausole del contratto con il quale essi sono stati locati, in base alle quali i cespiti locati e già oggetto dell’agevolazione sarebbero comunque rimasti nell’area di disponibilità della società contribuente cedente, alla quale avrebbe dovuto rivolgere specifica richiesta di utilizzo la terza società conduttrice.

Propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’Ufficio; la società contribuente intimata non si è costituita.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

L’Ufficio ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente, risulta che il ricorso è stato notificato a mezzo posta elettronica certificata (oltre che alla contribuente personalmente) all’Avv. Giovanni Massidda, all’indirizzo p.e.c. indicato nell’atto (“Comparsa in prosecuzione”, riprodotta nella memoria dell’Ufficio ricorrente) con il quale, nel giudizio d’appello, la contribuente ha conferito il mandato allo stesso difensore ed ha eletto domicilio presso quest’ultimo, sebbene nell’intestazione della sentenza impugnata risulti indicato un diverso difensore (il cui studio ha peraltro indirizzo coincidente con quello del predetto).

Pertanto, la verifica della notificazione del ricorso, di cui alla proposta del relatore, è positiva.

Il ricorso va, pertanto, esaminato nel merito.

2. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, commi 7 ed 8, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto la persistenza dell’agevolazione in oggetto in capo alla società contribuente, basandosi sul fatto che nell’accordo negoziale di locazione dei beni il cui acquisto era agevolato, concluso con il terzo utilizzatore, la contribuente si era fatta carico di alcuni costi di gestione e manutenzione dei medesimi cespiti e ne aveva mantenuto la disponibilità, poichè la conduttrice poteva utilizzarli soltanto previa specifica richiesta alla concedente. Ritiene infatti l’Ufficio ricorrente che tali circostanze siano irrilevanti ai fini dell’applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, rispetto alla quale rileva piuttosto l’intervenuta cessione del compendio aziendale e la cessazione dell’attività, caratteristica della contribuente, di raccolta e smaltimento rifiuti.

Deduce, pertanto, l’Amministrazione che la contribuente, a seguito della cessione del compendio aziendale, come indicato nell’avviso di recupero, ha proseguito la propria attività come locazione o noleggio delle attrezzature alla società terza utilizzatrice. Ma tale nuova e diversa attività non rientrerebbe tra quelle idonee a conservare il beneficio del credito di imposta di cui alla citata disposizione normativa, posto che l’agevolazione era stata concessa per l’esercizio dell’attività di raccolta e smaltimento rifiuti, originariamente svolta dalla contribuente e proseguita dalla terza utilizzatrice.

Pertanto, secondo la ricorrente Agenzia, nel caso di specie sussiste la mancata destinazione alla struttura produttiva della contribuente dei beni agevolati nel quinquennio successivo al loro acquisto.

3. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 3, con conseguente nullità della sentenza per la sua motivazione apparente.

3.1. Il secondo motivo, potenzialmente assorbente il primo, è infondato.

Infatti, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), ove la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598).

Nella specie la motivazione appare non inferiore al minimo costituzionale, avendo il giudice di appello, per quanto sinteticamente (“occorre verificare se l’attività dell’impresa ricomprenda anche la concessione a terzi di beni mobili. Nel caso in esame (…) sussistono almeno due elementi che consentono di affermare che nell’attività della Ecologica Podda rientro anche la concessione a terzi (d)i beni mobili strumentali”), esposto ed argomentato la ratio decidendi secondo la quale l’atto di concessione a terzi dell’utilizzo dei beni in questione rientrerebbe nell’attività d’impresa della contribuente e non comporterebbe pertanto il venir meno dell’agevolazione concessa a quest’ultima.

Altra questione, poi, attinta dal primo motivo di ricorso, è se tale ratio sia giuridicamente corretta.

4. Il primo motivo è fondato.

Questa Corte ha già affermato li principio secondo cui la norma antielusiva di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, – secondo cui il recupero del credito è possibile se, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione, i beni sono dismessi o ceduti a terzi – si applica anche nell’ipotesi di noleggio (da equiparare alla “concessione a terzi” della quale tratta la sentenza impugnata), atteso che pure in tale evenienza viene meno la ratio del beneficio, che comporta la necessità che i beni vengano utilizzati dall’acquirente, ammesso al regime di favore, all’interno della sua struttura produttiva, operante in area svantaggiata (Cass., Sez. V, 30 giugno 2016, n. 13422).

Con tale arresto si è, difatti, evidenziata, al fine dell’applicazione della suddetta disposizione antielusiva, “la rilevanza, ai fini della revoca dell’agevolazione, del noleggio dei beni acquistati in regime di favore, in quanto modalità giuridica di cessione a terzi comportante la destinazione dei medesimi ad una struttura produttiva diversa da quella ammessa al beneficio e, per ciò solo, la risoluzione del rapporto di agevolazione. l’ipotesi di noleggio a terzi, infatti, i beni non assolvono più – fatta salva l’ipotesi, qui pacificamente esclusa, che quella di noleggio rappresenti l’attività imprenditoriale tipica del contribuente – la funzione ispiratrice della ratio dell’agevolazione; comportante la necessità che i beni stessi vengano utilizzati dall’acquirente ammesso al regime di favore, ed all’interno della sua struttura produttiva operante in area svantaggiata. Su tale premessa, relativa alla logica sottesa all’agevolazione dell’investimento, si è conseguentemente stabilito che: – del cit. art. 8, comma 7, ha natura antielusiva, volta ad evitare l’immissione solo temporanea dei beni nell’impresa all’unico fine di fruire dell’agevolazione, con loro successiva destinazione (nell’arco temporale preso a riferimento dalla legge) ad una diversa struttura produttiva (Cass. n. 20411/14); – l’esclusiva strumentalità del bene acquistato all’esercizio dell’impresa ammessa all’agevolazione (da provarsi ad onere del contribuente) attiene al rapporto d’inerenza previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 109 e 164, ed è pertanto elemento necessario al fine di usufruire del beneficio del credito d’imposta per l’intero costo dell’investimento (Cass. n. 1691/16; n. 23559/14); – anche l’uso promiscuo del bene da parte di imprese diverse, a qualsiasi titolo, deve ritenersi ostativo alla fruizione del beneficio del credito d’imposta (Cass. n. 15636/14)”.

Dunque “non si può ritenere che il contribuente, che intenda avvalersi dell’agevolazione, sia facoltizzato a cedere a terzi l’uso del bene nel biennio in cui è consentito che esso non sia messo in funzione nel ciclo produttivo, considerato che in tale evenienza viene meno la ratio del beneficio, che comporta la necessità che i beni vengano utilizzati dall’acquirente, ammesso al regime di favore, all’interno della sua struttura produttiva, operante in area svantaggiata” (Cass., Sez. V, 6 settembre 2017, n. 20810).

Alla luce dei criteri appena indicati la CTR avrebbe pertanto dovuto verificare se l’attività imprenditoriale tipica della contribuente, rispetto alla quale erano strumentali i beni al momento del loro acquisto agevolato, comprendesse o meno anche la “concessione” degli stessi beni a terzi, successivamente realizzatasi con il contratto tra la stessa contribuente e la terza società utilizzatrice.

Viceversa, il giudice a quo ha, erroneamente, seguito il percorso logico inverso, ovvero ha ritenuto che l’esistenza ed il contenuto del successivo contratto di “concessione” dell’utilizzo dei beni fossero sintomatici dell’inclusione anche di tale attività negoziale in quella d’impresa della contribuente, senza peraltro chiarire se il perimetro di quest’ultima sia stato effettivamente determinato, come necessario, con riferimento al momento dell’acquisto agevolato.

Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo motivo, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR della Sardegna, in diversa composizione, anche per la regolazione e liquidazione delle spese del giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo e rigetta il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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