Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8395 del 27/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 8395 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 27563-2012 proposto da:
POGGIO GUIDO (c.f. PGGGDU30E21A124I), GAI ANNA MARIA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA T. CAMPANELLA
41, presso l’avvocato LAILA PERCIBALLI, rappresentati
e difesi dall’avvocato VALENTINO FIORI°, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

BANCA DT CREDITO COOPERATIVO DI CASALGRASSO E
SANT’ALBANO STURA SOC. COOP. A R.L.;
– intimata –

Data pubblicazione: 27/04/2016

Nonché da:
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CASALGRASSO E
SANT’ALBANO STURA SOC. COOP. A R.L., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA SANT’ANDREA DELLA VALLE 6,

difende unitamente agli avvocati GINO CAVALLI,
MASSIMILIANO BIANCHI, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

POGGIO GUIDO, GAI ANNA MARIA;
– intimati

avverso la sentenza n. 1024/2012 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 05/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/02/2016 dal Consigliere Dott. MARIA
ACTPENO;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato M. E RECHICH1,
con delega, che si riporta;
udito,

per

la

controricorrente

e

ricorrente

incidentale, l’Avvocato N. PALOMBI che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

presso l’avvocato NICOLA PALOMBI, che la rappresenta e

SVOLGTM7NTO DEL PROCE223
Guido Poggio ed Anna Maria Gai hanno convenuto in giudizio
la

Banca

di

Credito

Cooperativo

di

Casalgrasso

e

Sant’Albano Stura deducendo che tra il 7 agosto 1997 ed il
29

gennaio

2001

essi

avevano

operato presso

la banca

19

acquisti di obbligazioni argentine per il controvalore dì E
879.498,10 senza che i singoli ordini fossero preceduti da
un valido contratto quadro avente ad oggetto la prestazione
del servizio di negoziazione. Inoltre la banca aveva agito
in conflitto d’interessi, aveva violato l’obbligo di
segnalazione della inadeguatezza delle operazioni nonché
gli obblighi informativi relativi alle caratteristiche ed
ai rischi effettivi connessi agli investimenti eseguiti.
La Banca ha ritenuto l’esistenza di un contratto quadro del
tutto valido avendo provveduto a produrlo ancorché
sottoscritto soltanto dagli investitori.
Ha inoltre precisato che nel 2001 era stato sottoscritto un
nuovo contratto quadro con relativa scheda di profilatura
nella quale gli attori avevano dichiarato di avere intenti
speculativi, media esperienza e alta propensione al
rischio.
Il Tribunale ha accolto la domanda di nullità del contratto
ed ha condannato al pagamento dell’intera somma investita.

3

Su impugnazione della banca intermediaria, la Corte
d’appello ha invece ritenuto che il contratto quadro fosse
valido ed efficace sulla base delle seguenti
argomentazioni:
il contratto quadro in considerazione è quello stipulato il

giorno 11 ottobre 1993;
il contratto non può ritenersi nullo per mancanza di forma
scritta in quanto prodotto dalla banca nella copia
sottoscritta dagli investitori. Nel testo è contenuta la
seguente formulazione “prendiamo atto che un esemplare
del presente contratto ci viene rilasciato debitamente
sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarvi”.
Da tale formula si deve desumere che il contratto si sia
perfezionato mediante scambio di corrispondenza comportante
secondo la prassi il trattenimento presso ciascuna parte
della copia sottoscritta dall’altra.
La sottoscrizione da parte degli investitori, unita
all’effettiva successiva instaurazione di un rapporto di
negoziazione che è stato regolarmente eseguito, depone per
l’effettivo incontro delle volontà negoziali delle parti.
Deve, pertanto, escludersi che l’attività di negoziazione
sia posta in essere in mancanza di un corrispondente e
consapevole consenso dei clienti.

4

Peraltro vi è la dichiarazione scritta degli investitori di
essere in possesso di una copia del contatto sottoscritta
dalla banca.
Infine l’art. 1 della 1. 1/91 non prevedeva l’obbligo di
forma scritta ad substantiam; né tale obbligo è stato

previsto dalle fonti comunitarie (Direttiva n. 93/22/CE del
10 maggio 1993; Direttiva 2004/39/CE del 21/4/2004).
Solo a partire dal d.lgs n. 415 del 1996 (art. 18) e 23
d.lgs n. 58/1998 è stata prevista la sanzione della nullità
da intendersi in modo diverso da quello codicistico
derivante dagli artt. 1350 e 1418 cod. civ., in quanto da
intendersi in modo non formale ma funzionale alla rimozione
dell’asimmetria informativa riguardante la posizione
dell’investitore. Anche la rilevabilità soltanto da parte
del cliente ne è un indice. Si tratta pertanto di nullità
di protezione produttive non propriamente d’invalidità ma
d’inefficacia.
In conclusione, ritiene la Corte d’Appello che, quando la
volontà negoziale si sia pacificamente perfezionata ed
abbia trovato attuazione nel corso del tempo, gli obiettivi
normativi risultino soddisfatti dalla sottoscrizione del
contatto ad opera del cliente.
Non si ravvisa peraltro la nullità del contratto per
mancata indicazione della controprestazione a carico degli

5

investitori, in quanto tale elemento contrattuale è del
tutto determinabile.
Infine la nullità denunciata non può che investire l’intero
rapporto. Non può essere consentito all’investitore, pena
l’inammissibile esercizio strumentale ed abusivo del

diritto, di limitare ad alcuni investimenti gli effetti
della invocata invalidità del contratto quadro.
Viene, invece, accolta la domanda relativa all’accertamento
dell’inadempimento della banca agli obblighi informativi e
di astensione dall’investimento se non adeguato nonché del
diritto al risarcimento del danno da responsabilità
contrattuale. Il rifiuto del cliente di fornire alla banca
le informazioni richieste sul proprio profilo finanziario
non elide gli obblighi sopra illustrati e la profilatura
del 2001 in guanto successiva all’esecuzione degli acquisti
è irrilevante. Le diciture stampigliate sul retro di alcuni
ordini di acquisto nei quali gli investitori si limitavano
a dare atto del legame tra elevata redditività
dell’investimento e rischio non costituiscono informazioni
specifiche sulla tipologia di investimento; il documento
sui rischi generali non dà conto dei rischi specifici
propri delle operazioni riguardanti i bond argentini.
I capitoli di prova richiesti sono stati ritenuti generici
ed ininfluenti non risultando indicate quali compiute
informazioni erano state fornite al cliente.
6

Il rilievo secondo il quale inizialmente le obbligazioni
argentine non erano problematiche poteva valere solo gli
investimenti eseguiti nel 97/98. Dal gennaio 1999 il
compendio informativo attingibile dal mercato evidenziava
una situazione di elevata rischiosità dell’investimento,

non comunicata al cliente. In particolare era già noto che
il rating era basso (BB, 5A3, BB) ed i titoli erano
compresi nella tipologia puramente speculativa a futuro
incerto.
Si trattava pertanto di operazioni inadeguate, non solo per
tipologia ma anche per dimensione e frequenza che potevano
essere realizzate solo dietro ordine scritto specifico del
cliente. Il “warning” dell’operazione, deve, infatti,
corrispondere a canoni di effettività e concretezza e non
all’adempimento d’incombenze meramente formali.
Nella specie, la banca non ha provato che la scarna
stampigliatura sul retro di taluni ordini trovasse
fondamento nell’effettiva rappresentazione ai clienti dei
profili di speciale rischiosità del titolo. Peraltro
l’inesistenza di una profilatura oltre che un pregresso
dossier titoli caratterizzato da investimenti assolutamente
prudenziali avrebbe dovuto indurre ad una rigorosa
informazione. Al contrario, quasi a ridosso del default
furono fatti acquisti numerosi e con frequenza infrannuale.

7

Sussiste in conclusione un plurimo inadempimento della
banca.
Il quantum è stato determinato nell’ammontare degli
investimenti detratto quanto realizzato a titolo di cedole

e di realizzo al valore residuo di mercato.
Il nesso causale è stato ritenuto provato in via presuntiva
da tutti gli indici già evidenziati in ordine al non
assolvimento degli obblighi informativi e alla non
adeguatezza delle operazioni. Tali elementi hanno condotto
univocamente a ritenere che se informati gli investitori
non avrebbero consentito a tali operazioni.
Sull’importo dovuto che integra un debito di valore deve
essere riconosciuta la rivalutazione secondo gli indici
ISTAT dalla data della costituzione in mora alla
liquidazione oltre ad un ulteriore l% a titolo di maggior
danno.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per
cassazione Guido Poggio e Anna Maria Gaj affidati a sei
motivi. Ha resistito con controricorso e ricorso
incidentale affidato a due motivi la Banca di Credito
Cooperativo di Casalgrasso e Sant’Albano Stura. Entrambe le
parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 18 del d.lgs n. 415 del 1996; 23
del d.lgs n. 58 del 1998; 1326, 1350 e 1418 cod. civ. per
non avere la Corte d’Appello dichiarato la nullità del
contratto di quadro in quanto non sottoscritto da entrambi

i contraenti. Secondo le parti ricorrenti la disciplina
normativa applicabile ratione temporis è l’art. 18 del
d.lgs n. 415 del 1996 che contiene la previsione
dell’obbligo della forma scritta. La norma è stata
sostanzialmente nel successivo art. 23. Alla luce di questo
univoco quadro normativo di riferimento deve ritenersi che
la dichiarazione scritta unilaterale pur se ricognitiva di
una sola delle parti del rapporto non è idonea ad integrare
il requisito di validità richiesto dalla legge. Rispetto a
tale preciso obbligo di forma risulta irrilevante la
previsione contrattuale relativa allo scambio dei documenti
contrattuali sottoscritti unilateralmente dall’altra parte
e che il rapporto scaturente dal contratto quadro abbia
avuto ampia esecuzione. Ciò che manca è, infatti, la
conoscenza o conoscibilità per iscritto del contenuto della
dichiarazione negoziale sottoscritta e fatta propria dalla
banca. Precisano le parti ricorrenti che la funzione
dell’obbligo della forma scritta non si esaurisce nella
tutela della trasparenza, come affermato nella sentenza
impugnata, ma risponde all’esigenza di dotare una
disposizione di volontà

di

particolare rilievo economico
9

della necessaria certezza e ponderazione che solo la forma
scritta può assicurare. Oltre all’assolvimento degli
obblighi informativi cui deve conformarsi la condotta
dell’intermediario vi è un contenuto minimo del contratto
quadro desumibile dagli elementi indicati nell’art. 30 del

Regolamento Consob che viene garantito con l’obbligo di
redazione del testo per iscritto contenuto anche nelle
norme in vigore anteriormente all’art. 23.
Infine sottolinea la parte ricorrente che la corte
d’Appello ha escluso che si possa far valere la nullità del
contratto quadro solo rispetto ad alcuni ordini e non
dell’intero rapporto. L’uso selettivo della nullità è
coerente con il peculiare regime giuridico delle nullità di
protezione. L’investitore che non può interferire nella
formazione del contratto a causa dell’asimmetria negoziale
che ne costituisce una delle principali caratteristiche, è
libero di decidere di avvalersi dell’eccezione di nullità e
di limitarne gli effetti restitutori senza travolgere per
intero gli investimenti eseguiti.

Nel secondo motivo viene dedotto il vizio di omessa
pronuncia ed in subordine di violazione di legge in ordine
all’invocata nullità di quattro ordini perché non redatti
per iscritto.

10

Nel terzo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di
omessa pronuncia ed in subordine di violazione di legge per
non avere la Corte d’Appello considerato che la forma
scritta per la redazione dei singoli ordini era anche
imposta dal contratto quadro (art. 2 proposta del contratto

di negoziazione) in quanto gli investimenti avevano ad
oggetto prodotti negoziati fuori dei mercati regolamentati.
Nel quarto e quinto motivo viene censurata sia sotto il
profilo del vizio di motivazione che sotto il profilo
dell’omessa pronuncia e della violazione di legge
l’illegittima esclusione degli ordini relativi agli
investimenti eseguiti nel 1997/98, trattandosi di 19
operazioni che per dimensioni ed entità del rischio
dovevano ritenersi inadeguate.
Nel sesto motivo viene censurata sotto il profilo della
violazione degli art. 1123, 1224 e 1226 cod. civ. la
illegittima decorrenza della rivalutazione monetaria dalla
messa in mora e non dall’inadempimento da identificarsi nel
momento del default.
Nel settimo motivo viene svolta analoga censura con
riferimento alla quantificazione del danno da lucro
cessante in misura pari all’i% sulla somma via via
rivalutata, e non invece in misura pari al tasso medio dei
titoli di stato o degli interessi legali, dovendosi

11

applicare

il

criterio

del

cumulo

d’interessi

e

rivalutazione.
Nel primo motivo di ricorso incidentale viene dedotto il
vizio d’insufficiente motivazione riscontrato nella
sentenza impugnata in ordine al nesso causale tra gli

inadempimenti addebitati alla banca e il danno dubito dai
ricorrenti, non essendo stata considerata l’elevata
propensione al rischio e gli intenti speculativi degli
investitori reiteratamente sottolineati dalla parte
controricorrente nel giudizio di merito e riconosciuti dai
ricorrenti medesimi nel profilo di rischio del 2001.
Nel secondo motivo è stata dedotta la violazione degli
artt. 1223, 1224 e 1226 cod. civ. per non avere la Corte
d’Appello fissato la decorrenza degli interessi
riconosciuti a titolo di lucro cessante dalla data di
deposito della sentenza, secondo i principi stabiliti dalle
S.U. nella pronuncia n. 26008 del 2008.
La questione formante oggetto del primo motivo è stata
affrontata in una recentissima pronuncia di questa Corte
(Cass. n.5919 del 2016) con orientamento pienamente
condivisibile così illustrato:
“L’articolo 23 del

d.lgs n. 58 del 1998, così come il

precedente art. 18 del d.lgs n. 415 del 1996 stabilisce che

i contratti relativi alla prestazione

dei

servizi

di

investimento debbano essere redatti per iscritto a pena di
12

nullità, ma già l’articolo 6, lettera c) della legge 2
gennaio 1991, numero 1, secondo quanto più volte ribadito
da questa Corte, poneva il medesimo requisito di forma per
la stipulazione del «contratto quadro» (Cass. 7 settembre
2001, n. 11495; Cass. 9 gennaio 2004, n. 111; Cass. 19
La

univocità e

la

continuità

maggio 2005, n. 10598).

interpretativa delle norme che si sono succedute in ordine
alla qualificazione giuridica dell’obbligo di forma
scritta, facilitano l’esame della censura e rendono
irrilevante l’individuazione applicabile a tutto il
rapporto, al suo momento genetico, al suo sviluppo
attua tivo.
L’obbligo in questione, dettato, secondo la prevalente
opinione, a fini protettivi dell’investitore (Cass. 22
marzo 2013, n. 7283), non è incompatibile con la formazione
del contratto attraverso lo scambio di due documenti,
entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto
dall’altro contraente. Non v’è difatti ragione di
discostarsi dall’insegnamento più volte ribadito, secondo
cui il requisito della forma scritta ad substantiam è
soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti sono
contenute in documenti distinti, purché risulti il
collegamento inscindibile del secondo documento al primo,
«si da evidenziare inequivocabilmente la formazione
dell’accordo» (Cass. 13 febbraio 2007, n. 3088; Cass. 18
luglio 1997, n. 6629 ; Cass. 4 maggio 1995, n. 4656).
13

Ne consegue che vertendosi in tema di forma scritta sotto
pena

di

nullità, in caso di formazione dell’accordo

mediante lo scambio di distinte scritture inscindibilmente
collegate, il requisito della forma scritta ad substantiam
in tanto è soddisfatto, in quanto entrambe le scritture, e

le corrispondenti dichiarazioni negoziali, l’una quale
proposta e l’altra quale accettazione, siano formalizzate.
E, insorta sul punto controversia, vale la regola generale
secondo cui, con riguardo ai contratti per i quali la legge
prescrive la forma scritta a pena di nullità, la loro
esistenza richiede necessariamente la produzione in
giudizio della relativa scrittura (Cass. 14 dicembre 2009,
n. 26174).
La stipulazione del contratto non può viceversa essere
desunta, per via indiretta, in mancanza della scrittura, da
una dichiarazione quale quella nella specie sottoscritta
dall’investitore: «Prendiamo atto che una copia del
presente contratto ci viene rilasciata debitamente
sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi».
La verifica del requisito della forma scritta ad
substantiam si sposta sul piano della prova , ove trova
applicazione la disposizione dettata dal codice civile che
consente di supplire alla mancanza dell’atto scritto nel
solo caso previsto dall’articolo 2725, comma 2, c.c., che
richiama l’articolo 2724, n. 3, c.c.: in base al combinato
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disposto di tali norme, la prova per testimoni di un
contratto per la cui stipulazione è richiesta la forma
scritta ad substantiam, è consentita solamente nell’ipotesi
in cui il contraente abbia perso senza sua colpa il
documento che gli forniva la prova del contratto. E la

preclusione della prova per testimoni opera parimenti per
la prova per presunzioni ai sensi dell’articolo 2729 c.c.
nonché per il giuramento al sensi dell’articolo 2739 c.c..
Interdetta è altresì la confessione (Cass. 2 gennaio 1997,
n. 2; Cass. 7 giugno 1985, n. 3435) quale, in definitiva,
sarebbe la presa d’atto, da parte della Mariani, della
consegna dell’omologo documento sottoscritto dalla banca.
D’altronde, la consolidata giurisprudenza di questa Corte
esclude l’equiparazione alla «perdita», di cui parla
l’articolo 2724 c.c.,

della consegna del documento alla

controparte contrattuale. Nell’ipotesi prevista dalla
norma, difatti, il contraente che è in possesso del
documento ne rimane privo per cause a lui non imputabili:
il che è il contrario di quanto avviene nel caso della
volontaria consegna dell’atto, tanto più in un caso come
quello in discorso, in cui non è agevole comprendere cosa
abbia mal potuto impedire alla banca, che ha predisposto la
modulistica impiegata per l’operazione, di redigere il
«contratto quadro» in doppio originale sottoscritto da
entrambi i contraenti.

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È stato al riguardo più volte ripetuto che, in tema di
contratti per cui è prevista la forma scritta ad
substantiam, nel caso in cui un contraente non sia in
possesso del documento contrattuale per averlo consegnato
all’altro contraente, non si può fornire la prova del

contratto avvalendosi della prova testimoniale, poiché non
si verte in un’ipotesi di perdita incolpevole del documento
ai sensi dell’articolo 2724, n. 3, c.c., bensì di
impossibilità di procurarsi la prova del contratto ai sensi
del precedente n. 2 di tale articolo (Cass. 26 marzo 1994,
n. 2951; Cass. 19 aprile 1996, n. 3722; Cass. 23 dicembre
2011, n. 28639, la quale

ha

precisato che l’esclusione

della prova testimoniale opera anche al limitato fine della
preliminare dimostrazione dell’esistenza del documento,
necessaria per ottenere un ordine di esibizione da parte
del giudice ai sensi dell’art. 210 c.p.c.; per completezza
occorre dire che c’è un precedente di segno diverso, Casa.
29 dicembre 1964, n. 2974, ma si tratta di un’affermazione
assai remota, isolata

e per

di più concernente una

fattispecie in parte diversa).
Resta allora da chiedersi se la validità del «contratto
quadro» possa essere ricollegata alla produzione in
giudizio da parte sua del medesimo documento ovvero a
comportamenti concludenti posti in essere dalla stessa
banca e documentati per iscritto.

16

I ricorrenti hanno più volte richiamato, in proposito, nel
ricorso per cassazione, l’autorità di Cass. 22 marzo 2012,
n. 4564 (massimata ad altro riguardo) nella quale si trova
affermato, con riguardo ad una vicenda simile, pure
involgente la stipulazione di un contratto bancario da

redigersi per iscritto:
i) che la dicitura contenuta nel documento mancante della
sottoscrizione proveniente dalla banca, secondo cui «un
esemplare del presente contratto ci è stato da voi
consegnato», rendeva ragionevole affermare che l’esemplare
consegnato recasse per l’appunto la sottoscrizione della
banca;
il)

che la costante giurisprudenza della Corte di

cassazione, muovendo dalla premessa che nei contratti per
cui è richiesta la forma scritta ad substantiam non è
necessaria la simultaneità delle sottoscrizioni dei
contraenti, ha più volte ribadito il principio secondo cui
tanto la produzione in giudizio della scrittura da parte di
chi non l’ha sottoscritta, quanto qualsiasi manifestazione
di volontà del contraente che non abbia firmato, risultante
da uno scritto diretto alla controparte, dalla quale emerga
l’intento di avvalersi del contratto, realizzano un valido
equivalente della sottoscrizione mancante;
iii) che, nella specie considerata, anche in mancanza di
una copia del contratto firmata dalla banca, l’intento di
17

questa di avvalersi del contratto risultava comunque, oltre
che dal deposito del documento in giudizio, dalle
manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti
nel corso del rapporto, da cui si evidenziava la volontà di
avvalersi del contratto (bastando a tal fine le
con conseguenze

comunicazioni degli estratti conto)
perfezionamento dello stesso.

Ritiene però la Corte che al precedente non possa darsi
continuità.
E’ stato più volte ribadito che la mancata sottoscrizione
di una scrittura privata può essere supplita dalla
produzione in giudizio del documento stesso da parte del
contraente non firmatario che se ne intende avvalere (Cass.
5 giugno 2014, n. 12711 ove si precisa che, per il
perfezionamento dell’accordo è necessario non solo che la
produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa
del contraente che non l’ha sottoscritto, ma anche che
l’atto sia prodotto per invocare l’adempimento delle
obbligazioni da esso scaturenti; Cass. 17 ottobre 2006, n.
22223 ; Casa. 5 giugno 2003, n. 8983; Casa. 1 0 luglio 2002,
n, 9543; Cass. 11 marzo 2000, n. 2826; Cass. 19 febbraio
1999, n. 1414; Cass. 15 maggio 1998, n. 4905; Cass. 7
maggio 1997, n. 3970; Cass. 23 gennaio 1995, n. 738; Cass.
24 aprile 1994, n. 5868, ove si precisa che il principio
non trova applicazione allorché il giudizio sia instaurato
18

non nei confronti del sottoscrittore, bensì dei suoi eredi;
Cass. 28 novembre 1992, n. 12781; Cass. 7 agosto 1992, n.
9374; Cass. 24 aprile 1990, n. 3440; Cass. 7 luglio 1988,
n. 4471; Cass. 11 settembre 1986, n.

5552,

che ammette il

principio solo quando il contraente invochi in proprio

favore il contratto ed intenda farne propri gli effetti, e
non quando la produzione in giudizio del documento esprima
essa stessa la volontà contraria ad alcuni suoi contenuti,
come quando sia effettuata al fine di dimostrare con la
mancata sottoscrizione del documento la non avvenuta
conclusione del contratto contenutovi; Cass. 18 gennaio
1983, n. 469; Cass. 8 novembre 1982, n. 5869; Cass. 23
aprile 1981, n. 2415, ivi, 1981, 2415; Cass. 8 gennaio
1979, n. 78).
La produzione in giudizio da parte del contraente che non
ha sottoscritto la scrittura realizza un equivalente della
sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del
contratto, perfezionamento che non può verificarsi se non
ex nunc, e non ex tune, tant’è che il congegno non opera se
l’altra parte abbia medio tempore revocato la proposta,
ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto
non è più in vita nel momento della produzione, perché la
morte determina di regola l’estinzione automatica della
proposta (v. articolo 1329 c.c.) rendendola non più
impegnativa per gli eredi (in senso diverso sembra
rinvenirsi soltanto Cass. 29 aprile 1982, n. 2707, secondo
19

cui la produzione in giudizio del documento sottoscritto da
una sola parte non determina la costituzione del rapporto
ex nunc, ma supplisce alla mancanza di sottoscrizione con
effetti retroagenti al momento della stipulazione).
Ne consegue che nel caso di specie la produzione in

giudizio del contratto da parte della banca, la cui
sottoscrizione difetta, avrebbe determinato il
perfezionamento del contratto solo dal momento della
produzione, la quale, perciò, non può che rimanere senza
effetti, per i fini della validità del successivo ordine di
acquisto delle obbligazioni argentine, tale da richiedere a
monte (e non ex post) un valido contratto quadro.
D’altro canto, far discendere la validità dell’ordine di
acquisto dal perfezionamento soltanto successivo del
«contratto quadro», non è pensabile, stante il principio
dell’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex
articolo 1423 c.c..
Il che esime dal soffermarsi sull’ulteriore questione se la
produzione da parte della banca possa determinare 11
perfezionamento del contratto, sia pure ex nunc, in
presenza di una domanda volta ad ottenere la dichiarazione
di nullità dell’ordine di acquisto in mancanza di un valido
«contratto quadro», avuto riguardo al rilievo che tale
domanda è di mero accertamento e, a differenza di quelle

20

costitutive, quali quelle di annullamento o di risoluzione
e non presuppone l’avvenuta conclusione del contratto.
Per tale ragione, dunque, il «contratto quadro» non può
dirsi utilmente perfezionato (sì da sorreggere il
successivo ordine di acquisto) per effetto della sua

produzione in giudizio da parte della banca.
Il problema dell’anteriorità del perfezionamento del
«contratto quadro» non si porrebbe, invece, se potesse
attribuirsi rilievo alla volontà della banca di avvalersi
del contratto desumibile dalle contabili, attestati di
seguito e dall’esecuzione del contratto medesimo.
Ma così non è. In generale, nei contratti soggetti alla
forma scritta ad substantiam, il criterio ermeneutico della
valutazione del comportamento complessivo delle parti,
anche posteriore alla stipulazione del contratto stesso,
non può evidenziare una formazione del consenso al di fuori
dello scritto medesimo (Cass. 7 giugno 2011, n. 12297).
E, fin da epoca remota, questa Corte ha affermato che il
documento ha valore, per i fini del soddisfacimento del
requisito formale, «in quanto sia estrinsecazione diretta
della volontà contrattuale» (Cass. 7 giugno 1966, n. 1495).
La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è
insomma elemento costitutivo del contratto, nel senso che
il documento deve essere l’estrinsecazione formale e
diretta della volontà delle parti di concludere un
21

determinato contratto avente una data causa, un dato
oggetto e determinate pattuizioni, sicché occorre che il
documento sia stato creato al fine specifico di manifestare
per iscritto la volontà delle parti

diretta

alla

conclusione del contratto (Cass. 1 marzo 1967, n. 453;

Cass. 22 maggio 1974, n. 1532; Cass. 7 maggio 1976, n.
1594; Cass. 9 marzo 1991, n. 1307; 30 marzo 1981, n. 1808;
18 febbraio 1985, n. 1374; Cass. 15 novembre 1986, n. 6738;
Cass. 29 ottobre 1994, n. 8937; Cass. 15 dicembre 1997, n.
12673; Cass. 6 aprile 2009, n. 8234; Cass. 30 marzo 2012,
n. 5158; da ultimo Cass. 12 novembre 2013, n. 25424,
secondo cui non soddisfa l’esigenza di forma scritta ad
substantiam l’attestazione di pagamento sottoscritta
dalliaccipiens e dal solvens).
Orbene, è di tutta evidenza che documentazione quale quella
in questo caso depositata dalla banca, indipendentemente
dalla verifica dello specifico contenuto e della
sottoscrizione di dette scritture, non possiede i caratteri
della «estrinsecazione diretta della volontà contrattuale»,
tale da comportare il perfezionamento del contratto,
trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e
consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal
contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e,
cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva,
di comportamenti concludenti che, per definizione, non

22

possono validamente dar luogo alla stipulazione di un
contratto formale”.
Rimane da esaminare il rilievo sollevato in controricorso
relativo all’abusività e conseguente illegittimità
dell’eccezione di nullità “selettiva” del contratto quadro,

in quanto rivolta esclusivamente a produrre effetti nei
confronti di alcuni acquisti di prodotti finanziari. Al
riguardo la Corte d’Appello ha ritenuto che la nullità
denunciata non può che investire l’intero rapporto. Non può
essere consentito all’investitore, pena l’inammissibile
esercizio strumentale ed abusivo del diritto, di limitare
ad alcuni investimenti gli effetti della invocata
invalidità del contratto quadro.
L’assunto non può essere condiviso dal momento che, nella
specie, il requisito della forma scritta ad substantiam per
il contratto quadro non determina una modificazione della
qualificazione giuridica della nullità che consegue
all’inosservanza dell’obbligo di forma. Anche tale nullità
è rilevabile esclusivamente dall’investitore ed è
configurabile come nullità di protezione. L’applicazione
del regime giuridico rigoroso della forma scritta ad
substantiam, derivante dall’esame testuale dell’art. 23
T.U.F. nell’interpretazione conforme di questa Corte ( S.U.
n.26724 del 2007) non ne modifica né la natura né la
funzione né le modalità di rilievo. L’eccezione può, di
23

conseguenza, essere prospettata dalla parte, coerentemente
con l’interesse sostanziale dedotto in giudizio.
Al riguardo deve rilevarsi che l’investitore ex art. 99 e
100 cod. proc. civ. può selezionare il rilievo della
nullità e rivolgerlo agli acquisti (o più correttamente i

contratti attuativi del contratto quadro) di prodotti
finanziari dai quali si è ritenuto illegittimamente
pregiudicato, essendo gli altri estranei al giudizio. La
rilevabilità d’ufficio, peraltro non incondizionata, delle
nullità di protezione, affermata di recente dalle S.U.
nella sentenza n.26242 del 2019, si limita a configurare la
possibilità di estendere l’accertamento giudiziale anche a
cause di nullità protettive non dedotte dalle parti senza
tuttavia consentirne il rilievo anche ad atti diversi da
quelli verso i quali la censura è rivolta.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento
dei rimanenti nonché dei due motivi del ricorso
incidentale.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con
rinvio al giudice del merito perché si adegui ai seguente
principio di diritto:
“nel contratto d’intermediazione finanziaria, la produzione
in giudizio del modulo negoziale relativo al contratto
quadro sottoscritto soltanto dall’investitore, non soddisfa
l’obbligo della forma scritta ad substantiam imposto a pena
24

di nullità dall’art. 23 d.lgs n. 58 del 1998. Tale nullità
può essere eccepita anche limitatamente ad alcuni degli
ordini di acquisto eseguiti in virtù del contratto
viziato”.

La Corte,
accoglie il primo motivo di ricorso con assorbimento dei
rimanenti motivi del ricorso principale e di quelli del
ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello
di Torino in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 febbraio 2016
Il Preside te

P.Q.M.

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