Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8390 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 08/04/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 08/04/2010), n.8390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Macello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 5754/2008 proposto da:

B.G. titolare della ditta “Gima Oro”, elettivamente

domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PASANISI Giovanni, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore Centrale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 35/2006 della Commissione Tributaria Regionale

di L’AQUILA del 10.10.06, depositata il 30/12/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 30/12/2006 n. 35/6/06 la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo dichiarava inammissibile il gravame interposto dal contribuente sig. B.G., titolare dell’impresa individuale Gima Oro esercente attività di commercio all’ingrosso di preziosi, nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila di rigetto dell’opposizione dal medesimo proposta in relazione ad avviso di accertamento in rettifica emesso a titolo di IRPEF e contributo al S.S.N. per l’anno d’imposta 1995, con sanzioni ed interessi.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il B. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Con unico motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, art. 53, ultima parte, artt. 20 e 22, art. 53, comma 2, prima parte, nonchè illegittima interpretazione estensiva della norma, in contrasto con i principi generali dell’ordinamento – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale (preleggi), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Deduce quindi dubbio di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2 ultima parte, in riferimento all’art. 24 Cost..

Il motivo e il dedotto dubbio di legittimità costituzionale dovranno essere dichiarati infondati.

Risponde invero a consolidato principio affermato da questa Corte che in tema di contenzioso tributario, ove entro trenta giorni dalla proposizione l’appellante non abbia depositato nella segreteria dell’adita Commissione tributaria l’originale del ricorso notificato o copia dello stesso, unitamente a copia della ricevuta (se la notifica è avvenuta a mezzo posta), ai sensi del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, e art. 22, commi 1 e 2, il ricorso è inammissibile, e tale prevista sanzione deve essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo (v., da ultimo, Cass., 18/1/2008, n. 1025; Cass., 15/5/2002, n. 7033).

Orbene di tale principio il giudice dell’appello ha nel caso fatto corretta e puntuale applicazione.

Nè la disciplina applicata prospetta come fondati i dubbi di legittimità costituzionale segnalati dal ricorrente, atteso che, nel debitamente regolare in modo diverso situazioni obiettivamente differenti, risultano posti a carico del ricorrente, laddove opti per la notificazione in forma privata anzichè affidata all’ufficiale giudiziario, dei meri oneri relativi ad adempimenti concernenti atti nella sua sfera di disponibilità, in alcun modo per il medesimo ostativi all’accesso alla tutela giurisdizionale garantita ex art. 24 Cost.”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che il ricorrente non ha presentato memoria nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, con le precisazioni di seguito indicate;

osservato che il giudice dell’appello ha ritenuto inammissibile l’interposto gravame (proposto l’11/1/2006, e pertanto rientrante nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 come modif. dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis), in quanto l’atto d’appello, notificato a mezzo posta, non è stato entro 30 gg.

depositato in copia presso la segreteria del giudice a quo;

atteso che, movendo dal rilievo che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo periodo (come modif. dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis) non reca alcuna indicazione al riguardo, la censura si sostanzia nella dedotta arbitrarietà dell’adottato riferimento al suindicato termine di 30 giorni;

considerato che, mediante il richiamo al precedente D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1, art. 53 (come modif. dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis) prevede che il ricorso in appello deve, a pena d’inammissibilità, essere depositato nella segreteria della C.T.R. entro 30 giorni dalla proposizione del ricorso in appello;

atteso che il richiamato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 (come modif.

dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis) altresì stabilisce che “Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante deve, a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della Commissione Tributaria che ha pronunziato la sentenza impugnata”;

ritenuto che, in quanto espressamente prescritto a pena d’inammissibilità dell’appello (rilevabile anche d’ufficio, attese le ragioni di ordine pubblico processuale cui essa risponde: cfr.

Cass., 30/9/2009, n. 20947; Cass., 26/11/2008, n. 28223; Cass., 27/3/2007, n. 7258; e già Cass., 12/1/1996, n. 190), il compimento della formalità del deposito di copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria del giudice a quo deve ritenersi anch’esso prevista, a pena della preclusione dell’impugnazione, entro un termine perentorio;

considerato che, attenendo al compimento di un’attività finalizzata al perfezionamento della proposizione del gravame di merito, siffatto termine perentorio non può essere invero altrimenti individuato se non in quello (di trenta giorni) dalla prima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2 (come modif. dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis) già indicato, mediante il richiamo al precedente art. 22, comma 1, per il deposito del ricorso presso la segreteria della Commissione ad quem;

ritenuto che, in difetto del deposito nel caso di copia dell’atto di appello entro 30 gg. presso la segreteria del giudice a quo, correttamente il giudice del gravame di merito ha ritenuto l’impugnazione pertanto inammissibile;

considerato che il ricorso deve essere conseguentemente rigettato;

atteso che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, di cui Euro 2.100,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

 

 

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