Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 839 del 16/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/01/2020, (ud. 20/02/2019, dep. 16/01/2020), n.839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28693-2017 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della

SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI)SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO, VINCENZO TRIOLO;

– ricorrente –

E contro

I.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3201/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Roma con sentenza n. 3201/2017 ha parzialmente confermato la sentenza del tribunale che aveva accolto la domanda proposta da I.M. condannando l’Inps al pagamento della somma dovuta a seguito del ricalcolo dell’indennità di disoccupazione agricola spettante per l’anno 2008 (Euro 461,51) ai sensi della L. n. 81 del 2006, art. 1.

L’Inps ha proposto ricorso per cassazione con un motivo di censura. I.M. è rimasta intimata.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata. L’Inps ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

CHE:

1.- il motivo di ricorso dell’Inps deduce la violazione del combinato disposto dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., con riferimento alla L. n. 81 del 2006, art. 1, commi 4 e 5, posto che la Corte d’appello aveva ritenuto che non fosse a carico dell’assicurato, bracciante agricolo, l’onere della prova concernente la categoria di appartenenza, quale operaio comune o operaio comune addetto alla raccolta, determinante per l’individuazione della retribuzione parametro del trattamento di disoccupazione agricola.

2.- L’Inps premette di aver corrisposto l’indennità di disoccupazione operando una media ponderata tra le due retribuzioni asseritamente percepite dalla lavoratrice in relazione alle due qualifiche asseritamente rivestite (quella di operaio comune e quella, inferiore, di operaio comune addetto alla raccolta), per come erogate dal datore di lavoro (pari ad Euro 44,29 di retribuzione media). L’Inps sostiene pure che non è stato mai corrisposto alla lavoratrice un salario inferiore ai minimali di legge o contrattuali, che per il 2009 per gli operai comuni era pari ad Euro 52,40; mentre per gli operai comuni addetti alla raccolta era pari ad Euro 38,01. Ad avviso dell’Istituto, inoltre, era onere della parte provare di aver ricoperto per l’intero anno di competenza solo la più elevata qualifica di operaio comune in quanto nella categoria 1, livello contrattuale 3, la contrattazione collettiva provinciale di riferimento annovera entrambe le figure di operaio comune: quella di operaio comune tont court e quella di operaio comune addetto alla raccolta.

3.- Il motivo di ricorso è inammissibile.

Secondo la Corte d’appello l’Inps non aveva liquidato, come avrebbe dovuto, l’indennità di disoccupazione in base alla superiore retribuzione prevista dal contratto provinciale per gli operai agricoli e florovivaisti della provincia di Latina per l’operaio comune, bensì in misura inferiore. Questa, a prescindere da altre affermazioni contenute dalla sentenza, è la reale ratio decidendi della sentenza impugnata.

4.- Ciò posto va rilevato anzitutto che, sul piano giuridico, la Corte d’appello non ha violato in alcun modo la L. n. 81 del 2006, art. 1, commi 4 e 5, dal momento che – come tra l’altro da atto l’Istituto essa ha assunto come parametro del giudizio quello corretto secondo cui al fine di quantificare esattamente l’indennità di disoccupazione agricola occorre stabilire la categoria e il livello contrattuale nei quali è inquadrabile l’operaio agricolo, atteso che ad ognuno di tali parametri corrisponde un salario minimo previsto dalla contrattazione collettiva provinciale.

5.- A prescindere quindi dall’affermazione sulla pretesa dell’Inps di voler introdurre una sorta di presunzione di appartenenza alla qualifica inferiore di addetta alle operazioni di raccolta, la Corte d’appello in realtà non ha affermato che il contratto provinciale prevedesse un’unica categoria divisa in due figure distinte e diversamente regolate dal punto di vista salariale. E non ha nemmeno affermato che la lavoratrice fosse stata retribuita con due diverse paghe corrispondenti a qualifiche differenti. Ha bensì affermato soltanto che in ottemperanza a quanto disposto dalla L. n. 81 del 2006, art. 1, commi 4 e 5, ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola dovesse essere preso in considerazione il più alto tra il salario collettivo provinciale, il salario individuale o, infine se più favorevole il minimale di legge. Ed ha aggiunto che nella fattispecie fosse pacifico tra le parti che la retribuzione percepita dalla lavoratrice, inquadrata nella categoria 1 livello contrattuale 3, corrispondente alla figura di operaia comune, fosse stata nettamente superiore al minimo previsto per gli addetti alle operazioni di raccolta.

L’Inps sostiene invece di aver operato una media tra le differenti retribuzioni asseritamente percepite dalla lavoratrice e che avrebbe perciò liquidato una indennità inferiore; mentre la sentenza muove da premesse diverse non correttamente censurate dal ricorso, nè in fatto nè in diritto.

7.- Il ricorso dell’Inps infatti non è neppure specifico ed autosufficiente in quanto non riproduce (e nemmeno indica e produce) la premessa relativa alla disciplina contrattuale concernente le previsioni del contratto collettivo provinciale di Latina applicato dalla Corte d’Appello; nè quelle relative alle risultanze documentali fornite dal datore di lavoro in relazione alle diverse paghe che sarebbero state corrisposte in rapporto alle qualifiche rivestite. E non inficia quindi la reale ratio decidendi della sentenza, la quale non viola comunque nè la L. n. 81 del 2006, art. 1; nè l’art. 2697 c.c., dal momento che secondo la Corte territoriale la lavoratrice aveva percepito l’indennità di disoccupazione non in base alla retribuzione (prevista in misura superiore) dal contratto provinciale per gli operai agricoli e florovivaisti della provincia di Latina per la qualifica di operaio comune da ella rivestita, bensì in base ad una misura inferiore.

8.- Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Nulla spese in mancanza della costituzione della parte intimata. Deve darsi atto invece che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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