Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8387 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28838-2019 R.G. proposto da:

SAFIN s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, Dott.

S.A., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’avv. Domenico STANGA ed elettivamente domiciliata

in Roma, alla piazza Adriana, n. 15, presso lo studio legale

dell’avv. Stefano ROMANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1632/28/2019 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, depositata il 21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 20/01/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La SAFIN s.p.a. impugnava l’avviso di liquidazione con il quale le veniva richiesto l’importo di Euro 408,75 per omessa registrazione del decreto ingiuntivo n. 2807 del 2013 emesso, ad istanza della ricorrente cessionaria del credito di THULE s.p.a., dal Giudice di Pace di Caserta nei confronti di H.R..

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli accoglieva parzialmente il ricorso riducendo l’importo oggetto dell’atto impositivo ad Euro 344,75; sull’impugnazione del contribuente la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello rilevando: a) che l’obbligo di motivazione dell’avviso era stato correttamente adempiuto atteso che la società era stata messa nelle condizioni di comprendere di dover corrispondere l’imposta di registro a norma dell’art. 37 del TUIR (D.P.R. n. 131 del 1986), che prevede la registrazione degli atti dell’autorità giudiziaria tra cui i decreti ingiuntivi; b) che l’Ufficio aveva correttamente applicato, ai sensi del D.Lgs. n. 131 del 1986, art. 40 l’imposta del registro in misura fissa e che ricorrevano tutte le condizioni oggettive e soggettive per l’applicazione dell’ulteriore imposta, sempre in misura fissa, per l’enunciazione nel ricorso per emissione del provvedimento monitorio dell’atto di cessione del credito posto a fondamento dell’emissione del decreto ingiuntivo.

3. Avverso tale statuizione la Safin s.p.a. ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi, cui non replica l’intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “per avere la CTR reputato legittimo il mutamento di norme e criteri di determinazione e quantificazione dell’imposta di registro, compiuto dall’Agenzia delle Entrate (da aliquota proporzionale, come indicato nell’avviso di liquidazione, ad aliquota fissa) solo a seguito della notificazione del ricorso introduttivo della presente controversia” (ricorso, pag. 6).

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 22 e 41 e art. 24 Cost., per avere la CTR disatteso l’appello incidentale della società contribuente sulla carenza assoluta di motivazione dell’avviso di liquidazione.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 2, e art. 10, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 6, 22 e 40, art. 8, comma 1, lett. b), nonchè dell’art. 9, comma 1, nota 2, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 e 1406 e segg. c.c., per avere la CTR ritenuto legittima l’applicazione, alla fattispecie, del principio dell’enunciazione pur in carenza del requisito oggettivo dell’enunciazione, mai compiuta nel caso di specie, nonchè di quello soggettivo, consistente nella cosiddetta “medesimezza” delle parti processuali del provvedimento giudiziario sottoposto a registrazione e quelle dell’atto in tesi enunciato.

4. I primi due motivi, che sono suscettibili di trattazione unitaria, sono infondati e vanno rigettati.

5. La CTR ha correttamente evidenziato che dalla lettura dell’atto impositivo si evinceva sia il presupposto di fatto (omesso pagamento dell’imposta di registro sul decreto ingiuntivo), che di diritto (indicazione del fondamento della pretesa – T.U. imposta di registro – D.P.R. n. 131 del 1986), disattendendo espressamente quanto sostenuto dalla società contribuente circa la modifica del presupposto impositivo in corso di causa ad opera dell’Agenzia.

6. La CTR ha, infatti, ritenuto che l’amministrazione sin dall’inizio aveva chiesto per il decreto ingiuntivo il pagamento dell’imposta non in misura proporzionale, bensì in misura fissa, come chiaramente evincibile dalle difese spiegate già in sede di mediazione e nelle controdeduzioni spiegate nel giudizio di primo grado, nonchè dalla circostanza che l’applicazione della tassa in misura proporzionale avrebbe determinato una pretesa diversa da quella richiesta.

6.1. D’altra parte, dall’avviso di liquidazione riprodotto dalla stessa ricorrente si evince chiaramente che la pretesa era relativa a imposta di registro su decreto ingiuntivo individuato chiaramente con data, numero e giudice emittente. Il che esclude anche la fondatezza della censura formulata con il secondo motivo di ricorso al contenuto motivazionale dell’atto impositivo.

7. Ciò posto deve ricordarsi che al processo tributario non è estraneo il rapporto d’imposta, che è conosciuto dal giudice come oggetto dell’atto impugnato.

8. Orbene, nella specie la CTR ha correttamente ritenuto che la società contribuente, la quale aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, era consapevole di dover corrispondere all’Agenzia delle Entrate l’imposta di registro a norma del D.P.R. n. 131 del 1986 e più precisamente in base all’art. 37 che prevede la registrazione di tutti gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi.

9. Il terzo motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.

10. Va precisato in punto di fatto che, come si evince dalla lettura della narrativa del decreto ingiuntivo riprodotto nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, il contratto di cessione del credito, concluso in data 27/2/2012 tra la Safin s.p.a. e la Thule s.p.a., non solo è stato espressamente indicato, in tutti i suoi elementi costitutivi, nell’atto oggetto di imposta del registro ma, come correttamente evidenziato dalla CTR, è presupposto che legittima il ricorrente alla richiesta del decreto monitorio.

11. La contribuente ha contestato l’imposizione fiscale con riferimento alla cessione del credito, enunciato nel ricorso per decreto ingiuntivo, sostenendo che l’atto traslativo della posizione creditoria era avvenuto mediante uno scambio di corrispondenza ed era quindi soggetto a registrazione solo in caso d’uso nelle forme previste dall’art. 6 D.Lgs. citato.

12. Tale profilo della doglianza non coglie nel segno.

13. E’ la stessa sentenza di questa Corte, citata nel ricorso (Cass. n. 5946 del 2007) ad aver stabilito che “In tema di imposta di registro, con riguardo all’enunciazione di atti non registrati, il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22 nel disporre al comma 1 che “se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69”, ha inteso includere fra gli atti assoggettati ad imposta anche quelli soggetti a registrazione in caso d’uso. Infatti, poichè la mera enunciazione degli atti soggetti a registrazione in caso d’uso, ai sensi del precedente art. 6, non configura, di per sè, un “uso”, deve ritenersi che tali atti siano assoggettati all’imposta a prescindere dall’uso” dei medesimi di cui all’art. 6, e quindi sulla base della sola enunciazione” (Cass. n. 5946 del 2007).

14. Quest’orientamento ha trovato conferma nella successiva evoluzione giurisprudenziale essendosi affermato che “il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, comma 1, stabilisce che se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate; ne consegue che va assoggettato ad imposta di registro il finanziamento soci, già inserito tra le poste passive del bilancio, enunciato in un atto di ripianamento delle perdite del capitale sociale e sua ricostituzione mediante rinuncia dei soci ai predetti finanziamenti in precedenza effettuati nei confronti della società, e ciò a prescindere dall’effettivo uso del finanziamento medesimo” (Cass. n. 11756 del 2008 e n. 15585 del 2010; v. anche Cass. n. 4096 del 2012, secondo cui, “In tema di imposta di registro, ove viene colpita la singola manifestazione di ricchezza e la connessa capacità contributiva, vale il principio dell’autonomia dei singoli negozi, come si desume in modo inequivoco dalla previsione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22 la quale stabilisce che, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate”.

15. Sulla base di tale orientamento, la sola enunciazione di un atto non registrato in un atto soggetto a registrazione è condizione sufficiente a legittimare la soggezione all’imposta di registro dell’atto enunciato e non registrato, nonostante si tratti di atto soggetto a registrazione in caso d’uso e l’enunciazione non possa ritenersi in sè una ipotesi di “uso dell’atto” (cfr. Cass. n. 22243 del 2015).

16. Venendo all’ulteriore profilo della censura che fa leva sulla mancata corrispondenza tra le parti processuali del provvedimento giudiziario sottoposto a registrazione e quelle dell’atto enunciato, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22 recita: “Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nell’art. 37, l’imposta si applica sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita”.

16.1. Orbene l’atto contenente l’enunciazione, di cui si fa menzione nel comma 1, comprende contratti, atti giuridici o provvedimenti giudiziari, e quindi anche decreti ingiuntivi; solo per gli atti giudiziari dell’art. 22, il comma 3 D.P.R. citato limita la possibilità di applicare l’imposta ai soli atti enunciati non ancora eseguiti.

17. L’operazione ermeneutica compiuta dalla CTR, che ha escluso l’applicabilità agli atti giudiziari del regime dell’atto enunciato contenuto nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, comma 1 sulla base della specifica disciplina di cui al comma 3 della medesima disposizione è quindi priva di fondamento.

18. E’ fuor di dubbio che le parti del giudizio monitorio (Safin s.p.a., creditore procedente, e D.M.S., debitore ingiunto) sono diverse da quelle del contratto di cessione del credito (Thule s.p.a., cedente, e Safin s.p.a., cessionario) così come autonome e distinte sono le situazioni giuridiche sottese all’atto enunciato e a quello enunciante.

19. Sul punto proprio con riferimento all’ipotesi di diversità tra i soggetti dell’atto enunciato costituito da cessione del credito e quelli del decreto ingiuntivo, questa Corte nella recente sentenza n. 16662 del 2020 ha affermato, sulla scorta dei principi già affermati da Cass. n. 1125 del 2000 che “il richiamo effettuato da un decreto ingiuntivo ad un ricorso giudiziale nel quale si fa riferimento ad una cessione di crediti effettuata tra soggetti diversi dal debitore ingiunto evidenzia un’enunciazione indiretta di atti, ma esclude l’identità tra le parti dei distinti atti non presentati alla registrazione, escludendo conseguentemente la tassazione dell’atto di cessione di crediti precedentemente non sottoposto a registrazione al momento della presentazione del decreto ingiuntivo, per carenza delle condizioni di identità soggettiva. Di qui anche nel caso in esame, relativo a cessione di credito, effettuata mediante corrispondenza commerciale tra cedente e cessionario, ed enunciato nell’atto soggetto a registrazione di rinuncia al credito del cessionario nei confronti del debitore ceduto, l’infondatezza della pretesa dell’Ufficio, per la mancanza di identità delle parti intervenute nell’atto enunciante e in quello enunciato”.

In estrema sintesi, da quanto detto consegue l’accoglimento del terzo motivo di ricorso ed il rigetto dei primi due; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati il primo e il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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