Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8383 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8383

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27231-2019 R.G. proposto da:

T.M.P. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

E.L., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’avv. prof. M.D. e S.G.,

ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Virgilio, n. 19,

presso lo studio dell’avv. Roberto GEROSA;

– ricorrente –

contro

COMUNE di CASSINO, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e

difeso dall’avv. Alessandro CARDOSI ed elettivamente domiciliato in

Roma, al viale Tiziano, n. 110, presso lo studio legale dell’avv.

Simone TABLO’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1435/19/2019 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, Sezione staccata di LATINA, depositata il

12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 20/01/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La T.M.P. s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento con cui il Comune di Cassino aveva richiesto il pagamento della TOSAP per l’anno d’imposta 2015 relativamente ad aree urbane adibite a sosta di veicoli sulle quali la predetta società gestiva il servizio di parcheggio a pagamento con delimitazione delle aree di sosta e la gestione di parcometri.

2. La commissione tributaria provinciale di Frosinone accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, che affermava che “nella specie sussiste il presupposto soggettivo per la passività del tributo come prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1 e poi dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 e, conseguentemente, altresì, l’obbligo di pagamento della Tariffa Rifiuti”.

3. Avverso tale statuizione la società contribuente ricorre per cassazione sulla base di un unico motivo, cui replica l’Ente intimato con controricorso.

4. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di ricorso la ricorrente deduce “error in procedendo et in iudicando ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5; violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62; violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49; violazione dell’art. 112 c.p.c.; violazione dell’art. 111 Cost.; violazione del principio del giusto processo e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato; carente e perplessa motivazione; travisamento; irragionevolezza”, censurando la statuizione impugnata per avere la CTR pronunciato su un tributo, la tassa sui rifiuti, diverso da quello oggetto di accertamento.

2. Va preliminarmente rigettata l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del motivo per commistione delle censure. Invero, il motivo, seppure articolato al suo interno nei vizi di violazione di legge e di motivazione e nella prospettazione di un error in procedendo, in realtà consente di discernere con facilità le linee argomentative di ciascuna censura. Infatti, per questa Corte è ammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo più censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 allorchè esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass., sez. 5, 11 aprile 2018, n. 8915), essendo sufficiente che la formulazione del motivo consenta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se essere fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. U., 6 maggio 2015, n. 9100).

3. Nel merito, osserva il Collegio che la sentenza impugnata è corretta solo nell’intestazione dell’epigrafe e nell’esposizione dello svolgimento del processo, mentre la motivazione si riferisce ad un tributo (tassa rifiuti – TARI) del tutto diverso da quello dedotto in giudizio, in quanto la controversia concerneva la tassa per l’occupazione del suolo pubblico (TOSAP).

4. Pertanto, è fondata la censura di nullità assoluta della sentenza, che si verifica “tutte le volte in cui la stessa manchi, come nella specie, di quel minimo di elementi o presupposti che sono necessari per produrre l’effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, cui essa tende, non essendo possibile una chiara riconducibilità alle parti del processo del rapporto di cui si controverte”, nella specie l’applicazione alla società contribuente della TOSAP e non della TARI, su cui, invece, si è pronunciata la Commissione d’appello.

5. E’ orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, è affetto da inesistenza giuridica o nullità radicale e “comporta, per l’incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un atto valido conclusivo del giudizio. L’incompiuto esercizio della giurisdizione assorbe anche i profili inerenti alla formazione del giudicato formale, non potendo darsi irretrattabilità di un atto giudiziario inesistenti” (Cass. 6162/2014, 30067/2011)”.

5.1. Tale principio è esportabile anche alle ipotesi in esame, ovvero di una statuizione emessa nei confronti delle parti del giudizio ma con motivazione e dispositivo relativi a diverso rapporto tributario.

5.2. Come condivisibilmente affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 15002 del 2015; v. anche Cass. n. 16497 del 2019), in

simili ipotesi il giudice, benchè investito della potestà di decidere, non può superare i limiti strutturali della sentenza impugnata, per

l’assoluto equivoco in essa contenuto quanto al rapporto tributario oggetto di giudizio. Peraltro il vizio è rilevabile d’ufficio e ciò permette di superare anche per tale verso l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso per la commistione dei vizi denunciati. Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice di merito al quale è demandato di provvedere alla rinnovazione della decisione conclusiva del grado e, dunque, l’adozione di un atto che superi la radicale ed insanabile nullità rilevata.

6. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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