Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 838 del 16/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 16/01/2017, (ud. 05/10/2016, dep.16/01/2017),  n. 838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10043/2015 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– ricorrente –

contro

C.G., F.R., CA.FR., elettivamente

domiciliati in Roma, Viale delle Milizie n. 38, presso lo studio

dell’Avvocato Paolo Maria Montaldo, che li rappresenta e difende per

procura in calce al controricorso;

– controlicorrenti –

e contro

A.E.P., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso il decreto n. 116/2015 della Corte d’appello di Perugia

depositato il 20 gennaio 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

ottobre 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Perugia in data 11 aprile 2011, A.E.P. e altre persone chiedevano la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, in relazione alla irragionevole durata del giudizio amministrativo iniziato dinnanzi al TAR Lazio nel giugno 1996, volto ad ottenere l’integrazione della indennità di missione, quantificata in poco più di 1.000,00 Euro;

che l’adita Corte d’appello, accertata una irragionevole durata del giudizio presupposto di undici anni, accoglieva il ricorso e condannava il Ministero al pagamento della somma di Euro 5.500,00 in favore di ciascuno dei ricorrenti;

che per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di un unico motivo; che hanno resistito con controricorso Ca.Fr., F.R. e C.G., mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con l’unico motivo di ricorso il Ministero ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1 e 2, 2-quinquies, lett. a) e art. 5-quater, dolendosi del fatto che la Corte d’appello non abbia valutato alcuni elementi essenziali della istanza indennitaria, quali la prognosi infausta di cui i ricorrenti erano consapevoli sino al limite della lite temeraria e il valore bagatellare della controversia;

che il ricorso è infondato;

che, invero, questa Corte ha affermato il principio per cui “in tema d’irragionevole durata del processo, l’elenco di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, non è tassativo, sicchè l’indennizzo può essere negato a chi abbia agito o resistito temerariamente nel giudizio presupposto, anche in assenza della condanna per responsabilità aggravata, a cui si riferisce la lett. a), potendo il giudice del procedimento di equa riparazione, già prima delle modifiche di cui alla L. n. 208 del 2015, autonomamente valutare la temerarietà della lite, come si desume, peraltro, dalla lett. f), che attribuisce carattere ostativo ad ogni altra ipotesi di abuso dei poteri processuali” (Cass. n. 9100 del 2016);

che, pertanto, il giudice del procedimento ex lege n. 89 del 2001, può valutare – e poteva farlo anche nella previgente disciplina applicabile ratione temporis – anche ipotesi di temerarietà che per qualunque ragione nel processo presupposto non abbiano condotto ad una pronuncia di condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;

che, nella specie, la Corte d’appello, pur dando atto del fatto che i ricorrenti sono rimasti soccombenti nel giudizio presupposto e che la lite aveva un oggetto di scarsa rilevanza, ha tuttavia ritenuto che tali elementi non consentissero di qualificare la domanda svolta nel giudizio presupposto come temeraria e ha liquidato un indennizzo rapportato alla misura minima di 500,00 Euro per anno di ritardo;

che in tal modo la Corte d’appello si è attenuta al principio per cui “in tema di equa riparazione per durata irragionevole del processo, la manifesta infondatezza della domanda nel giudizio presupposto, ove non qualificata dal requisito soggettivo della temerarietà o abusività della lite, non rientra tra le cause di esclusione dell’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies” (Cass. n. 18834 del 2015);

che la pretesa dell’amministrazione ricorrente di censurare il decreto impugnato per non avere qualificato la domanda come temeraria e per non avere considerato lo scarso valore della pretesa azionata nel giudizio presupposto si scontra con la natura di apprezzamento di fatto delle circostanze evidenziate, che la Corte d’appello ha esaminato e ha ritenuto non sintomatiche di una temerarietà della domanda e comunque non idonee ad escludere il diritto all’indennizzo;

che il ricorso va quindi rigettato, con conseguente condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore dei controricorrenti, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese nei rapporti tra il Ministero e gli altri intimati;

che le spese, come liquidate, vanno distratte in favore del difensore dei controricorrenti, dichiaratosi antistatario.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 800,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge; dispone la distrazione delle spese in favore del difensore dei controricorrenti, Avvocato Paolo Maria Montaldo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2017

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