Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8378 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31506-2019 proposto da:

CLEANPOWER SOGLIO SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA SACCHETTI

N. 9, presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE MARINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato MASSIMILIANO LEONETTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 357/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 14 marzo 2019 la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dalla Cleanpower Soglio s.r.l. avverso la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dalla società contribuente contro l’avviso di pagamento con il quale l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli recuperava, in relazione agli anni 2010 e 2011, le accise sull’energia elettrica, oltre interessi, con contestuale irrogazione delle sanzioni. Sosteneva l’Ufficio che la contribuente aveva fruito indebitamente dell’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 3, lett. b) (TUA), avendo la società acquistato energia elettrica da altri produttori rivendendola successivamente.

Premesso che era incontestato che l’energia elettrica derivava da soggetti produttori estranei a quelli che la consumavano e che l’energia elettrica era stata ceduta ad altri soggetti, riteneva la CTR che non sussisteva la pretesa violazione del principio di buona fede e reciproco affidamento, in quanto in precedenza l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva riconosciuto alla contribuente la qualità di produttrice di energia elettrica poi consumata nell’ambito dei propri consociati, rispondendo così ai requisiti previsti dall’art. 52, comma 3, lett. b), TUA, basandosi su dichiarazioni non veritiere rese dall’interessata che aveva sostenuto di produrre l’energia con i “propri impianti”. Rilevava, inoltre, che non ricorreva la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 11 in quanto la risposta fornita dall’Ufficio non rispondeva ai requisiti normativamente previsti per rilevarne la natura di interpello (strutture di riferimento, contenuti, tipicizzazione della risposta). Nel merito, osservava che il provvedimento n. 79/1999 (decreto Bersani), secondo cui la locazione e il noleggio degli impianti soddisfaceva il requisito dell’autoproduzione non aveva alcuna rilevanza in materia tributaria, riguardando la liberalizzazione del settore energetico, sicchè non incideva sulla disciplina dettata dal citato art. 52. La società contribuente, non disponendo di una propria struttura produttiva di energia elettrica, si limitava ad acquisirla da soggetti estranei alla struttura organizzativa della società e non poteva, pertanto, essere qualificata come autoproduttore.

Avverso la suddetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli resiste con controricorso.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione di legge ed errata interpretazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 52, comma 3, lett. b), TUA e art. 2, comma 2, per non avere la CTR ritenuto che la società contribuente è una impresa di autoproduzione ai sensi e per gli effetti delle diposizioni suindicate e quindi non tenuta al pagamento delle accise sull’energia elettrica.

La censura è infondata, in quanto si pone in contrasto con l’orientamento espresso da questa Corte.

Si è difatti osservato che “In tenia di accise, qualora la società consortile costituita per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili ceda, a titolo oneroso, parte di essa alle proprie consorziate, non può godere dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 52, comma 3, lett. b) per la quale occorre che l’autoproduttore coincida con colui che consuma l’energia prodotta, essendo all’uopo irrilevante il richiamo al D.Lgs. n. 79 del 2009, art. 2, comma 2, in quanto, regolando il mercato interno dell’energia elettrica ed i comportamenti dei principali operatori, è estraneo alla materia fiscale” (Cass. n. 18863 del 2020); ed ancora: “In tema di accise, le società consortili costituite per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, come tutte le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio, sono obbligate al pagamento del tributo, a norma del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 53, comma 1, lett. b), mentre ne sono esentate, ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b), dello stesso decreto (nel testo applicabile ratione temporis, sostituito dal D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 1, comma 1, lett. m) solamente a condizione che l’energia, oltre che autoprodotta con impianti aventi potenza disponibile superiore a 20 KW, sia anche autoconsumata in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, con la conseguenza che suddette società beneficiano dell’esenzione limitatamente all’energia prodotta e consumata in proprio e non anche per quella prodotta e ceduta ai singoli consorziati” (Cass. n. 26142 del 2019). In senso conforme, in relazione a ricorsi proposti dalla Cleanpower Soglio s.r.l., Cass. nn. 19279, 19455, 19659 e 20055 del 2020.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione di legge ed errata interpretazione della L. n. 212 del 2000, artt. 10 e 11. Con due distinti profili di censura, la ricorrente lamenta, in primo luogo, in riferimento all’art. 10, che nel caso di specie si era consolidato il legittimo affidamento della società contribuente avendo in più occasioni l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli confermato che la Cleanpower Soglio s.r.l. era un’impresa di autoproduzione e che l’energia elettrica, prodotta da fonti rinnovabili e consumata dai propri consorziati, era esente dall’imposta erariale di consumo e dall’accisa. Sotto altro profilo, in relazione all’art. 11, sostiene che, contrariamente all’assunto della CTR, la società contribuente aveva rispettato i criteri formali previsti per la procedura di interpello.

Le censure sono inammissibili.

Va al riguardo osservato che, per quanto concerne la dedotta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 la doglianza non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, fondata sulla circostanza di fatto – non confutata dalla ricorrente secondo cui doveva escludersi la violazione del principio di buona fede e affidamento, in quanto l’Amministrazione finanziaria aveva riconosciuto l’esenzione dall’accisa sulla base di dichiarazioni non veritiere rese dalla contribuente.

Quanto al profilo di censura concernente la prospettata violazione della L. n. 212 del 2000, art. 11 la doglianza si palesa inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto in ricorso nè allegato l’istanza formulata nè la risposta dell’Ufficio, non consentendo in tal modo di valutare se, nel caso di specie, sussistevano i requisiti normativamente previsti per la procedura di interpello.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 510,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

 

 

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