Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8377 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 25/03/2021), n.8377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31244-2019 proposto da:

COMUNE DI GAETA, in persona del Sindaco in carica, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CICERONE, 66, presso lo studio

dell’avvocato GIANCARLO CAPOZZI, rappresentato e difeso

dall’avvocato DANIELA PICCOLO;

– ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE RICREATIVA DIPENDENTI DELLA DIFESA, in persona del

Presidente legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PREMUDA 1/A, presso lo studio dell’avvocato

ANDREA PETRETTO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALFREDO ZAZA

D’AULISIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1561/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, SEZ. DISTACCATA di LATINA, depositata il

14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 14 marzo 2019 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, rigettava l’appello proposto dal Comune di Gaeta avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dall’Associazione Ricreativa Dipendenti Difesa contro l’avviso di accertamento relativo ad ICI per l’anno 2009. Riteneva la CTR che l’imposta non fosse dovuta in quanto l’associazione non aveva fini di lucro ed il bene demaniale sul quale essa svolgeva la sua attività era assegnato al Ministero della Difesa, titolare dell’area e soggetto passivo dell’imposta.

Avverso la suddetta sentenza il Comune di Gaeta ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.

Resiste con controricorso l’Associazione Ricreativa Dipendenti Difesa.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico mezzo rubricato “infondatezza della sentenza n. 1561/2019 per la carente – omessa motivazione su aspetti decisivi della questione così come previsto ex art. 360 c.p.c.” – il ricorrente lamenta che la CTR abbia argomentato in modo insufficiente omettendo adeguate argomentazioni in merito alla normativa ICI invocata dal Comune di Gaeta e ai precedenti giurisprudenziali.

Il ricorso è inammissibile sotto plurimi profili.

Va anzitutto rilevato che nel ricorso è fatto generico riferimento all’art. 360 c.p.c., senza alcuna ulteriore specificazione, lamentandosi carenze motivazionali della sentenza impugnata.

L’impugnazione, così formulata, non tiene conto che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018).

Il ricorso si palesa inoltre carente in relazione al requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo il ricorrente omesso di indicare le argomentazioni poste a fondamento del ricorso introduttivo, le ragioni della decisione di primo grado nonchè il tenore dell’atto di appello, non consentendo in tal modo alla Corte di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione.

Per completezza va soggiunto che ove volesse ravvisarsi nel ricorso la denuncia del vizio di motivazione apparente (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la censura sarebbe infondata, in quanto le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata – indipendentemente dalla sua correttezza – si palesano idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, fondato sul rilievo che l’associazione non aveva fini di lucro e che il bene demaniale sul quale essa svolgeva la sua attività era assegnato al Ministero della Difesa, titolare dell’area e soggetto passivo dell’imposta.

Nell’ipotesi in cui dovesse ritenersi che l’impugnazione sottenda il vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la stessa risulta inammissibile, vertendosi in ambito di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5 e non avendo il ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 2014; Cass. n. 26774 del 2016).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2021

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