Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8375 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 141-2016 proposto da:

I TRE AMICI SRL, in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 114,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI PARENTI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2774/37/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 18/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

La società I Tre Amici srl propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 2774/37/2015, depositata in data 18/05/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso, per IRES, IRAP ed IVA dovute in relazione all’anno d’imposta 2007, a seguito di rideterminazione dei ricavi in base all’applicazione degli studi di settore, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

A seguito di deposito di proposta – ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti, la ricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies convertito in L. n. 427 del 1993, in combinato disposto con l’art. 53 Cost., e art. 2697 c.c., avendo la C.T.R. ritenuto legittimo l’accertamento fiscale unicamente fondato sullo scostamento dei ricavi rispetto allo studio di settore, laddove, non essendovi alcuna inversione dell’onere probatorio, ricadeva sull’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare le incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dallo studio di settore.

2. La censura è infondata.

L’accertamento induttivo fondato sul mero divario, a prescindere dalla sua gravità, tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto risultante dagli studi di settore, è legittimo a decorrere dal 1 gennaio 2007, in base alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 23, che non ha portata retroattiva, trattandosi di norma innovativa e non interpretativa, in quanto, con l’aggiunta di un inciso, ha soppresso il riferimento alle “gravi incongruenze”, prima operato tramite il rinvio recettizio al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427 (in termini, Cass. 8821/2016; Cass. n. 26481/2014; Cass. n. 24364/2013). Conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere all’accertamento induttivo, per l’anno in contestazione, anche allorchè si verifichi un mero scostamento non significativo tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore, e non anche una grave incongruenza.

Tanto premesso, la C.T.R. afferma che la contribuente, la quale regolarmente invitata al contraddittorio endo-procedimentale aveva ritenuto di non aderire all’invito, ha offerto, a fronte dei divario rilevato tra ricavi dichiarati e risultanze dello studio di settore corrispondente, solo generiche e non documentate giustificazioni in ordine alla situazione di difficoltà economica dell’impresa, così operando un accertamento in fatto non censurabile in questa sede con il vizio denunciato.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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