Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8374 del 29/04/2020

Cassazione civile sez. III, 29/04/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 29/04/2020), n.8374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Francesco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26899/2016 proposto da:

F.D., P.P., C.M., D.E.,

M.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 84, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO GALLI’,

rappresentati e difesi dall’avvocato CHIARA GAMBULI;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 217/2016 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 13/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/10/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I dottori C.M., D.E., F.D., M.F. e P.P. convennero in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, davanti al Tribunale di Perugia, chiedendo che fosse dichiarato il loro diritto a percepire un’adeguata remunerazione in relazione all’avvenuta frequentazione di corsi di specializzazione in anni accademici compresi tra il 1988 e il 1991.

Si costituì in giudizio il convenuto, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto, e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda in accoglimento dell’eccezione di prescrizione.

2. La sentenza è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 13 maggio 2016, ha rigettato il gravame, ha confermato la pronuncia del Tribunale ed ha compensato le ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte di merito che, sulla base di una consolidata giurisprudenza di legittimità già da tempo recepita in sede di merito, la situazione di incertezza derivante dall’inadempienza dello Stato italiano nel recepimento delle direttive 362 e 363/75 e 82/76 CEE era terminata con l’approvazione della L. 19 ottobre 1999, n. 370, il cui art. 11, ha riconosciuto la spettanza di alcuni emolumenti ai medici specializzandi. Da quel momento era da ritenere pacifico che i soggetti esclusi – fra i quali i medici appellanti – si sarebbero dovuti attivare in via giudiziale, cominciando pertanto la prescrizione decennale a decorrere dalla data del 27 ottobre 1999.

Poichè, nella specie, il primo ed unico atto interruttivo della prescrizione era l’atto di citazione, notificato nel maggio 2010, il decennio era ormai trascorso e il diritto esercitato era perciò prescritto.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Perugia propongono ricorso i Dottori C.M., D.E., F.D., M.F. e P.P. con unico atto affidato ad un solo motivo ed affiancato da memoria.

Resiste il Presidente del Consiglio dei ministri con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione delle direttive 362 e 363/75 e 82/76 CEE, nonchè della direttiva 2005/36/CE e del relativo termine di recepimento, nonchè degli artt. 4 e 10 del Trattato istitutivo della Comunità Europea.

Osservano i ricorrenti – dopo aver richiamato i principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria e dalla sentenza 17 aprile 2009, n. 9147, delle Sezioni Unite di questa Corte – che i ricorrenti non avrebbero potuto esercitare il loro diritto in un momento precedente rispetto a quello nel quale le direttive Europee sono state recepite nell’ordinamento interno. In particolare, soltanto con la sentenza 4 febbraio 2005, n. 2203, delle Sezioni Unite della Corte di cassazione fu detto con chiarezza che i medici specializzandi avevano diritto ad agire per chiedere il risarcimento dei danni nei confronti dello Stato italiano; mentre solo dopo il recepimento della direttiva 2005/36/CE avrebbe avuto piena attuazione l’obbligo di adeguamento da parte dello Stato. La prescrizione, perciò, non poteva decorrere dal 27 ottobre 1999, ma solo a partire dal 2005 o dal 2007, anno di recepimento della citata ultima direttiva.

1.1. Il motivo non è fondato.

Osserva il Collegio che è ormai da tempo consolidata e pacifica la giurisprudenza di questa Corte nel senso che, a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11 (così la sentenza 17 maggio 2011, n. 10813, seguita da plurime pronunce conformi).

Non vi sono ragioni per discostarsi da tale principio di diritto, al quale la Corte d’appello si è correttamente riportata.

Nella specie, inoltre, non ci sono contestazioni sul fatto che il primo ed unico atto interruttivo fu la notifica della citazione nel 2010, per cui la prescrizione del diritto fatto valere dai ricorrenti è pacificamente decorsa.

Del tutto improprio è il richiamo alla sentenza n. 2203 del 2005 delle Sezioni Unite di questa Corte, che ha affrontato un problema di riparto della giurisdizione.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.000, più spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2020

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