Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8373 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9695-2015 proposto da:

N.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

132, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CIGLIANO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1564/9/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 14/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/02/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

N.C. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1564/09/2014, depositata in data 14/03/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiore IRPEF dovuta in relazione all’anno d’imposta 2003, a titolo di presunzione di distribuzione degli utili alla stessa, socia della società (OMISSIS) srl, poi fallita, a ristretta base azionaria” per effetto del maggior reddito d’impresa accertato a carico di quest’ultima, è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che, implicando l’accertamento di utili non contabilizzati l'”operare di una presunzione iuris tantum di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi siano stati accantonati o reinvestiti”, nella specie, tale prova non era stata fornita dalla contribuente, essendo stati addotti elementi non significativi (la separazione personale tra l’amministratore della società e la ricorrente, coniugi), considerati il permanere del controllo della società da parte della contribuente, soda maggioritaria, e la mancata revoca dell’amministratore, implicante il permanere di un rapporto di fiducia nella gestione dell’impresa.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti, il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2727 e 2729 c.c., avendo la C.T.R. violato il divieto di doppia presunzione, facendo discendere la presunzione di distribuzione degli utili tra i soci non da un fatto noto ma da un altro fatto ignoto.

2. La censura è infondata.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, nella presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili di una società a ristretta base sociale (Cass. n. 9519/2009), il fatto noto che sorregge la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili non è costituito dalla sussistenza di questi ultimi, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale, cosicchè la sussistenza di utili extracontabili costituisce il presupposto non della presunzione di distribuzione degli stessi tra i soci, ma dell’accertamento della concreta percezione di una determinata somma, da ciascun socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali. Tale presunzione – fondata sul disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. ci), determina inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (cfr., di recente e tra le tante, Cass. n. 18032 del 2013; id. Cass. 25271 del 2014). Si è, ancora, costantemente statuito che “rimane salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, per essere stati, invece, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti” (Cass. 18640/2008; Cass.5076/2011; Cass.18032 del 2013). La C.T.R. ha fatto corretta applicazione di tali principi di diritto.

3. Con la seconda censura, la ricorrente lamenta l’omessa motivazione su fatti controversi e decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5, denunciando che i giudici di appello non abbiano motivato su quanto da essa eccepito in appello in ordine alla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, stante la mancata allegazione allo stesso dell’accertamento emesso a carico della società, non conosciuto dalla stessa contribuente per omessa notifica.

4. La censura è inammissibile.

Invero, con la denuncia, riferita all’art. 360 c.p.c., n. 5 (da scrutinare in base al testo di tale disposizione risultante delle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012, poichè la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva all’11 settembre 2012), non viene censurato l’omesso esame di un fatto storico ma vengono dedotte questioni di diritto (omessa pronuncia su eccezioni sollevate in secondo grado dalla contribuente).

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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