Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8373 del 26/03/2019

Cassazione civile sez. I, 26/03/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 26/03/2019), n.8373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27764/2017 proposto da:

T.J., elettivamente domiciliato in Roma, Via Barnaba Tortolini

n. 30, presso lo studio dell’avvocato Ferrara Alessandro che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ricciardi Francesco,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, Questura Di Roma, in persona dei rispettivi

legali rappres. p.t.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 03/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto;

udito per il ricorrente l’Avvocato Ferrara Alessandro, che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto emesso dal Questore di Roma in data 30.10.2017 è stato disposto il trattenimento della signora T.J., cittadina cinese, presso il centro di permanenza di Roma per un periodo di 60 gg. in quanto dalle condotte tenute e dalle frequentazioni a lei riconducibili era desumibile la sua pericolosità sociale, considerato il precedente provvedimento d’espulsione emesso dal Prefetto di Udine il 23.11.14, sussistendo altresì il rischio di fuga.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 3.11.2017, ha convalidato il trattenimento, su richiesta della Questura, osservando: che era infondata l’eccezione relativa alla mancanza dell’interprete, data la garanzia rappresentata dal difensore; la presentazione della domanda di protezione internazionale non poteva precludere la convalida in quanto finalizzata a rallentare le operazioni di allontanamento dal territorio nazionale, considerato che la domanda era stata presentata dopo il decreto d’espulsione del Prefetto di Udine e che la ricorrente era presente sul territorio nazionale dal 2012.

La T. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 6, commi 2, 6 e 7 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, in relazione all’art. 13 Cost., in quanto il Tribunale aveva modificato il contenuto della motivazione del decreto di trattenimento, sostituendosi alla Questura di Salerno, ravvisando una diversa fattispecie rispetto a quella contestata.

Al riguardo, la ricorrente si duole del fatto che, mentre la Questura aveva motivato il decreto in riferimento alla sua dedotta pericolosità sociale, con l’invocato rischio di fuga, il Tribunale lo aveva invece convalidato adducendo la strumentalità della domanda di protezione internazionale, interpretando così il giudizio in esame in termini puramente formali, violando anche l’art. 13 Cost., che impone un’interpretazione restrittiva delle ipotesi di limitazione della libertà personale.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 6, commi 2, 5, 6, 7 e 8, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 4, in relazione all’art. 13 Cost., avendo il Tribunale convalidato il decreto di trattenimento per il termine di n. 60 gg., anzichè per la durata di 30 gg., in quanto il trattenimento della ricorrente nel centro di Roma era stato contestuale alla presentazione della domanda di protezione internazionale, essendo dunque applicabile il predetto art. 14, come richiamato dal citato art. 6.

Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 10 e 13 e del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 6, comma 5, in relazione agli artt. 13,24 e 111 Cost., avendo erroneamente il Tribunale ritenuto che: la natura cartolare del giudizio di convalida non richiedesse l’audizione dello straniero, poichè il diritto di difesa era garantito dalla presenza del difensore (salvo il caso dell’espressa istanza di audizione); non era necessaria la presenza di un interprete di lingua comprensibile alla ricorrente i cui dati anagrafici non erano stati verificati.

Con il quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 6, commi 2, 7 e 8, in relazione all’art. 5, par. 1, lett. f e art. 8, par. 3, comma 1, lett. e, della direttiva 2003/9/CE, alla luce dell’art. 6 e dell’art. 52, par. 1, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE (anche con riguardo agli artt. 13,24,111 e 117 Cost.).

In particolare, la ricorrente si duole che il Tribunale non aveva verificato la ricorrenza di elementi concreti da cui desumere la pericolosità sociale ed il merito della misura del trattenimento che non risultava conforme ai criteri dettati dalla normativa Europea, ispirati alla necessità della limitazione della libertà personale di coloro che avevano presentato la domanda di protezione internazionale, tenuto conto che il Tribunale aveva fondato la convalida su elementi di fatto diversi da quelli indicati nel decreto impugnato.

Non si è costituita la parte intimata (il ricorso è stato notificato all’Avvocatura dello Stato e alla Questura di Roma).

Il primo motivo è inammissibile, tendendo al riesame dei fatti.

In particolare, la ricorrente lamenta che il Tribunale abbia compiuto una verifica solo formale dei presupposti della convalida della misura del trattenimento, omettendo l’esame di tutti gli atti del procedimento che, però, non indica.

Inoltre, il motivo è anche generico, tenuto conto che non espone le ragioni per le quali le motivazioni addotte dalla Questura stessa sarebbero invalide e considerato, ad ogni modo, che la convalida risulta effettuata rriferimento a quanto tutto dedotto dalla Questura stessa.

La motivazione è comunque fondata anche su elementi di fatto diversi dalla questione del carattere strumentale della domanda di protezione internazionale, quale la precedente espulsione del 2014.

Il secondo motivo è infondato.

In particolare, la ricorrente afferma di esser stata trattenuta in pendenza di esame della domanda di protezione ai sensi del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 6, comma 2, lett. d).

Ora, va osservato che il comma 5 di detta norma detta i requisiti che deve possedere l’atto del Questore e contiene un rinvio alla disposizione di cui al T.U. n. 286 del 1998, art. 14, per ciò che attiene alla procedura “in quanto compatibile”, mentre disciplina direttamente i tempi (massimi) del trattenimento con le disposizioni di cui dello stesso art. 6, ai commi 6, 7 ed 8, i quali in riferimento al primo segmento temporale (qui in rilievo) nulla dispongono, fissando, invece, il principio che il trattenimento va disposto per il tempo strettamente necessario all’esame della domanda amministrativa, ed in ipotesi di proposizione di ricorso giurisdizionale ne consentono la proroga per periodi di giorni sessanta ciascuno, fino al limite massimo di dodici mesi stabilito dal comma 8.

Detto ciò, va rilevato che non trova riscontro agli atti che vi fu contestualità tra l’inizio del trattenimento in esame e la presentazione della domanda di protezione internazionale, come eccepito dalla ricorrente. Al riguardo, la ricorrente afferma di esser entrata nel CIE di (OMISSIS) il 30.10.2017, ma non specifica quando abbia presentato la domanda di protezione internazionale che il provvedimento impugnato espone essere stata proposta in pendenza di un decreto di espulsione emesso il 23.11.2014.

Il terzo motivo è infondato.

La Corte ritiene di dare continuità all’orientamento secondo cui, in tema di esecuzione dell’espulsione dello straniero di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, non sussiste alcuna norma che, nel procedimento di convalida dell’ordine del Questore di trattenimento temporaneo dello straniero presso un centro di permanenza, imponga al Giudicante – astretto dall’onere di convalida nelle quarantotto ore dalla trasmissione degli atti – di assicurare la presenza di un interprete nella lingua dello straniero (come previsto di contro dall’art. 143 c.p.p.), sol dovendosi assicurare – non dovendo lo straniero essere fatto oggetto a contestazioni di sorta ma solo dovendo essere sentito sulle circostanze relative alle ipotesi di cui dell’art. 14, comma 1 – che per le concrete circostanze del caso l’interessato sia in condizione di comprendere la sostanza dell’interpello (Cass., n. 9003/2000; n. 298/02; n. 16206/04).

In particolare, non giova alla ricorrente il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte a tenore della quale al procedimento giurisdizionale di decisione sulla proroga del trattenimento dello straniero nel centro di identificazione ed espulsione ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 21, comma 2 e art. 28, comma 2, si applicano le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione dell’interessato, previste dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, cui rinvia l’art. 21 cit. per il procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento, senza che sia necessaria una richiesta dell’interessato di essere sentito (Cass., ord. n. 12709/16).

Invero, va osservato che tale ultima ordinanza afferiva alla fattispecie in cui la persona interessata dal trattenimento non era comparsa all’udienza di convalida del provvedimento del Questore, a differenza di quanto verificatosi nel caso in esame.

Nè sono applicabili alla fattispecie altri precedenti di questa Corte (n. 15279 del 2015 e n. 28423 del 20189 che hanno riguardato casi non direttamente incidenti sulla questione della mancata presenza dell’interprete.

Detto ciò, occorre dunque rilevare che la questione sollevata dalla ricorrente riguarda sostanzialmente la mancata presenza in udienza di un interprete della lingua-madre della ricorrente.

Al riguardo, secondo l’orientamento giurisprudenziale condiviso, deve considerarsi, poi, la presenza del difensore (assicurata secondo le modalità indicate dall’art. 20, comma 2 e art. 21, comma 1, del regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394), e che comunque è assicurato il rispetto della norma generale di cui all’art. 13, comma 7 (per la quale all’interessato ogni atto del procedimento deve essere comunicato nella lingua conosciuta, ove possibile, e comunque in francese, inglese o spagnolo).

Ora, la ricorrente non ha allegato di non aver compreso la sostanza dell’interpello, nè di aver subito una lesione del diritto di difesa, pur alla presenza del suo difensore il quale, comunque, ha formulato varie contestazioni relative al merito del decreto emesso dal Questore.

Pertanto, deve ritenersi che la mancanza dell’interprete all’udienza di convalida del decreto del Questore, di per sè, non costituisca una violazione del diritto di difesa del cittadino straniero oggetto del trattenimento, qualora non sia stata dedotta una specifica doglianza connotata da rilevanza e che sia diretta conseguenza della mancanza dell’interprete. In altri termini, la mancanza dell’interprete in tanto può tradursi in un vizio della procedura inerente all’udienza di convalida del trattenimento in quanto sia dedotta l’esistenza di una specifica eccezione che sia stata preclusa dalla mancanza dell’interprete, e che perciò costituisca,in concreto, una lesione del diritto di difesa.

Nel caso concreto, come esposto, dal verbale dell’udienza innanzi al Tribunale si evince che l’assenza dell’interprete della lingua della ricorrente fu oggetto di una mera deduzione, senza alcuna allegazione della concreta rilevanza da parte del difensore della ricorrente il quale formulò varie eccezioni difensive.

Il quarto motivo è inammissibile perchè del tutto astratto. Il provvedimento impugnato non indica, infatti, seppure sinteticamente, i vari elementi fattuali considerati al fine della convalida del decreto di trattenimento, per cui non appare possibile riesaminare i criteri attraverso cui, di fatto, il Tribunale ha effettuato il bilanciamento tra le garanzie stabilite dalle fonti di diritto unionali in tema di trattenimento degli immigrati, in relazione ai principi costituzionali (art. 13 Cost.), e le esigenze che la normativa nazionale è tesa a soddisfare.

Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA