Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8369 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. III, 24/03/2021, (ud. 23/11/2020, dep. 24/03/2021), n.8369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25882-2017 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO, 12,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VERGERIO DI CESANA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, ROMA CAPITALE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8710/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

27/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

C.S. conveniva in giudizio il comune di Roma e il concessionario per riscossione Equitalia Sud s.p.a. per ottenere l’annullamento di due cartelle esattoriali, deducendo l’omessa notifica dei sottesi verbali e l’intervenuta prescrizione;

il Giudice di pace accoglieva la domanda e il Tribunale, pronunciando sul gravame del concessionario, la respingeva osservando che le due cartelle erano già state annullate in altro giudizio, con conseguente abuso del diritto di azione processuale;

avverso questa decisione ricorre per cassazione C.S. articolando cinque motivi.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 161 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di motivare, in specie sulla inammissibilità dell’appello per intervenuto giudicato;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato omettendo di rilevare l’aspecificità dei motivi di appello eccepita in seconde cure;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 39,100 c.p.c., art. 2909 c.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che, essendo intervenuto il giudicato di annullamento, la decisione di prime cure non avrebbe potuto essere incisa;

con quarto motivo si prospetta la violazione dell’art. 100 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che la domanda aveva trovato corretto accoglimento in prime cure, stante l’impugnabilità dell’estratto di ruolo;

con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., poichè sia l’ente titolare del credito che il concessionario, legittimato passivamente, avrebbero dovuto essere tenuti a rispondere delle spese di lite;

Rilevato che:

il primo motivo è infondato;

il Tribunale ha osservato che le cartelle impugnate erano già state annullate, sicchè l’originario opponente non aveva interesse alla domanda, indicata come proposta abusivamente;

la motivazione è dunque individuabile;

il secondo motivo è manifestamente inammissibile;

risulta infatti violato l’art. 366 c.p.c., non riportandosi le censure di appello contestate;

l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, per cui il ricorrente non è dispensato dall’onere di dettagliare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale precisazione dev’essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sicchè il ricorrente non può limitarsi a rinviare all’atto in parola o riportarne un segmento, ma deve riportarne il contenuto nella compiuta misura necessaria (cfr. Cass., 25/09/2019, n. 23834, Cass., 29/09/2017, n. 22880);

il terzo motivo è manifestamente inammissibile;

la censura non si misura con la “ratio decidendi” del Tribunale secondo cui il giudicato esterno, favorevole, precludeva lo scrutinio su cui l’opponente insisteva: in questo contesto, quindi, il riferimento alla litispendenza è meramente descrittivo;

il quarto motivo è logicamente assorbito dallo scrutinio della terza censura (e sarebbe stato comunque inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, rispetto ai documenti evocati);

il quinto motivo non costituisce una censura in senso proprio poichè, per quanto di utilità, e ferma l’estraneità alla ragione decisoria, finisce per evocare solo le prospettate conseguenze, in termini di spese processuali, della pretesa ragione del deducente;

non deve provvedersi sulle spese stante la mancata difesa degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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