Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8367 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. III, 24/03/2021, (ud. 23/11/2020, dep. 24/03/2021), n.8367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28296/2017 proposto da:

ITALGAS RETI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IN ARCIONE

71, presso lo studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GIUGLIANO IN CAMPANIA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SICILIA 50, presso lo studio dell’avvocato LUIGI NAPOLITANO,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIO CRAUS, GIUSEPPE RUSSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3815/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

Italgas Reti s.p.a., già Napoletanagas s.p.a., proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 3815 del 2017 della Corte di appello di Napoli, esponendo che:

aveva intimato precetto al Comune di Giugliano in Campania, in forza di una sentenza con cui la medesima Corte di appello aveva dichiarato dovuta, dall’ente locale, una determinata somma, in ragione di un contratto per la metanizzazione del territorio comunale, a decorrere dal 9 maggio 2000 con interessi a loro volta decorrenti dal trentesimo giorno dalla presentazione dei certificati SAL;

– nella parte motiva del titolo era specificato che, avendo il Comune provveduto nelle more a eseguire la sentenza di primo grado, avrebbero dovuto essere le stesse parti a determinare la somma spettante, operando le compensazioni eventuali;

– il Comune si era opposto al precetto, contestando, in particolare, la debenza di interessi, relativi a periodi non richiesti e non risultanti;

– il Tribunale aveva accolto l’opposizione con pronuncia confermata dalla Corte di appello, secondo cui, anche prescindendo dall’assunto del giudice di prime cure secondo cui non vi era statuizione condannatoria bensì di accertamento, era decisivo il rilievo per cui non poteva affermarsi la sussistenza di un diritto a procedere esecutivamente dopo l’intervenuto pagamento del capitale, posto che la decisiva data di decorrenza degli interessi, affermata non nel precetto ma a seguito dell’opposizione del Comune, non era evincibile dalla sentenza nè risultavano prodotti, nel processo presupposto, i SAL evocati nel titolo e neppure specificati nel loro compiuto contenuto, essendo rimasti oggetto di mera asserzione anche dopo la contestazione dell’opponente, restando quindi irrealizzato l’ulteriore rimando, fatto nel medesimo titolo, all’attività delle parti per la correlativa specifica di quegli accessori;

il ricorso si articola in tre motivi, illustrati da memoria;

resiste con controricorso, corredato da memoria, il Comune di Giugliano in Campania.

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta l’omesso esame – indicato in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – della censura di appello relativa alla sussistenza della statuizione condannatoria, essendo stata dichiarata imperativamente dovuta la specificata somma, in coerenza con la funzione che il titolo stesso era destinato a svolgere;

con il secondo motivo si prospetta una pari violazione, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che erano specificati i criteri per la determinazione degli interessi, che palesavano il persistente inadempimento del Comune, senza che tale statuizione fosse stata resa oggetto di gravame;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c. e art. 2697 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la data di decorrenza degli interessi non era mai stata contestata, e comunque il contrario avrebbe dovuto essere provato dalla parte attrice opponente;

Rilevato che:

il primo motivo è inammissibile;

premesso che la critica non riguarda la violazione motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, formalmente richiamata, bensì un’omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.), va detto che la Corte territoriale non ha mancato di provvedere sulla censura d’appello relativa alla sussistenza del capo condannatorio tale da integrare titolo esecutivo, perchè ha semplicemente quanto evidentemente fatto leva sulla ragione più liquida, dirimente e assorbente, individuata, come riportato in parte narrativa, nella ricostruzione inerente all’impossibilità di ritenere certo, liquido ed esigibile il credito per interessi;

la censura di omessa pronuncia su questione assorbita è, logicamente, inammissibile;

il secondo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;

questa Corte si è risolta ad affermare che l’integrazione del comando contenuto nel titolo esecutivo è possibile anche a mezzo delle risultanze del processo ovvero con elementi estrinseci (Cass., Sez. U., 2 luglio 2012, n. 11066): un tale orientamento si è fatto sistematicamente e funzionalmente carico di valorizzare, nella massima misura possibile, l’attività processuale svolta, e di depotenziare gli effetti negativi dei vizi di mera estrinsecazione del risultato di quella (Cass., 17/01/2013, n. 1027);

al contempo, è pur sempre necessario, da un lato, che l’integrazione abbia ad oggetto il risultato di un’attività di giudizio su questioni esaminate e risolte, di cui sia solo mancato un adeguato palesarsi al momento della formazione del documento complesso che costituisce il titolo, ma soprattutto, d’altro lato, che la possibilità del completamento ricostruttivo con altri atti del processo – o, in via ancora più residuale, con atti ad esso estrinseci, purchè idoneamente richiamati o presupposti nei primi – sia sufficientemente univoca e possibile senz’attività cognitive, suppletive o integrative, da espletarsi “ex novo” (Cass., n. 1027 del 2013, cit., p. 3.5);

deve quindi ribadirsi che l’interpretazione del titolo esecutivo giudiziale può essere svolta anche a mezzo di elementi extratestuali, purchè, però, ritualmente acquisiti e determinati nel processo (cfr., da ultimo, Cass., 05/06/2020, n. 10806);

ora, la Corte territoriale:

– ha escluso che i SAL risultassero prodotti nel processo presupposto;

– ha constatato che, diversamente da quanto affermato in ricorso apoditticamente, la mera asserzione del correlativo dato cronologico, essenziale all’individuazione della decorrenza dei discussi accessori, era stato oggetto di “ferma contestazione” (pag. 9, terzo rigo, della sentenza) non seguita da alcuna specificazione neppure nel giudizio di opposizione esecutiva;

– ha rilevato che era stata rimessa alle parti, al di fuori, cioè, della determinazione giudiziale, la compensazione da operare per determinare il credito residuo;

– e ha inoltre osservato che tale ultima attività non era stata neppure oggetto di allegazione da parte del creditore;

da quanto sopra deriva che le censure in esame: per un verso, non attingono alla complessiva ragione decisoria; per altro verso, non tengono conto della circostanza che non si è addossato alla parte opposta alcun onere della prova spettante all’attore opponente, rimarcandosi, diversamente, che il creditore non aveva allegato e spiegato quanto necessario secondo lo stesso titolo esecutivo a legittimare la pretesa;

resta comunque fermo che il titolo non può essere ritenuto esecutivo con verifica peraltro sempre possibile anche officiosamente (cfr., Cass., 11/12/2018, n. 31955, pag. 7) – quando rimanda ad attività cognitive esterne le determinazioni riservate, invece, alla cognizione giudiziale;

spese secondo soccombenza, con la domandata distrazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente, liquidate in Euro 13.000,00 oltre a 200,00 Euro per esborsi, 15% di spese forfettarie, e accessori legali, con distrazione in favore degli avvocati Giulio Craus e Giuseppe Russo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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