Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8366 del 31/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 18/01/2017, dep.31/03/2017), n. 8366
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4238-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
MAME SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 25/2/2015 della COMNIISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di CAMPOBASSO del 15/12/2014, depositata il 19/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO
MANZON;
disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del
Presidente e del Relatore.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
Con sentenza in data 15 dicembre 2015 la Commissione tributaria regionale del Molise accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 220/1/08 della Commissione tributaria provinciale di Campobasso che aveva accolto il ricorso proposto dalla MA.ME srl contro gli avvisi di accertamento IVA, IRPEG, IRAP 2000/2003. La CTR osservava in particolare che agli atti vi fossero elementi probatori adeguati a smentire le presunzioni poste a base degli atti impositivi impugnati.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.
La società intimata non si è difesa.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
Con l’unico mezzo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative, poichè la CTR ha ritenuto non sussistenti i presupposti della metodologia accertativa utilizzata (accertamento analitico-induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, commi 1 e 2) e comunque adeguate le e controprove fornite dalla società contribuente a fronte delle presunzioni semplici e legali evocate dall’Ente impositore.
La censura è infondata.
Vi è infatti da ribadire che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26610 del 2015); altresì che “Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato) di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7921 del 2011).
A ben vedere la censura mossa alla sentenza impugnata mira a provocare un tipo di sindacato in contrasto con detti principi, chiaramente impingendo nelle valutazioni di merito, puntualmente, operate dal giudice di appello.
Il ricorso va dunque rigettato; nulla per le spese stante la mancata difesa dell’intimata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017