Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8365 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. III, 24/03/2021, (ud. 23/11/2020, dep. 24/03/2021), n.8365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28071/2017 proposto da:

I.M., elettivamente domiciliato a ROMA, V. VAL D’OSSOLA

N. 100, rappresentato e difeso dall’avv. STEFANO PETTORINO, per

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ISCHIA, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato a LACCO AMENO, VIA CACCAVIELLO N. 16, rappresentato e

difeso dall’avv. FRANCESCO CELLAMMARE, per procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4143/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2020 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Ischia, sul presupposto che I.M. avesse omesso il versamento dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), al fine di recuperare gli importi dovuti dal contribuente emise due ingiunzioni fiscali (n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS)) ai sensi del R.D. 14 aprile 1910, n. 639.

Sulla base di tali ingiunzioni iniziò l’esecuzione forzata nei confronti del debitore, nella forma dell’espropriazione presso terzi (il ricorso non indica chi fosse il terzo pignorato).

2. Nel 2013 I.M. propose una opposizione esecutiva (qualificata dall’opponente come opposizione sia all’esecuzione, sia agli atti esecutivi) dinanzi al Tribunale di Benevento avverso il suddetto pignoramento.

A fondamento dell’opposizione dedusse:

-) di non avere mai ricevuto la notifica delle ingiunzioni fiscali;

-) che comunque non aveva mai ricevuto, come sarebbe stato necessario, un “atto di intimazione redatto dal responsabile del procedimento”;

-) che per il recupero del credito in esame non era consentito all’amministrazione comunale ricorrere alla procedura di cui al R.D. n. 639 del 1910, art. 5; e che di conseguenza il Comune non poteva vantare alcun titolo esecutivo;

-) che l’amministrazione comunale era decaduta dal diritto di esigere il proprio credito e che comunque quest’ultimo era prescritto.

3. Il Tribunale di Benevento, con sentenza 12.1.2015 n. 25, rigettò l’opposizione.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 16 ottobre 2017 n. 4143i rigettò il gravame proposto da I.M. avverso la sentenza di primo grado.

Secondo quanto riferito dalla sentenza d’appello, in quella sede le contestazioni dell’opponente si ridussero a due e cioè:

a) l’impossibilità del Comune di Ischia di riscuotere i crediti tributari ricorrendo all’ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910;

b) la conseguenza decadenza del Comune dal proprio diritto di credito, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 12.

In merito a tali questioni la Corte d’appello ritenne che:

a) all’amministrazione comunale è consentito riscuotere i crediti tributari attraverso l’ingiunzione fiscale di cui al R.D. n. 639 del 1910, in quanto tale facoltà le è concessa dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 6, disposizione successivamente confermata dal D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 3;

b) l’infondatezza del primo motivo d’appello comportava ex se l’assorbimento del secondo.

4. Tale sentenza è stata impugnata per cassazione da I.M. con ricorso fondato su due motivi.

Il Comune di Ischia ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, art. 3; di otto diverse norme del codice di procedura civile, nonchè “delle disposizioni contenute nel titolo II del D.P.R. n. 602 del 1973”, non altrimenti precisate.

Nella illustrazione del motivo si deduce in buona sostanza che erroneamente la Corte d’appello avrebbe rigettato l’opposizione all’esecuzione; e l’errore sarebbe consistito nel ritenere che l’amministrazione comunale potesse procedere ad esecuzione forzata sulla base di una ingiunzione fiscale.

Deduce in contrario il ricorrente che l’ingiunzione fiscale può avere solo valore accertativo, ma “non può essere azionata in forme diverse dalla riscossione a mezzo ruolo tramite concessionario della riscossione”. Tale conclusione è fondata dal ricorrente essenzialmente su tre argomenti di diritto:

a) la possibilità di riscuotere le entrate tributarie comunali per mezzo del ingiunzione fiscale è stata abrogata dal D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 130;

b) l’abrogazione di tale possibilità sarebbe stata confermata dal D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 4, comma 2 sexies;

c) tali conclusioni sarebbero state condivise dalla giurisprudenza di questa Corte in varie occasioni (il ricorrente invoca, a sostegno delle sue tesi, tre decisioni di legittimità, e cioè Cass. 1240/05, Cass. 23631/06 e Cass. 18491/16).

1.1. Il motivo è infondato. La legge applicabile ratione temporis infatti consentiva alle amministrazioni comunali di riscuotere le entrate tributarie ad essi dovute ricorrendo all’ingiunzione fiscale di cui al R.D. n. 639 del 2010, art. 2, la quale costituisce un valido titolo esecutivo ai sensi degli artt. 5 e segg. del suddetto R.D..

L’obbligo per le amministrazioni comunali di riscuotere le proprie entrate mediante ruolo, ed il declassamento dell’ingiunzione fiscale da titolo esecutivo a mero atto d’accertamento, ha avuto nel nostro ordinamento vita relativamente breve. Introdotto nel 1988, quell’obbligo venne abrogato già nel 1997. Nè sarà irrilevante anticipare che il legislatore, con vece assidua, ha più volte ribadito la suddetta abrogazione.

1.2. L’obbligo di riscossione mediante ruolo delle entrate comunali venne introdotto dal combinato disposto del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, artt. 67,68 e 130 (“Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici”). Le prime due norme previdero l’obbligo di riscossione mediante ruolo; la terza abrogò tutte le disposizioni previgenti che, per la riscossione dei tributi, rinviassero al R.D. n. 639 del 2010.

1.3. Tale obbligo fu eliminato, per le amministrazioni comunali, dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 6 (“Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali”), il quale stabilì che la riscossione coattiva dei tributi comunali potesse avvenire, alternativamente, o mediante ruolo, o con ingiunzione fiscale, “se svolta in proprio dall’ente locale”.

1.4. Che le amministrazioni comunali avessero la facoltà, ma non l’obbligo, di ricorrere alla riscossione mediante ruolo fu ribadito dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 17, comma 2 (“Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo”), a norma del quale l’ente comunale “poteva”, ma non già “doveva”, procedere alla riscossione mediante ruolo delle entrate dei comuni.

1.5. L’obbligo per i Comuni di riscuotere le entrate comunali mediante ruolo venne quindi anche formalmente espunto dall’ordinamento dal D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 68 (“Riordino del servizio nazionale della riscossione”), mediante l’abrogazione espressa dell’intero testo normativo che lo aveva introdotto (e cioè, come s’è detto, il D.P.R. n. 43 del 1988). Contestualmente, e significativamente, tale testo normativo nell’abrogare la norma che aveva vietato ai comuni il ricorso all’ingiunzione fiscale, ribadì che per gli enti locali “restano ferme le disposizioni contenute nel D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 52 e 53”: vale a dire, come s’è accennato, le norme che consentivano il ricorso all’ingiunzione fiscale.

1.6. Il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 6 (il quale, come s’è detto, facoltizzò i Comuni alla riscossione dei tributi mediante ingiunzione fiscale) fu in seguito abrogato e sostituito da due diverse norme: l’una ambigua, l’altra “correttiva” della prima e, per ciò solo, dimostrativa della totale infondatezza della tesi sostenuta dal ricorrente.

La L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 224 (legge finanziaria 2008, pubblicata sulla Gazz. uff. del 28.12.2007) abrogò infatti il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 6: e tale abrogazione suscitò il dubbio che con essa il legislatore avesse inteso abolire la possibilità per gli enti locali di ricorrere alla riscossione mediante ingiunzione fiscale.

Tali dubbi tuttavia furono prontamente fugati dal legislatore nello spazio di tre giorni: ed infatti con il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 2 (convertito nella L. 28 febbraio 2008, n. 31) si (ri)stabilì che “la riscossione coattiva dei tributi (…) degli enti locali continua a potere essere effettuata con (…) la procedura dell’ingiunzione di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, seguendo anche le disposizioni contenute nel titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in proprio dall’ente locale o è affidata ai soggetti di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 5, lett. b)”.

1.7. Per completezza, sebbene si tratti di norma non applicabile al presente giudizio, va ricordato che anche del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, successivo art. 7, comma 2, lett. gg-quater (recante “Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia”), ha stabilito che dal 1 gennaio 2012 i Comuni debbono avrebbero dovuto le entrate tributarie “sulla base dell’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, che costituisce titolo esecutivo, nonchè’ secondo le disposizioni del titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili (…) se gli stessi procedono in gestione diretta ovvero mediante società a capitale interamente pubblico”, e ricorrere -invece “esclusivamente secondo le disposizioni del testo unico di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, se utilizzano le altre forme di gestione della riscossione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5”. Il suddetto termine, tuttavia, venne prorogato otto volte, da ultimo dal D.L. 24 giugno 2016, n. 113, art. 18.

Infine, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, comma 792 (ovviamente anch’esso inapplicabile al presente giudizio) parrebbe aver posto fine alla storia secolare dell’ingiunzione fiscale, estendendo dal 1 gennaio 2020 anche agli atti c.d. di accertamento esecutivo adottati dalle amministrazioni comunali l’efficacia di titolo esecutivo, senza la necessità della previa notifica della cartella o dell’ingiunzione fiscale.

2. Detto delle ragioni evidenti per le quali il Comune di Ischia, nel 2008, ben poteva riscuotere i propri crediti tributari attraverso l’ingiunzione fiscale, poche parole basteranno per confutare i tre argomenti invocati, in senso contrario, dal ricorrente.

Quanto al primo argomento (l’abrogazione dell’ingiunzione fiscale disposta dal D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130), s’è già visto che quell’abrogazione ebbe vita breve, e la riscossione mediante ingiunzione fiscale venne reintrodotta per le amministrazioni comunali più di vent’anni fa, dal D.Lgs. n. 446 del 1997.

2.1. Quanto al secondo argomento (la possibilità per i comuni di procedere a riscossione mediante ingiunzione fiscale sarebbe esclusa dal D.L. 24 settembre 2002, n. 209, art. 4, comma 2 sexies, a norma del quale “i comuni (…) procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, secondo le disposizioni contenute nel titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili”), basterà evidenziare che:

a) tale norma non contiene alcun divieto di ricorrere all’ingiunzione fiscale, ma anzi la permette;

b) il richiamo al D.P.R. n. 602 del 1973, in esso contenuto è subordinato alla compatibilità”; e va da sè che non vi è alcuna compatibilità tra la necessità della previa notifica del ruolo, e la struttura dell’ingiunzione fiscale.

2.2. Quanto al terzo argomento invocato dal ricorrente (la pregressa giurisprudenza di questa Corte), v’è da osservare che nessuna delle tre decisioni invocate dal ricorrente è rilevante nel presente giudizio. Quanto a Sez. U., Sentenza n. 1240 del 21.1.2005, quella decisione ha risolto un problema di giurisdizione e non è entrata nel merito della questione oggi in esame.

Quanto a Sez. 1, Sentenza n. 23631 del 6.11.2006, quella decisione aveva ad oggetto una vicenda in cui una amministrazione comunale aveva preteso di esigere una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada mediante il ricorso al decreto ingiuntivo: una fattispecie dunque diversa dalla presente, sia per quanto riguarda l’oggetto della pretesa erariale (una sanzione, invece che un tributo); sia per quanto riguarda la procedura adottata (un decreto ingiuntivo invece che l’ingiunzione fiscale).

Quanto a Sez. 5, Sentenza n. 18491 del 21.9.2016, infine, in primo luogo dalla motivazione della suddetta sentenza non è dato comprendere in quale epoca si svolsero i fatti oggetto del contendere (e dunque non è dato comprendere quale disciplina si applicasse a quel caso ratione temporis); in secondo luogo, quel caso aveva ad oggetto una ipotesi in cui l’amministrazione comunale aveva affidato ad un concessionario la riscossione delle entrate tributarie, e solo con riferimento a tale ipotesi quella sentenza decretò la necessità di formazione del ruolo. Il caso qui in esame, per contro, ha ad oggetto una vicenda in cui l’amministrazione comunale ha proceduto direttamente alla riscossione, ipotesi nella quale, per quanto detto nei p.p. precedenti, sin dal 1997 è consentito ai Comuni ricorrere all’ingiunzione fiscale.

3. Il secondo motivo di ricorso – col quale il ricorrente invoca la decadenza del Comune dalla sua pretesa creditoria, a causa della decadenza per tardiva iscrizione a ruolo del credito – resta assorbito dal rigetto del primo.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna I.M. alla rifusione in favore di Comune di Ischia delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 6.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di I.M. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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