Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8364 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. III, 08/04/2010, (ud. 05/03/2010, dep. 08/04/2010), n.8364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato

BAUZULLI FILIPPO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CAPPA ROBERTO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI (OMISSIS) in persona del Sindaco On.le

I.R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

CATALANI 26, presso lo studio dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BARONE EDOARDO giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MI.RU. SCARL, FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3613/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 25/11/2004, depositata il

21/12/2004, R.G.N. 5220/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

05/03/2010 dal Consigliere Dott. FRASCA Raffaele;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 21 dicembre 2004, la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’appello di A.P. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Napoli aveva respinto la domanda, da lei proposta nel marzo del 1999, intesa ad ottenere dal Comune di Napoli il risarcimento dei danni sofferti a causa delle lesioni riportate in una caduta occorsale il (OMISSIS), allorche’, mentre l’attraversava alle ore (OMISSIS) circa, era inciampata in un tombino ricoperto di cartacce ed immondizie.

Cio’, nel contraddittorio anche della MI.RU. s.c.a.r.l., chiamata in garanzia dal Comune quale ditta appaltatrice dei lavori di manutenzione della strada, nonche’ della Fondiaria – SAI s.p.a., chiamata in garanzia dalla MI.RU., quale sua societa’ assicuratrice.

2. Avverso la sentenza della Corte partenopea la A. ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo.

Al ricorso, proposto anche nei confronti delle altre due parti del giudizio di merito, ha resistito con controricorso soltanto il Comune di Napoli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 nonche’ insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

L’illustrazione del motivo inizia con le seguenti due proposizioni:

Sla sentenza impugnata si rivela sicuramente errata nella parte in cui non riconosce applicabile alla vicenda l’art. 2051 c.c. e addossa la responsabilita’ dell’incidente alla ricorrente con motivazioni scarne, contraddittori ed irrilevanti. Va premesso che il fatto storico e’ stato riconosciuto dal primo Giudice; non sottoposto a gravame, anche in via incidentale, e’ stato comunque riconosciuto anche dal Giudice di secondo grado. Si puo’ pertanto ritenere che, in ordine ai fatti che determinarono l’infortunio della sig. A. si sia formato il giudicato”.

Dopo tali proposizioni si assume:

a) che i presupposti dell’art. 2051 c.c. ricorrerebbero, perche’ un tombino rialzato non potrebbe considerarsi insidia determinata dall’uso e sulla quale sarebbe problematico intervenire, onde, non essendo visibile per le immondizie, l’unica causa del sinistro sarebbe stata da addebitare all’incuria di manutenzione della strada, senza che l’estensione del bene potesse avere alcun rilievo ai fini dell’esclusione della responsabilita’;

b) che, “come emerso in corso di istruttoria”, la strada luogo del sinistro era adiacente ad un mercato rionale e, dunque, quotidianamente invasa da tutto il materiale di risulta e dalle immondizie, situazioni riguardo alle quali il Comune avrebbe dovuto predisporre un efficace intervento di pulizia pomeridiana, ad evitare l’insorgenza di pericoli;

c) che, comunque, in relazione all’appalto – a titolo oneroso – alla MI.RU., da parte del Comune, della manutenzione della strada, le “circostanze emerse in corso di istruttoria del giudizio di primo grado” avevano dimostrato che la strada “era manutenuta malissimo e priva di ogni intervento di pulizia”;

d) che “errati” sarebbero “i ragionamenti posti a base delle decisioni qui contestate in quanto frutto di ipotesi sfornite di prova e, comunque, di ragionamenti non condivisibili”, la’ dove si era ritenuto che la ricorrente, in quanto abitante, poiche’ “nessuna prevedibilita’ e’ ipotizzabile quando vi sono strade che presentano tombini notevolmente rialzati e cosparsi da una imbarazzante quantita’ di immondizie e di sporcizie che e’ difficile rappresentare a coloro che non conoscono bene la citta’ di Napoli” ed inoltre perche’ una cosa e’ la manutenzione ed altra e’ l’accettabile pulizia delle strade.

2. Il motivo e’ inammissibile per due gradate ragioni.

In primo luogo, perche’ nel prospettare sia il vizio di violazione di norme di diritto, sia il vizio di motivazione non fornisce alcuna precisa indicazione delle parti della motivazione della sentenza impugnata nelle quali si anniderebbero i vizi stessi ed anzi in un punto evoca genericamente addirittura “i ragionamenti” di entrambe le pronunce di merito, come se il ricorso per cassazione le investisse entrambe.

Viene, pertanto, in rilievo il consolidato principio di diritto, secondo cui “Quando nel ricorso per Cassazione e’ denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo e’ inammissibile, in quanto non consente alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione”. (Cass., n. 828 del 2007, fra le tante).

Al riguardo, l’illustrazione del motivo non fornisce alcuna precisa identificazione delle espressioni motivazionali della sentenza impugnata che vorrebbe sottoporre a critica.

In secondo luogo, il motivo, sia per l’uno che per l’altro vizio, e’ inammissibile, perche’ articolato senza rispettare il principio di autosufficienza, atteso che fa riferimento a risultanze istruttorie senza indicare esattamente la loro natura, senza individuare in quale sede del giudizio di merito esse si sarebbero formate e senza, all’occorrenza, riprodurre il loro tenore.

In proposito, viene in rilievo il principio di diritto, secondo cui “Il ricorso per Cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresi’, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita’ di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito. Pertanto il ricorrente che denuncia, sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto”. (Cass. n. 15592 del 2007, fra le tante).

3. Il ricorso e’, dunque, rigettato.

4. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza nel rapporto fra ricorrente e Comune resistente e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro millecinquecento/00, di cui duecento/00 per esborsi, oltre spese generai ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 5 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

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