Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8361 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. III, 24/03/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 24/03/2021), n.8361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29480/2019 proposto da:

I.O., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato Giuseppe Lufrano.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso il decreto n. 10211/2019 del TRIBUNALE DI ANCONA, depositato

il 26/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a quattro motivi, I.O., cittadino della (OMISSIS), ha impugnato il decreto del Tribunale di Ancona, reso pubblico in data 26 agosto 2019, che ne rigettava l’opposizione proposta avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale, a sua volta, respingeva la domanda volta ad ottenere il riconoscimento, in via gradata, della protezione internazionale e della protezione umanitaria.

2. – Il Tribunale di Ancona, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: a) le dichiarazioni del richiedente non erano attendibili, in quanto non circostanziate, nè comunque plausibili essendo “improbabile che lo straniero non conosca in modo approfondito le modalità di arruolamento e di addestramento”; b) in base alle fonti informative (tra cui rapporto ACCORD del maggio 2019, siti Africa Confidential e Africa Intelligence 2018, Dip. USA aprile 2018), nella zona del delta del Niger, sud della Nigeria, di provenienza del richiedente, non vi era una situazione di conflitto armato tale comportare violenza generalizzata e indiscriminata nei confronti dei civili; c) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; d) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non ravvisandosi, quanto al Paese di provenienza, una situazione di elevata vulnerabilità in caso di rimpatrio e, quanto all’integrazione in Italia, nulla essendo stato allegato in tal senso.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 13 del 2017, artt. 1 e 2 e dell’art. 276 c.p.c., in quanto il giudice dinanzi al quale si è tenuta la comparizione delle parti e la discussione era un giudice onorario e non il collegio che ha poi deciso il ricorso.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente, infatti, non fornisce alcuna indicazione specifica degli atti processuali compiuti dal giudice onorario, nè dà contezza delle verbalizzazioni di siffatte attività, anche tramite idonea localizzazione processuale (ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), veicolando una doglianza affatto generica rispetto alla concreta vicenda processuale.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, nonchè omessa motivazione in punto di valutazione della credibilità del richiedente, non avendo il Tribunale operato la propria valutazione secondo la procedimentalizzazione legale e mancato di esaminare il reperto fotografico che ritraeva il richiedente insieme ad altri combattenti.

2.1. – Il motivo – che, nella sostanza (Cass., S.U., n. 17931/2013), veicola una censura di motivazione apparente – è fondato.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., S.U., n. 8053/2014).

Si ha motivazione apparente allorquando il giudice di merito, pur indicando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, omettendone qualsiasi approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. (Cass. n. 2067/1998, Cass. n. 9097/2017).

Ciò posto, in tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, impone al giudice l’obbligo, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, di compiere le valutazioni ivi elencate e, in particolare, di stabilire se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, in forza di un prudente apprezzamento che, in quanto tale, non è sindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 6897/2020, cfr. anche Cass. n. 27503/2018 e Cass. n. 21142/2019).

Nella specie (cfr. sintesi al p. 2 del “Rilevato che” e p. 2), la valutazione della Corte territoriale – a monte della delibazione sulle domande di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), (che risulta, peraltro, del tutto sganciata dalla situazione personale del richiedente) – si è limitata ad esprimere opinioni non correlate ad una vicenda individualizzata, della quale non si dà conto affatto, adducendone la complessiva inattendibilità, senza però fornire giustificazione delle ragioni che hanno fondato il proprio convincimento in tal senso.

3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. i), per aver il Tribunale escluso l’esistenza nel Paese di provenienza di esso richiedente una situazione di violenza “indiscussa e incontrollata”.

3.1. – Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale, ai fini dell’esame della domanda dell’ I. di riconoscimento della protezione sussidiaria di cui alla lett. c) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ha esaminato in base a COI attendibili e aggiornate (cfr. sintesi nel “Rilevato che” e pp. 3/5 del decreto impugnato) la situazione della zona di provenienza del richiedente (delta del Niger, in Nigeria), escludendo che ivi sussistesse una situazione di violenza generalizzata e indiscriminata in danno della popolazione civile.

Le censure di parte ricorrente aggrediscono l’apprezzamento di fatto del giudice di merito, peraltro evocando COI precedenti (rapporto EASO 2018) e in via del tutto generica e dalle quali neppure si evincono elementi di contrasto con l’accertamento del tribunale, così da veicolare una censura volta ad una rivalutazione delle risultanze probatorie non consentita alla luce del vizio attualmente denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. – Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per aver il Tribunale ritenuto insussistenti le condizioni di vulnerabilità di esso richiedente in caso di rimpatrio forzoso.

4.1. – L’esame del motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo, che impone al giudice del rinvio di rivalutare anzitutto le domande del richiedente circa il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e, in subordine, di delibare nuovamente quella di protezione umanitaria alla luce del principio di comparazione enunciato da Cass., S.U., n. 29459/2019).

4. – Vanno, dunque, dichiarati inammissibile il primo e il terzo motivo, accolto il secondo motivo e dichiarato assorbito il quarto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio della causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo e il terzo motivo ed assorbito il quarto motivo;

cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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