Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8356 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. II, 24/03/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 24/03/2021), n.8356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24169/2019 proposto da:

A.D., rappresentato e difeso dall’Avvocato MICHELE PAROLA,

ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in CUNEO, V.le

ANGELI 24;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1105/2019 della CORTE d’APPELLO di TORINO,

depositata in data 27/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.D. proponeva opposizione avverso l’ordinanza del 26.4.2018, con la quale il Tribunale di Torino aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale, chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o, in ulteriore subordine, della protezione umanitaria.

Sentito dalla Commissione Territoriale, il richiedente aveva riferito di essere nato a (OMISSIS) e cresciuto nel villaggio di (OMISSIS), appena fuori (OMISSIS); di essere di religione cristiana cattolica; che il padre era un sacerdote tradizionale e venerava le divinità locali; che alla sua morte, in data (OMISSIS), gli anziani gli avevano chiesto di prendere il suo posto, ma egli si era rifiutato perchè cristiano; gli anziani avevano insistito e un giorno lo avevano portato al palazzo del re, che gli aveva dato due mesi di tempo per decidere; alla scadenza del termine, aveva trovato la sua officina distrutta e il ragazzo che vi lavorava picchiato; recatosi in chiesa, aveva raccontato quanto accaduto al prete che, assunte informazioni, gli aveva consigliato di partire perchè avrebbero potuto ucciderlo; temeva, in caso di rimpatrio, di essere ucciso.

Con sentenza n. 1105/2019, depositata in data 27.6.2019, la Corte d’Appello di Torino rigettava l’appello, ritenendo di condividere il giudizio di non credibilità del racconto, in quanto generico e privo di coerenza interna, già espresso dalla Commissione Territoriale e dal Tribunale. Nulla era riferito in merito all’attivazione della protezione interna per difendersi dai pretesi atti persecutori. A fronte delle specifiche contestazioni del Tribunale, l’appellante si limitava a rilevare apoditticamente che la vicenda fosse credibile senza fornire alcun elemento di evidenza credibile di un’effettiva e specifica persecuzione. Pertanto, la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato veniva rigettata, come, del resto, anche quella relativa alla protezione sussidiaria, in quanto il richiedente non risultava sottoposto a procedimento penale, per cui era da escludere che potesse essere esposto al rischio di condanna a morte o di esecuzione della pena di morte o al rischio di subire un danno grave alla persona consistente nell’essere sottoposto a tortura o trattamento inumano o degradante (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b). Inoltre, dalle informazioni assunte sui siti maggiormente consultati emergeva che nella regione di provenienza dell’appellante (Edo State) non sussistesse una violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato, per cui era da escludere anche l’ipotesi di cui alla lett. c) della suddetta norma. Anche la domanda di protezione umanitaria veniva rigettata in quanto il richiedente non aveva prospettato alcuna situazione di particolare vulnerabilità o di esposizione a rischio personale. Nè veniva concessa la protezione umanitaria per l’asserita situazione di disagio economico e di rischio per l’incolumità personale del Paese di provenienza. La protezione umanitaria non era essere giustificata da ragioni economiche e, inoltre, la situazione di instabilità sociale e di pericolo riguardava zone diverse e distanti da quella di provenienza dell’appellante.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione A.D. sulla base di un motivo. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto difesa alcuna.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine alla corretta interpretazione dell’ambito applicativo del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (pre riforma D.L. n. 113 del 2018)”, là dove la Corte di merito avrebbe dovuto considerare con maggiore attenzione la particolare e specifica situazione di vulnerabilità in cui si trova coinvolto il ricorrente.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

1.2. – Giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte (Cass. n. 24414 del 2019), in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 3340 del 2019).

Va dunque ribadito che costituisce principio pacifico quello secondo cui il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione.

Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati attraverso una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non tramite la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 6259 del 2020; cfr., ex multis, Cass. n. 22717 del 2019 e Cass. n. 393 del 2020, rese in controversie analoghe a quella odierna).

Va inoltre rilevato che la valutazione, in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti per la attribuibilità delle singole protezioni costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre Cass. n. 3340 del 2019, cit.).

1.3. – Nel caso concreto, peraltro, i fatti allegati nel giudizio di merito non attengono a situazioni di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto armato interno o internazionale, trattandosi di circostanze relative ad una vicenda meramente personale e familiare del richiedente, risolvibile mediante il ricorso alla giustizia ordinaria e non attraverso forme di violenta coercizione (neppure ipotizzata in capo al ricorrente). Tali corcostaze inducono a ritenere il richiedente non riconducibile nell’ambito della previsione di cui all’art. 1 della Convenzione di Ginevra e al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8; laddove, sotto tale profilo, il giudice di merito ha, peraltro, comunque accertato (mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate e specificamente citate nel provvedimento impugnato, del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8: pag. 4) la insussistenza del timore del ricorrente di essere sottoposto a vessazioni, senza possibilità di ottenere tutela.

1.4. – Ciò posto, questa Corte osserva come, viceversa, la parte ricorrente, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, pretenda, ora, una nuova complessiva (ri)valutazione del giudizio di credibilità del richiedente, proponendo censure che sconfinano con tutta evidenza sul terreno delle mere valutazioni di merito, come tali rimesse alla cognizione dei giudici della precedente fase di giudizio e che possono essere censurate innanzi al giudice di legittimità solo attraverso le ristrette maglie previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2. – Il ricorso è dunque inammissibile. Nulla per le spese del Ministero dell’Interno, che non ha svolto attività difensiva. Va emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Il D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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