Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8353 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/03/2017, (ud. 09/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8353

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9622/2015 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FALERIA 17 (TEL

E FAX 0984/408643), presso lo studio dell’avvocato MANFREDO PIAZZA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEPPINO RUSSO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., D.D.A.;

– intimati –

e contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, risultante della fusione per

incorporazione in FONDIARIA-SAI SPA di Unipol Assicurazioni spa e

MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore ad negotia,

Dott. G.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato FERNANDO CIAVARDINI, che

la rappresenta e difende giusta procura in atti;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 374/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 15/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/02/2017 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.C. citò in giudizio la Milano Assicurazioni s.p.a., M.M. e D.D.A. domandando il risarcimento dei danni (patrimoniale, morale e biologico iure proprio) subiti per effetto della morte del figlio, B.F., il quale era deceduto nell’incidente stradale del (OMISSIS), allorchè il motociclo da lui condotto si era scontrato con l’autovettura di proprietà di D.D.A., guidata da M.M..

Il Tribunale di Cosenza, accertata l’esclusiva responsabilità del M. nella causazione dell’incidente, condannò i convenuti a risarcire all’attore il danno morale da perdita del rapporto parentale ma rigettò i capi di domanda relativi al danno patrimoniale e al danno biologico iure proprio.

La Corte di appello di Catanzaro, nel respingere l’appello del B., con riguardo al rigetto del capo di domanda relativo al risarcimento del danno biologico iure proprio, ha osservato, per quanto ancora rileva: che l’appellante aveva dedotto di avere riportato, in seguito al decesso del figlio, una sindrome ansioso-depressiva, che avrebbe richiesto una terapia psichiatrica e farmacologica, chiedendo disporsi consulenza tecnica d’ufficio; che per dimostrare la sussistenza di questa malattia aveva esibito unicamente una consulenza tecnica di parte nella quale si riferiva di documentazione medica non presente in atti; che in difetto di tale documentazione la patologia e la terapia dedotte non potevano ritenersi provate non essendo sufficiente, al riguardo, la sola consulenza di parte; e che neppure avrebbe potuto utilmente esperirsi la richiesta consulenza tecnica d’ufficio, la quale, in difetto di documentazione medica, appariva un mezzo istruttorio puramente esplorativo.

Propone ricorso per cassazione, sorretto da un unico motivo, B.C.. L’intimata Milano Assicurazioni s.p.a. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il ricorrente censura l’omesso esame da parte della Corte di Appello della documentazione medica da lui prodotta, comprensiva di ricette, certificazioni e relazioni attestanti la sua sottoposizione a terapia psichiatrica e farmacologica per la patologia ansioso-depressiva contratta in conseguenza del decesso del figlio. Deduce che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che tale documentazione non fosse presente in atti, atteso che, al contrario, essa era stata ritualmente depositata sin dal primo grado del giudizio ed era stata allegata al fascicolo di parte anche in sede di appello.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che il controllo previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo, vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia. L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.

La parte ricorrente che invoca il predetto sindacato deve, quindi, indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369c.p.c., comma 2, n. 4 – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso (Cass. Sez. U. 7/04/2014, nn. 8053 e 8054).

Nel caso di specie, dopo avere dedotto che la Corte territoriale aveva indebitamente omesso l’esame della documentazione medica sull’erroneo presupposto che la stessa non fosse presente in atti, il ricorrente, per proporre una censura ammissibile, avrebbe dovuto indicare con precisione: a) il momento in cui ne aveva curato il tempestivo deposito (che, trattandosi di controversia sottoposta al rito del lavoro, sarebbe dovuto avvenire contestualmente al deposito del ricorso introduttivo); b) il momento (il “quando”) in cui i fatti storici attestati dalla documentazione indebitamente trascurata erano stati oggetto di discussione tra le parti nel processo; c) le modalità (il “come”) con cui la discussione sui predetti fatti si era svolta nel quadro processuale; d) la decisività del fatto attestato dalla documentazione medesima, indicando le ragioni per le quali l’esame di essa, ove fosse stato debitamente condotto dal giudice del merito, avrebbe dato luogo ad una decisione diversa.

Sotto tale ultimo profilo, è opportuno rammentare che già nel vigore del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, questa Corte aveva chiarito che l’omesso esame di un documento rileva solo quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 5/12/2014, n. 25756; Cass. 28/09/2016, n. 19150).

Le predette indicazioni risultano totalmente carenti nel ricorso in esame, in quanto esso si limita a riferire che la documentazione medica non rinvenuta dalla Corte territoriale era stata “ritualmente prodotta sin dal primo grado ed allegata al fascicolo di parte ricorrente” senza chiarire se fosse stata o meno depositata unitamente al ricorso introduttivo nella medesima data del deposito di questo. Del tutto irrilevante è al riguardo la precisazione secondo la quale il 22 aprile 2014 – dunque dopo il deposito della sentenza di appello, avvenuto il 26 marzo precedente – “l’assistente giudiziario della Corte di Appello di Catanzaro ha spillato n. 40 pagine di fotocopia di atti processuali apponendo la propria firma e il timbro tondo della Corte di Appello di Catanzaro sul fascicolo”, in quanto la circostanza che fossero state fatte copie autentiche di originali già allegati al fascicolo della parte appellante, non chiarisce quando era avvenuto l’originario deposito degli originali medesimi e se essi fossero stati prodotti unitamente al ricorso introduttivo del primo grado di giudizio.

Nel ricorso, inoltre, si deduce genericamente che la documentazione medica “era stata oggetto di ampia discussione tra le parti in entrambi i gradi” senza chiarire il tempo e le modalità con cui, nel quadro processuale, tale discussione si era svolta.

Il ricorrente, infine, si limita ad allegare che la documentazione omessa aveva carattere decisivo “perchè documentante l’esistenza e la consistenza del danno biologico” da lui subito in conseguenza del decesso del figlio, omettendo di specificare le ragioni per le quali il contenuto della stessa sarebbe stato tale da indurre il giudice del merito ad un convincimento diverso invalidando l’efficacia delle altre risultanze istruttorie poste a fondamento della sua decisione.

Consegue da tali carenze l’inammissibilità della censura mossa alla sentenza impugnata e, con essa, l’inammissibilità del ricorso.

2. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità non avendo l’intimata svolto difese in questa sede.

3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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