Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8348 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 08/04/2010), n.8348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MONACI Stefano – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.N., elettivamente domiciliata in ROMA., VIA LUIGI

LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato MANCA BITTI DANIELE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI BATTISTA LUCIANO,

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2006 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 13/01/2006 R.G.N. 512/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

24/02/2010 dal Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16.11.2005 – 13.1.2006 la Corte d’Appello di Cagliari, pronunciando in sede di rinvio dalla Cassazione nella controversia proposta da F.N. nei confronti dell’Inps con ricorso depositato avanti al Pretore di Sassari in data 3.8.1999 e diretto ad ottenere la corresponsione dell’indennita’ di maternita’, rigetto’ l’impugnazione svolta dall’Inps avverso la sentenza di prime cure, che aveva accolto la domanda, ritenendo l’infondatezza dell’eccezione di decadenza prospettata dall’Istituto; a fondamento del decisum la Corte territoriale ritenne che, avendo l’Ente previdenziale, in un primo tempo, sospeso la definizione della domanda per il tempo necessario alla conclusione del procedimento relativo alla legittimita’ dell’iscrizione dell’interessata negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, tale provvedimento sospensivo non poteva essere assimilato ad un diniego della domanda amministrativa ed era al contempo preclusivo della formazione del silenzio rigetto (presupponendo quest’ultimo la mancanza di un qualsivoglia provvedimento di risposta), con la conseguenza che solo dalla cessazione della causa di sospensione (ossia dalla comunicazione della decisione della competente commissione provinciale per la manodopera agricola) potevano iniziare a decorrere i termini per la formazione del silenzio rigetto e con l’ulteriore conseguenza, attesa la data della predetta comunicazione (6.7.1999) e quella di proposizione del ricorso giudiziario, che l’eccepita decadenza non poteva ritenersi maturata.

Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale l’Inps ha proposto ricorso per Cassazione fondato su un unico articolato motivo.

L’intimata F.N. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo l’Inps denuncia violazione di legge (D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, comma 1 convertito in L. n. 438 del 1992, con riferimento all’art. 2968 c.c.), osservando che:

– attesa la data di presentazione della domanda amministrativa (22.7.1996), gia’ a quella di emanazione del provvedimento interlocutorio di sospensione della decisione (10.6.1997) – e, a fortiori, al momento dei successivi atti del procedimento – era interamente trascorso il complessivo periodo di trecento giorni entro il quale si sarebbe dovuto esaurire con una decisione esplicita, oppure con la formazione del silenzio rigetto, il procedimento amministrativo, cosicche’ il ridetto provvedimento interlocutorio non poteva in alcun modo influire sulla determinazione del termine di decorrenza della decadenza; erroneamente, quindi, la Corte territoriale aveva ritenuto che il provvedimento di sospensione avesse rimesso in termini l’istante;

– in ogni caso, in difetto di specifiche disposizioni in tale senso, l’Inps non dispone di un generale potere di sospensione del procedimento amministrativo.

2. La questione all’esame inerisce alla disciplina della decadenza dell’azione giudiziaria in relazione al combinato disposto del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, commi 2 e 3 come sostituiti dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 convenuto, con modificazioni, nella L. n. 438 del 1992 (secondo cui “Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l’azione giudiziaria puo’ essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24 l’azione giudiziaria puo’ essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma”). Questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare che la “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” individua la soglia oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo, pur restando rilevante ai fini della procedibilita’ dell’azione giudiziaria, non puo’ essere recuperata a fini di determinazione del dies a quo del termine di decadenza per il successivo inizio di quest’ultima e dello spostamento in avanti di esso, ottenibile ormai nel solo limite dello sbarramento costituito dalla scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo (cfr, ex plurimis, Cass., n. 16372/2003).

Alle parti non e’ d’altronde consentito di modificare la disciplina legale della decadenza, ostandovi il divieto di cui all’art. 2968 c.c., ne’ al riguardo possono trovare applicazione le norme dettate in tema di interruzione della prescrizione ovvero, in difetto di esplicita previsione, quelle in tema di sospensione della stessa (art. 2964 c.c.). Nessun rilievo, ai fini de quibus, puo’ dunque essere attribuito al ricordato provvedimento interlocutorio con il quale l’Inps dispose la sospensione della decisione sull’istanza dell’interessata. Al contempo deve osservarsi che, come esattamente evidenziato dall’Inps sulla scorta degli accertamenti fattuali gia’ svolti nella sentenza impugnata, al momento dell’emanazione del ridetto provvedimento interlocutorio (10.6.1997) era gia’ decorso, senza che fosse stata assunta alcuna decisione al riguardo, il termine di trecento giorni dalla presentazione della domanda amministrativa del 22.7.1996, configurante appunto la scadenza del termine massimo prescritto per l’esaurimento del procedimento amministrativo (120 giorni per la formazione del silenzio rigetto; 90 giorni per la proposizione del ricorso amministrativo e ulteriori 90 giorni per la decisione su quest’ultimo).

La questione, sollevata dalla controricorrente, relativa alle conseguenze, in ordine al decorso della decadenza, della mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato ovvero di omissione delle indicazioni prescritte dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 5 (relative ai gravami che possono essere proposti, agli organi a cui debbono essere presentati ed ai relativi termini, nonche’ ai presupposti ed ai termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria) e’ stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte, in sede di risoluzione di contrasto giurisprudenziale, con la fissazione del principio (da cui il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi) secondo cui in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (nel testo modificato dal D.L. n. 384 del 1992, art 4 convertito, con modificazioni, nella L. n. 438 del 1992) dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze riguardanti dette prestazioni (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua infine – nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla L. n. 533 del 1973, art. 7 e di centottanta giorni, previsto dalla L. n. 88 del 1989, artt. 5 e 6) oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilita’ dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del dies a quo per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno); con la conseguenza che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto art. 47, il termine decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al medesimo art. 47, comma 5.

Il motivo risulta dunque fondato nei termini anzidetti, restando con cio’ assorbita la disamina di ogni ulteriore profilo di doglianza.

3. In definitiva il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la controversia puo’ essere decisa nel merito.

Il termine di decadenza nella specie e’ annuale (rientrando la prestazione de qua fra quelle della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24) ed era evidentemente decorso al momento della proposizione del ricorso giudiziario (3.8.1999).

Deve quindi rigettarsi la domanda svolta dalla F. con il ricorso introduttivo del giudizio.

Non applicandosi il nuovo testo dell’ari. 152 disp. att. c.p.c. di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convenuto in L. n. 326 del 2003, ai procedimenti incardinati prima dell’entrata in vigore del relativo provvedimento legislativo (cfr, ex plurimis, Cass., n. 4165/2004) e dovendosi escludere la manifesta infondatezza e temerarieta’ della pretesa, non e’ luogo a provvedere sulle spese di lite relative all’intero processo.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda svolta da F.N. nei confronti dell’Inps; nulla sulle spese di lite relative all’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 24 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

 

 

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