Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8347 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. II, 24/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 24/03/2021), n.8347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24752/2019 proposto da:

C.S., rappresentato e difeso dall’Avvocato LEONARDO BARDI,

presso il cui studio a Milano, via Raffaello Bertieri 1,

elettivamente domicilia, per procura speciale in calce al ricorso

del 4/7/2019;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi

12, domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA n. 2606/2019 della CORTE D’APPELLO DI MILANO,

depositata il 13/6/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/9/2020 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello di Milano, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l’appello con il quale C.S., nato in (OMISSIS), aveva impugnato l’ordinanza del tribunale che aveva a sua volta rigettato la domanda di protezione internazionale da lui presentata.

C.S., con ricorso notificato in data 11/8/2019, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.

Il ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione o la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 10 Cost..

1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

1.3. Il ricorrente, in particolare, ha censurato la sentenza impugnata innanzitutto nella parte in cui la corte d’appello, pur definendo delicata la situazione socio-politica in cui verso il Paese di provenienza e le persistenti criticità segnalate da accreditate fonti internazionali in ordine al difficile processo di attuazione di alcuni fondamentali diritti civili, ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria avanzata dal richiedente.

1.4. Così facendo, infatti, ha osservato il ricorrente, il tribunale ha completamente omesso di pronunciarsi su tali fatti, evidentemente decisivi per il giudizio ed ampiamente rappresentati nel processo, non avendo considerato che essi sarebbero fatali per una persona vulnerabile come il ricorrente il quale, a dispetto di quanto ritenuto dal tribunale, è analfabeta ed è privo di qualsivoglia relazione socio-familiare con il suo Paese e rischia, in caso di rimpatrio, di essere sottoposto ad un’ingiusta detenzione e di subire persecuzioni gravi e gravi danni alla sua incolumità personale.

1.5. La Guinea, peraltro, come evidenziato dall’Unicef, è un paese a forte rischio Ebola ed è, quindi, evidente che il ricorrente, ove tornasse in Patria, rischierebbe il contagio.

1.6. Il ricorrente, quindi, dichiarandosi consapevole di non avere il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato o alla protezione sussidiaria, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda di protezione umanitaria ritenendo che nel caso di specie non ne sussistessero i presupposti.

1.7. Il tribunale, infatti, così facendo, ha osservato il ricorrente, non ha considerato che il richiedente, per un verso, ha intrapreso un importante processo di integrazione in Italia, e, per altro verso, rischia, in caso di rientro in Guinea, di contrarre l’Ebola.

2.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.

2.2. La protezione umanitaria (che, alla luce di quanto dichiarato in ricorso, p. 4, è l’unica forma di tutela che il ricorrente ha richiesto) è una misura atipica e residuale nel senso che essa copre situazioni, da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), tuttavia non possa disporsi l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. 5358 del 2019; Cass. n. 23604 del 2017).

I seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, cui il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, subordina il riconoscimento allo straniero del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, pur non essendo definiti dal legislatore, prima dell’intervento attuato con il D.L. n. 113 del 2018, erano accumunati dal fine di tutelare situazioni di vulnerabilità personale dello straniero derivanti dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili (Cass. n. 4455 del 2018).

2.3. Nel caso di specie – escluso ogni rilievo al possibile contagio da Ebola, posto che l’accertamento in fatto circa l’intervenuta cessazione della relativa emergenza nel giugno del 2016 compiuto dal tribunale (cfr. p. 4 della sentenza) non risulta, con la riproduzione dei motivi d’appello all’epoca articolati, essere stato specificamente contestato, alla luce di quanto emerge dalla sentenza, p. 5, in sede d’impugnazione della pronuncia di primo grado – la corte d’appello ha rigettato la domanda di protezione umanitaria proposta dal ricorrente rilevando, in sostanza, che il richiedente non presenta una situazione di vulnerabilità personale che potesse giustificare la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Si tratta, com’è evidente, di un accertamento in fatto che, in quanto tale, può essere denunciato, in sede di legittimità, solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e cioè per omesso esame di una o più p circostanze la cui considerazione avrebbe consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una ricostruzione dell’accaduto idonea ad integrare gli estremi della fattispecie rivendicata.

Nel caso di specie, però, ciò non è accaduto: il ricorrente, infatti, pur avendone l’onere a norma (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), non ha specificamente indicato i fatti, principali ovvero secondari, il cui esame, ancorchè dedotti in giudizio, sia stato omesso dal giudice di merito nè, infine, la loro decisività ai fini di una differente pronuncia a lui favorevole.

D’altra parte, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (applicabile ratione temporis: cfr. Cass. SU n. 29459 del 2019), al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. n. 4455 del 2018).

Tale comparazione presuppone, pertanto, un livello d’integrazione sociale nel Paese di accoglienza che, a sua volta, non può derivare dal solo svolgimento in quest’ultimo di un’attività lavorativa e, tanto meno, com’è accaduto nel caso in esame, di tirocini formativi, di istruzione o di volontariato, in difetto di qualsiasi altro elemento di valutazione, che il ricorrente non dimostra di aver dedotto (cfr. Cass. n. 8367 del 2020).

5. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, del tutto infondati. Peraltro, poichè il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

7. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al ministero dell’interno le spese di lite, che liquida in Euro. 2.100, per compenso, oltre spese prenotate a debito; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA