Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8344 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/03/2017, (ud. 02/02/2017, dep.31/03/2017),  n. 8344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10193-2015 proposto da:

PERLITE ITALIANA SRL, in persona dell’amministratore delegato Sig.

G.I.C.V., considerata domiciliata ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato STEFANO PIRAS giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

N.L. E FIGLI SNC, in persona del legale rappresentante

pro tempore L.S.L., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEL TRITONE 102, presso lo studio dell’avvocato SIMONA

BASTONI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE BASSU giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 427/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di

SASSARI, depositata il 10/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 10/10/2014, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato la Perlite Italiana s.r.l. al pagamento, in favore della N.L. & Figli s.n.c., di quanto a quest’ultima dovuto a titolo di corrispettivo per il trasporto intermodale (terrestre e marittimo) dalla stessa eseguito in favore della Perlite, tra il 2003 e il 2004.

2. A sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha ritenuto legittima la determinazione, da parte del primo giudice, dei corrispettivi individuati a credito della società di trasporto, atteso che, secondo le previsioni del D.M. 18 novembre 1982, art. 10 a quest’ultima società dovesse riconoscersi un ampio potere discrezionale nell’individuazione del porto d’imbarco per l’effettuazione della tratta marittima del percorso di trasporto già avviato su strada, non potendo trovare formale applicazione, in caso di trasporto intermodale, la disposizione di cui al medesimo D.M. 18 novembre 1982, art. 12 che individua la distanza utile, ai fini del calcolo del corrispettivo per il trasporto, in quella più breve intercorrente tra il luogo di carico e quello di scarico della merce trasportata.

In particolare, tenuto conto che il corrispettivo complessivo, per i trasportatori cui è riconosciuto il diritto di applicare le c.d. tariffe a forcella, dev’essere in ogni caso commisurato ai criteri della minore onerosità e della maggiore rapidità per il committente, la corte territoriale ha ritenuto legittima la scelta esercitata dal trasportatore per un percorso terrestre più lungo, a fronte della significativa riduzione dei costi e della durata della tratta marittima del percorso complessivo.

3. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione la Perlite Italiana s.r.l. sulla base di tre motivi d’impugnazione.

4. Resiste con controricorso la N.L. & Figli s.n.c., che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del sistema tariffario delineato dalla L. n. 298 del 1974 (e successive modificazioni e integrazioni), nonchè del D.P.R. n. 56 del 1978, art. 20 e del D.M. 18 novembre 1982, artt. 10 e 12 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’applicabilità, anche al caso di trasporto intermodale (con tratta terrestre e marittima), del combinato disposto del D.P.R. n. 56 del 1978, art. 20 e del D.M. 18 novembre 1982, art. 12 che tutela il committente dalle scelte antieconomiche operate dal vettore, prescrivendogli la scelta del percorso più breve, senza distinzioni di sorta tra le varie modalità di trasporto.

2. Il motivo è infondato.

Osserva il collegio come la corte territoriale abbia correttamente escluso la diretta applicabilità, al caso di specie, della norma del D.M. 18 novembre 1982, art. 12 siccome riferito a una forma di trasporto (quello solamente terrestre) irriducibile al c.d. trasporto intermodale (come quello oggetto d’esame) che, viceversa, trova, nell’art. 10 medesimo provvedimento normativo, un suo principio di disciplina, con la conseguente applicabilità del criterio interpretativo che privilegia, rispetto alla lex generalis, l’applicazione della lex specialis.

Ciò posto, non dettando, il richiamato art. 10, nessuna regola espressa circa le modalità di calcolo della somma tra le due diverse componenti tariffarie riferite alle diverse tratte (nella specie, a quella terrestre e a quella marittima), limitandosi unicamente ad articolare il calcolo complessivo del corrispettivo attraverso l’imposizione della ridetta somma, del tutto correttamente la corte territoriale, in coerenza con i motivi ispiratori del sistema della tariffazione c.d. “a forcella”, ha ritenuto risolvibile la questione attraverso il ricorso al principio generale della minore onerosità per il committente (ponderato con la considerazione della maggiore velocità del trasporto) del calcolo complessivo dei due diversi sistemi tariffari.

Nel quadro di tale interpretazione, la società ricorrente ha del tutto trascurato di illustrare con chiarezza e rigore le ragioni della (viceversa) maggiore onerosità della soluzione concretamente praticata dalla società di trasporto (rispetto alle possibili alternative adottabili), in tal senso omettendo di evidenziare, eventualmente sotto il profilo dell’errore di sussunzione, l’ipotetico errore di diritto ascritto al discorso interpretativo della sentenza impugnata.

3. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1686 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente riconosciuto il potere discrezionale del vettore di scegliere tra due diversi porti d’imbarco, di cui uno più prossimo al luogo di carico e l’altro meno, qualora la scelta del secondo porto comporti l’esecuzione di una tratta marittima di durata inferiore a quella del primo, in contrasto con il dettato dell’art. 1686 c.c. che impone al vettore, in caso di impedimento o di ritardo nel trasporto, l’obbligo di richiedere immediatamente istruzioni al mittente.

4. Il motivo è infondato.

Osserva il collegio come la disposizione normativa richiamata dal ricorrente (in relazione all’art. 1686 c.c.) sia riferita a una fattispecie del tutto estranea a quella oggetto dell’odierno esame, ossia all’ipotesi in cui il vettore, a fronte di un impedimento o di un ritardo a lui non imputabili nel trasporto, è chiamato a richiedere con immediatezza istruzioni al mittente.

Nel caso di specie, viceversa, l’ipotesi considerata dai giudici del merito ha avuto riguardo alla diversa scelta del vettore (in nessun modo ostacolato da impedimenti o da ritardi nell’esecuzione della prestazione dovuta) circa la preferibile soluzione da seguire nell’esecuzione di un trasporto intermodale, prospettandosi il ricorso a due possibili alternative, inversamente proporzionate nel rapporto tra la tratta terrestre e quella marittima.

Si tratta, pertanto – quanto alla censura critica del ricorrente – di un’erronea determinazione del parametro normativo utilizzabile ai fini della decisione dell’odierna controversia, con la conseguente radicale infondatezza della doglianza proposta.

5. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso, insufficiente e contraddittorio esame circa un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale omesso di esaminare le tratte marittime alternative a quella effettivamente prescelta dal vettore, trascurando l’individuazione di soluzioni assai meno onerose per il committente.

6. Il motivo è inammissibile.

La censura illustrata dalla società ricorrente deve ritenersi del tutto priva di decisività, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo la società ricorrente sufficientemente approfondito in quale misura le eventuali alternative tariffarie non esaminate dal giudice a quo (e quali in particolare) avrebbero determinato un esito decisorio sicuramente diverso da quello in concreto fatto proprio dalla corte territoriale.

Sotto altro profilo, peraltro, la doglianza deve ritenersi irrispettosa del principio di autosufficienza – così come consacrato in termini positivi dall’art. 366 c.p.c., n. 6 – attesa l’assoluta genericità del richiamo del ricorrente a soluzioni tariffarie alternative, in nessun modo individuate o individuabili con certezza attraverso il diretto riferimento ad atti o documenti specificamente e adeguatamente indicati.

7. Sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata i l’infondatezza (quando non l’inammissibilità) delle censure sollevate dalla ricorrente nei confronti della sentenza impugnata, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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