Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8344 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 08/04/2010), n.8344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24480/2006 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 2

SCALA A INTERNO 1, presso lo studio dell’avvocato BONANNI EZIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MANCHISI Michele, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE DI LATINA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5715/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/09/2005 R.G.N. 8701/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/02/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.M. assumeva di aver svolto lavoro di bracciante agricola alle dipendenze del fratello G. e che l’INPS le aveva illegittimamente negato il pagamento delle indennità per la astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro in occasione della nascita del figlio.

Il tribunale di Latina rigettò il suo ricorso e la Corte d’Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 1 settembre 2005, respinse il suo appello.

Contro tale decisione la D. ricorre per cassazione, articolando quattro motivi.

L’INPS si è limitato a depositare delega.

Il contenuto dei motivi è il seguente.

Il primo denunzia la nullità della sentenza per aver motivato in modo apparente.

Il secondo, ripropone la censura del primo, aggiungendo che la decisione sarebbe andata ultra petita poichè l’INPS non aveva eccepito il rapporto parentale e non si era discusso della natura subordinata o autonoma del rapporto.

Il terzo motivo denunzia violazioni di legge e vizi di motivazione per il fatto che l’INPS non ha fatto ricorso contro l’iscrizione della ricorrente nell’elenco dei lavoratori agricoli e ha percepito i relativi contributi, il che impone l’erogazione della prestazione.

Con il quarto motivo si denunzia violazione di legge in quanto l’INPS non si è tempestivamente costituita in primo grado e ha formulato una contestazione generica, il che avrebbe dovuto indurre il giudice a considerare come riconosciuti i fatti esposti in ricorso.

Tutti i motivi sono infondati.

La motivazione della sentenza, come appare evidente ad una semplice lettura, non è apparente. Sussiste ed è adeguata.

Il giudice non è andato al di là dei sui poteri decisionali. Il fatto che la ricorrente assume di aver lavorato come bracciante alle dipendenze del fratello è agli atti ed è oggetto della stessa esposizione della ricorrente. In tale tipo di situazione, per giurisprudenza costante di questa Corte, a prescindere dall’inserimento nell’elenco dei braccianti agricoli, vi è onere della parte ricorrente di allegare e provare di aver svolto lavoro di natura subordinata. La Corte spiega, con puntualità, esaminando l’istruttoria svolta, perchè tale prova non può ritenersi raggiunta.

Il terzo motivo è anch’esso infondato, perchè, come si è detto, il mero dato dell’inserimento negli elenchi dei lavoratori agricoli non da diritto la percezione della indennità in assenza della prova, a carico della parte ricorrente, della natura subordinata del lavoro svolto nel fondo agricolo di un parente.

Il fatto che l’INPS abbia formulato una contestazione intempestiva e generica non comporta che i fatti esposti in ricorso debbano ritenersi automaticamente provati e che il giudice non debba valutare il quadro probatorio acquisito con l’istruttoria.

A monte di tutti i motivi di ricorso (a parte il primo) vi è evidentemente una diversa valutazione di tale quadro probatorio, che, in presenza di una motivazione adeguata e priva di contraddizioni, quale è quella fornita dalla Corte d’Appello, non può essere proposta in sede di giudizio di legittimità.

Pertanto il ricorso deve essere respinto. Nulla sulle spese considerata la materia della controversia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

 

 

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