Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8339 del 31/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 31/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.31/03/2017),  n. 8339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28095-2014 proposto da:

T.E. AUTOTRASPORTI, in persona dell’omonimo titolare,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 9, presso lo studio

dell’avvocato LETIZIA TILLI, rappresentata e difesa dall’avvocato

SABATINO CIPRIETTI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.N.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO

MASSIMO 107, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO LUCA LOBUONO

TAJANI, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA VITTORIO

RICCARDI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 961/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 05/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r.;

udito l’Avvocato MARIA RITA NOCE per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso del 14 maggio 2001 la ditta Enzo Tatoni Autotrasporti ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Pescara decreto ingiuntivo nei confronti della ditta R.N.L. per il pagamento della somma di Lire 70.805.000, quale corrispettivo per trasporti effettuati.

2. Con atto di citazione del 10 luglio 2001 la ditta R. ha proposto opposizione a decreto ingiuntivo e il Tribunale di Pescara, con sentenza n. 1164 del 2005, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, rilevando che il trasportatore aveva documentato di essere iscritto all’albo nazionale, ma non aveva depositato tempestivamente la relativa autorizzazione.

3. Avverso tale decisione proponeva appello la ditta Enzo Tatoni Autotrasporti chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Si costituiva da controparte contestando i motivi d’impugnazione.

4. La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza pubblicata il 5 ottobre 2013, rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata e condannando la ditta Atoni al rimborso delle spese di lite.

5. Contro la decisione della Corte territoriale propone ricorso per cassazione Enzo Tatoni Autotrasporti sulla base di tre motivi.

6. Resiste R.N.L. con controricorso. E.T. deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto n. 136-2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico.

2. La Corte d’Appello ha rilevato che il giudice di primo grado aveva preso atto della tempestività del documento relativo alla iscrizione all’albo, ma aveva ritenuto non tempestiva la produzione delle autorizzazioni. Inoltre, il documento relativo alle autorizzazioni, depositato in appello, era costituito da un foglio meccanografico in larga parte ritenuto, dalla Corte, illeggibile e che non consentiva di verificare se si riferisse mezzi effettivamente usati ed in quanto inidoneo a risolvere la problematica dell’esistenza dell’autorizzazione, era stato ritenuto non indispensabile e, quindi, inammissibile con conseguente rigetto dell’appello per l’impossibilità di esaminare nel merito la questione sollevata dall’appellante.

1. Con i motivi di ricorso si denuncia: con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 codice di rito in relazione all’art. 360, n. 4 codice di rito, rilevando che, poichè la sussistenza dei presupposti per l’azione, costituiti dall’iscrizione all’albo e dall’autorizzazione, non era stata contestata da controparte, il Tribunale non avrebbe potuto rilevare tale profilo d’ufficio. Pertanto il giudice ha pronunziato oltre i limiti di quanto chiesto ed eccepito, in violazione dell’art. 112 codice di rito.

3. Il motivo è manifestamente infondato: in primo luogo perchè l’esistenza dell’apposita autorizzazione per l’effettuazione di trasporto di cose per conto terzi costituisce uno dei presupposti per utilizzare la tariffa a forcella, per cui trattandosi di un profilo relativo alla fondatezza della domanda è certamente rilevabile d’ufficio. Principio affermato da questa Corte proprio nella materia in oggetto, ribadendo che “la verifica della sussistenza dei requisiti costitutivi del beneficio in parola deve essere effettuata d’ufficio dal giudice, anche in appello, a prescindere dalla non contestazione degli stessi, ad opera della controparte, nel giudizio di primo grado, valendo il principio della non contestazione per i soli fatti e non per la sussunzione dei fatti nella norma” (Sez. 1, Sentenza n. 22348 del 02/11/2015-Rv. 637748 – 01).

4. In secondo luogo anche il mancato rispetto dei termini di decadenza istruttori costituisce profilo rilevabile d’ufficio. In terzo luogo la tardività del deposito dell’autorizzazione era stata eccepita, in primo grado, dalla ditta resistente e ribadita nelle note autorizzate del 10 gennaio 2003, come si legge nel controricorso e la questione della tardività era già stata evidenziata dal giudice istruttore con ordinanza del 21 gennaio 2003.

5. Con il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. 29 marzo 1993, n. 82, art. 4 e della L. 6 giugno 1974, n. 298, art. 41 in relazione all’art. 360, n. 3 codice di rito. In particolare, l’unico presupposto necessario per richiedere il decreto ingiuntivo era l’iscrizione all’albo degli autotrasportatori, istituito con la L. n. 298 del 74, oltre alla prova dell’esecuzione del trasporto e del conteggio tariffario vistato dal Comitato provinciale dell’albo. Tali elementi erano stati allegati già in fase monitoria.

6. La censura è infondata poichè, contrariamente a quanto dedotto, la L. n. 298 del 1974, art. 41 richiede il doppio presupposto dell’iscrizione nell’albo nazionale e dell’apposita autorizzazione, così come risulta dall’orientamento costante della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “il trasportatore di cose per conto terzi che pretende di avvalersi del regime giuridico della tariffa a forcella previsto dal titolo 3 della L. n. 298 del 1974 (per il trasporto di merci su strada), come del relativo beneficio della limitazione della responsabilità risarcitoria in deroga al principio generale dell’art. 1696 c.c., ha l’onere di provare di essere iscritto nell’albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi e di avere ottenuto l’autorizzazione prescritta per l’esercizio di tale attività, trattandosi di presupposti per l’applicabilità della speciale disciplina della tariffa, la cui prova, per il generale principio dell’art. 2697 c.c., è a carico della parte che pretende di avvalersene” (Sez. 1, Sentenza n. 22348 del 02/11/2015 (Rv. 637748 – 01).

7. Con il terzo motivo la ditta ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 in relazione all’art. 360, n. 3 codice di rito, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi del’art. 360, n. 5 codice di rito. Il ricorrente deposita nuovamente copia della autorizzazione già esibita in primo e secondo grado al fine di dimostrare la insussistenza del profilo della scarsa leggibilità o illeggibilità e conseguentemente la idoneità del documento a risolvere la questione. Da tale tabulato emerge la elencazione dei numeri di targa degli automezzi autorizzati, che corrisponde alla targa indicata nelle bolle di accompagnamento prodotte in sede monitoria. La mancata valutazione di tale mezzo istruttorio implica il vizio di omesso esame di un fatto decisivo. Ai sensi dell’art. 360, n. 5 codice di rito il vizio di motivazione può essere preso in esame nel caso di mancanza assoluta di motivi o di motivazione apparente che ricorre nel caso di specie, in cui il giudice di appello non ha esaminato con la dovuta attenzione le prove documentali acquisite.

8. Il motivo è inammissibile. Sulla questione relativa alla tardività del deposito della documentazione relativa all’autorizzazione prescritta per l’esercizio di tale attività, rilevata dal Tribunale si è formato il giudicato poichè parte ricorrente non ha documentata nella sommaria esposizione del ricorso (pagine 6 e 7) di avere impugnato tale profilo in appello, avendo, al contrario, affrontato in quella sede la diversa questione della erroneità della decisione del Tribunale nella parte in cui ha ritento necessaria la sussistenza del doppio presupposto ed, in particolare, oltre che dell’iscrizione, anche dell’autorizzazione prescritta per l’esercizio di tale attività. Pertanto, ricorre difetto di autosufficienza che non consente alla Corte di prendere in esame lo specifico motivo relativo alla leggibilità o meno del documento.

9. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 3.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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