Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8338 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 24/03/2021), n.8338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13542-2017 proposto da:

COMUNE DI PALERMO, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in

ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato

e difeso dall’Avvocato ANGELA PROVENZANI giusta procura speciale

estesa in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE TIRRENICA S.n.C. DI D.N. & C., in persona

del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4041/30/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 21/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

il Comune di Palermo propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’impugnazione proposta avverso la sentenza n. 57/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, che aveva accolto il ricorso proposto dalla Immobiliare Tirrenica S.n. C. avverso cartella di pagamento dell’imposta TARSU 2011, applicata dal Comune di Palermo sulla struttura alberghiera della suddetta società;

la contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con unico mezzo si denuncia violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 68 e 69) e si lamenta che la CTR abbia confermato l’accoglimento del ricorso della contribuente sul rilievo che era stata illegittimamente applicata con delibera comunale una tariffa diversa per gli alberghi rispetto alle abitazioni private senza fornire adeguata motivazione sulla capacità effettiva di produrre rifiuti dell’immobile tassato;

1.2. le doglianze sono fondate;

1.3. la sentenza impugnata non si è, infatti, attenuta al principio di diritto più volte affermato in materia dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di TARSU è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quelle delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime, in quanto la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo neppure il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore: i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica (cfr. Cass. nn. 8308/2018, 25214/2016, 14758/2015, 12859/2012);

1.4. peraltro, la sentenza impugnata non risulta neppure aver riferito l’illegittimità della quantificazione del tributo richiesto a specifiche caratteristiche dell’attività svolta all’interno della struttura alberghiera, sì da ancorare a concreti elementi fattuali l’illegittimità della tariffa derivante dall’applicazione del regolamento comunale in materia;

2. in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente

3. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, mentre le spese dei gradi di merito possono essere compensate in ragione del posteriore consolidarsi della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente; compensa tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna l’intimata alla rifusione in favore del ricorrente Comune delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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