Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8333 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.31/03/2017),  n. 8333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23980-2014 proposto da:

F.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO 9,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE PONTECORVO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO CANNIZZARO

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA, nella sua qualità di procuratore e nella qualità

di amministratore unico e legale rappresentante pro tempore della

CASTELLO FINANCE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA

41, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERIGO CIRRI SEPE

QUARTA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO

PERINI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

CASTELLO FINANCE SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 579/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito l’Avvocato MICHELE PONTECORVO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. F.A.M. propose innanzi al Tribunale di Piacenza opposizione al decreto con cui si ingiungeva di pagare in favore di Intesa Gestione Crediti la somma di Lire 217.000.000 quale garante della società Live Image s.a.s. di A.F. & C. sulla base di due fideiussioni. Espose in particolare parte attrice di non avere mai sottoscritto le dette fideiussioni. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto dell’opposizione.

2. Il Tribunale adito, disposta CTU grafologica, rigettò l’opposizione.

3. Avverso detta sentenza propose appello F.A.M.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Con sentenza di data 20 febbraio 2014 la Corte d’appello di Bologna rigettò l’appello. Osservò la Corte che i rilievi critici sollevati dall’appellante erano stati in modo convincente confutati dalla CTU e che il contenuto della missiva apparentemente proveniente da A.F., nella quale questi affermava di avere sottoscritto in modo apocrifo i moduli di fideiussione in questione, era contraddittorio e scarsamente attendibile perchè la prima fideiussione non era stata disconosciuta dall’appellante e non erano inoltre precisate le circostanze del conseguimento dei moduli. Aggiunse che l’ A., socio accomandatario della società debitrice principale, poi dichiarato fallito in proprio in estensione del fallimento della società ed attinto dal decreto ingiuntivo, era incapace a testimoniare ai sensi dell’art. 246 c.p.c. e che non essendo parte del giudizio non poteva neanche essere chiamato a rendere interrogatorio.

5. Ha proposto ricorso per cassazione F.A.M. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. E’ stata depositata memoria di parte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che il giudice di appello ha omesso ogni esame dell’istanza di rinnovazione della CTU, con estensione alla persona di A.F., circostanza tale da determinare la nullità della sentenza, e che non era stata disposta la rinnovazione nonostante le poco convincenti conclusioni peritali e la missiva dell’ A..

1.1. Il motivo è inammissibile, sotto più profili. In primo luogo con la censura non si denuncia l’omesso esame di un fatto storico, ma il mancato esame di istanza di rinnovazione della CTU. L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053). Il fatto storico è stato indubitabilmente esaminato dal giudice di merito. Questi ha valutato, avvalendosi della CTU in atti, le circostanze relative alla genuinità o meno della sottoscrizione in questione, sicchè non possono ritenersi obliterati nell’indagine di merito i profili fattuali, in ordine alle caratteristiche della grafia, evidenziati nel motivo di ricorso. Non resta a questo punto che rammentare che in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass. 19 luglio 2013, n. 17693).

In secondo luogo, la denuncia di nullità della sentenza quale effetto del(mancato esame dell’istanza di rinnovazione della CTU è tale da stabilire un’inammissibile mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, la quale miri a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c. (cfr. Cass. 23 settembre 2011, n. 19443; anche 20 settembre 2013, n. 21611).

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 196, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 osserva la ricorrente che sono ravvisabili gli estremi dei gravi motivi per la sostituzione del consulente, stante l’inidoneità del risultato raggiunto da quello nominato, in particolare considerando l’affermazione del CTU secondo cui un “imitatore…avrebbe cercato un adattamento alle dimensioni accentuate delle maiuscole” e la segnalata cautela nell’attribuire la sottoscrizione alla F..

2.1. Il motivo è inammissibile. Anche per ciò che concerne la sostituzione del consulente tecnico per gravi motivi la norma di cui all’art. 196 c.p.c. prevede la “facoltà” del giudice. Come si è detto a proposito del precedente motivo, il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito e non può essere sindacato in sede di legittimità.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 246 e 281-ter c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che l’incapacità a testimoniare non comporta di per sè l’inattendibilità del teste assunto e che il giudice di appello avrebbe dovuto escutere l’ A., saggiandone l’attendibilità in concreto (avrebbe in particolare concluso per l’attendibilità del teste vista la mancanza d’interesse ad affermare di aver vergato la lettera fideiussoria).

3.1. Il motivo è inammissibile. La censura è priva di decisività in quanto non incide sulla rilevata incapacità a testimoniare dell’ A.. Il riconoscimento della necessaria valutazione di attendibilità della testimonianza dell’incapace validamente acquisita al processo, per mancanza di eccezione o tardività della medesima eccezione, non viene naturalmente in rilievo quando la testimonianza sia stata ritenuta inammissibile per incapacità a testimoniare.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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