Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8330 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2021, (ud. 20/11/2020, dep. 24/03/2021), n.8330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MANCINI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13082/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.S.G., (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’Avv.

Giuseppe Fevola, elettivamente domiciliata in Roma, piazza di Villa

Carpegna n. 42, presso lo studio dell’Avv. Francesca Petrucci;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 479/39/12 della Commissione tributaria

regionale del Lazio – Sezione distaccata di Latina, depositata il 12

novembre 2012;

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 20 novembre 2020

dal consigliere Dott.ssa Mancini Laura.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.S.G. impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Latina l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale l’Agenzia delle entrate, in seguito alla constatazione del possesso di immobili e di un’autovettura di costo rilevante, aveva rideterminato il proprio reddito complessivo netto per l’anno 2007 ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, commi 4, 5, e 6, e accertato maggiori imposte e irrogato sanzioni. A sostegno del ricorso la contribuente aveva dedotto la violazione della disciplina sull’accertamento sintetico, la mancata considerazione, da parte dell’Ufficio, della situazione reddituale complessiva del proprio nucleo familiare, in contrasto con la Circolare dell’Agenzia delle entrate 9 agosto 2007, n. 49/E, e il fatto che uno di beni su cui era stato fondato l’accertamento sintetico era stato venduto a terzi proprio nel 2007.

Con sentenza n. 461/5/11 del 24 ottobre 2011 la Commissione tributaria provinciale di Latina, in parziale accoglimento del ricorso, ridusse del 50% il maggior reddito accertato.

2. Contro detta pronuncia la contribuente propose appello principale, richiamando le censure formulate in primo grado, mentre l’Amministrazione finanziaria interpose gravame incidentale.

Con sentenza n. 479/39/12, depositata il 12 novembre 2012, la Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione distaccata di Latina accolse il gravame principale e respinse quello incidentale sul presupposto che la contribuente sia in sede amministrativa, che in sede contenziosa aveva provato che nei periodi di imposta oggetto di accertamento aveva dichiarato in media Euro 138.126,00 annui, così dimostrando, in contrasto con la presunzione relativa utilizzata nell’accertamento sintetico mediante redditometro, un reddito che giustificava tanto l’investimento immobiliare e il correlato versamento di rate mensili di mutuo di Euro 4.500,00, quanto le spese di gestione e per i canoni relativi all’autovettura.

3. Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso affidato a tre motivi. D.S.G. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, e si richiede la declaratoria di cessazione della materia del contendere con riferimento all’avviso di accertamento n. (OMISSIS) ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46 cit..

Deduce la ricorrente che nel corso del giudizio l’atto impositivo impugnato è stato “espressamente sostituito dall’avviso n. (OMISSIS), il quale ha rimodulato l’accertamento sintetico del reddito della Sig.ra D.S. relativo all’anno d’imposta 2007, sulla base della sopravvenuta conoscenza di nuove circostanze rilevanti (ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43)” e che tale ultimo avviso è stato impugnato dalla contribuente davanti alla Commissione tributaria provinciale di Latina con ricorso notificato all’Agenzia delle entrate il 6 dicembre 2012.

Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, tale sopravvenienza giustifica il venir meno dell’interesse processuale a ricorrere della D.S., “con improcedibilità sopravvenuta del ricorso tributario originariamente incardinato dalla stessa e la necessità di pervenire a declaratoria di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere D.Lgs. n. 546 del 1992 ex art. 46, pronuncia che si ritiene possa essere adottata anche da codesta Suprema Corte nell’ambito dei propri poteri di decisione nel merito ex art. 384 c.p.c. (…)”.

1.1. Con il secondo motivo si deduce violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’Amministrazione precisa che, ferma restando la richiesta formulala con la prima censura, intende comunque censurare l’affermazione del giudice di prime cure secondo la quale l’accertamento in base al c.d. redditometro è illegittimo se non si basa su presunzioni semplici, essendo tale assunto distonico rispetto ai principio, enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale l’accertamento sintetico D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 38, comma 4, è impostato su presunzioni dotate ex lege di gravità, precisione e concordanza che, in quanto tali, spostano sulla controparte l’onere di fornire adeguata e piena prova contraria rispetto al maggior reddito accertato dall’Ufficio finanziario.

1.2. Con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Agenzia delle entrate assume che l’affermazione dei giudici d’appello, secondo la quale l’Ufficio ha omesso d valutare la situazione del nucleo familiare della contribuente che, ove considerata, avrebbe potuto evitare l’accertamento “in quanto il reddito ricalcolato veniva a determinare uno scostamento tra reddito dichiarato e accertabile, inferiore al limite previsto dall’art. 38 citato”, è immotivata giacchè, come specificato nelle controdeduzioni in appello, l’Ufficio solo dopo la notificazione dell’accertamento aveva potuto tener conto dei redditi del coniuge della contribuente, non avendo quest’ultima indicato nella dichiarazione dei redditi la situazione reddituale del proprio nucleo familiare.

Inoltre, soggiunge la difesa erariale, la sentenza gravata non ha minimamente esplicitato il procedimento logico alla base dell’affermazione per la quale il reddito medio dichiarato dalla D.S. insieme al coniuge giustifica la sopportazione delle spese relative all’investimento immobiliare e il pagamento di una rata mensile di mutuo di Euro 4.500,00, non avendo la contribuente offerto, al riguardo, alcun riscontro probatorio.

Ad avviso dell’Amministrazione ricorrente analoghe considerazioni possono essere svolte in merito all’affermazione della commissione regionale secondo la quale i costi dell’autovettura fossero deducibili trattandosi di un bene strumentale all’attività da lavoro autonomo svolta dalla D.S. e il reddito dalla stessa dichiarato in misura di Euro 85.638,00 dovesse intendersi già decurtato delle spese di gestione e del pagamento dei canoni relativi a tale mezzo, mancando qualsivoglia prova della legittima inclusione dell’autovettura nel registro dei beni ammortizzabili attinenti alla professione svolta dalla contribuente.

Infine, precisa la ricorrente, contrariamente a quanto dedotto da controparte, l’Amministrazione finanziaria, nella rideterminazione induttiva del reddito della contribuente ha tenuto conto del reddito dalla stessa dichiarato.

2. In via preliminare il Collegio rileva che le parti concordemente assumono che in data 30 maggio 2012 – e, quindi, anteriormente al deposito della sentenza gravata – l’Amministrazione finanziaria ha notificato alla contribuente l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) che ha sostituito, modificandolo in aumento, l’avviso n. (OMISSIS) per cui si controverte.

Come chiarito da questa Corte, l’integrazione o la modificazione in aumento del primitivo accertamento, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, che sia formalizzata nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento (specificatamente motivato a garanzia del contribuente che ne è destinatario), integrando una pretesa tributaria nuova rispetto a quella originaria, sostituisce quello precedente (Cass. Sez. 5, 27/9/2000, n. 12814). Per effetto della sostituzione non si ha solamente l’emanazione di un atto “nuovo” a seguito di riesame dei fatti posti a fondamento del primo, ma, altresì, la spontanea eliminazione dell’atto “sostituito”, con conseguente cessazione della materia dei contendere in riferimento all’accertamento, da parte del giudice, del relativo rapporto sostanziale, dal momento che la sostituzione medesima implica la caducazione d’ufficio del precedente avviso e determina, quindi, la conclusione della controversia da esso sorta (Cass. Sez. 5, 29/10/1997, n. 10650), facendo venir meno l’interesse ad una decisione relativamente ad un atto (il primo avviso, cioè, ormai tacitamente revocato) sulla cui base non. 30SSOi-10 essere più avanzate pretese tributarie di alcun genere, dovendosi avere riguardo esclusivamente al nuovo accertamento che lo ha sostituito (in questi termini Cass. Sez. 5, 27/11/20U2, n. 16792; Cass. Sez. 5, 7/3/2013, n. 8989).

Aila luce delle suesposte premesse, il primo motivo si rivela, quindi, fondato.

Invero, dal principio secondo il quale nel processo civile contenzioso la pronuncia di cessazione della materia del contendere costituisce una fattispecie di estinzione del giudizio, si desume che la denuncia, mediante ricorso per cassazione, della sua omessa emanazione in presenza delle condizioni richieste è da qualificare come denuncia di error in procedendo che legittima la Corte di cassazione a verificarne la sussistenza mediante diretto esame degli atti e a cassare senza rinvio la sentenza che risulti affetta dal suddetto vizio, perchè il processo non poteva essere proseguito per sopravvenuta mancanza dell’interesse ad agire determinato dalla cessazione della materia del contendere (Cass. Sez. L, 21/5/2002, n. 7450), nonchè a rimuovere le altre sentenze già emesse in quanto prive di attualità (Cass. Sez. 1, Ord. 18/10/2018, n. 26299) e a rendere una pronuncia finale sulle spese dell’intero processo, in forza del combinato disposto degli artt. 384 e 385 c.p.c. (Cass. Sez. 3, 8/6/2017, n. 14267; Cass. Sez. L, 25/8/2005, n. 17334), secondo una valutazione di soccombenza virtuale.

3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, che rende superfluo l’esame delle altre censure svolte dalla difesa erariale, non consente, tuttavia, di porre le spese di lite a carico della controricorrente. Ricorrono, invero, giusti motivi, evincibili dall’articolata dinamica processuale e dall’estraneità alla contribuente della sopravvenienza da cui dipende la presente decisione, per la compensazione, tra le parti, delle spese processuali del giudizio di cassazione e dei gradi di merito.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; compensa le spese processuali del giudizio di cassazione e dei precedenti giudizi.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

 

 

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