Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8328 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2010, (ud. 24/11/2009, dep. 08/04/2010), n.8328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PROF. P.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XXI

APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato ST ROMANO PANUNZIO C/O

MORRONE CORRADO, rappresentata e difesa dall’avvocato MORRONE LUIGI,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DELLA CALABRIA; ISTITUTO TECNICO NAUTICO

(OMISSIS); UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 357/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/03/2006 R.G.N. 1533/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2009 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito l’Avvocato MORRONE LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Catanzaro, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda di P.F. volta alla declaratoria di illegittimità del recesso dal contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, quale docente supplente presso un istituto tecnico nautico statale, ed alla condanna del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Istituto scolastico e del Centro Servizi Amministrativi della provincia di (OMISSIS) al pagamento della retribuzione dal 20 novembre 2002, data del recesso, al 30 giugno 2003, ed all’attribuzione del punteggio ai fini delle graduatorie di cui al D.M. 27 marzo 2000, n. 123.

La Corte di merito riferisce che con il gravame la P. aveva fatto valere la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7 per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

l’assenza, nel provvedimento di revoca, di indicazioni circa il concreto interesse pubblico perseguito; l’inammissibilità dell’autotutela, trattandosi di rapporto paritetico tra il datore di lavoro e il lavoratore; l’estraneità della vicenda rispetto alle previsioni contrattuali in tema di reclutamento dei dipendenti destinatari di proposte contrattuali a tempo indeterminato;

l’illegittimità del recesso perchè effettuato sulla base del ricorso di un altro docente, che non avrebbe dovuto esser preso in considerazione; la validità dell’interpello, per la illegittimità delle previsioni circa le modalità con cui esso dovrebbe avvenire, contenute nel D.M. 4 giugno 2001, n. 103, emanato senza che all’amministrazione fosse stato conferito il relativo potere.

In relazione a tali censure la Corte d’Appello (d’ora in avanti) la Corte) ha ritenuto anzitutto inapplicabile la L. n. 241 del 1990, art. 7 per la natura contrattuale del rapporto e l’assenza di provvedimenti autoritativi.

La Corte ha poi notato che non era controverso che l’avviso per l’affidamento dell’incarico non fosse stato effettuato tramite telegramma, come previsto dalle norme regolamentari e che in ogni caso l’incarico doveva considerarsi nullo in quanto per il suo conferimento non era stata osservata la graduatoria.

La Corte ha rilevato inoltre che nell’atto di revoca del conferimento di incarico alla P. esisteva, sotto il profilo dell’interesse pubblico, l’esigenza di evitare il danno economico dello Stato e di effettuare il reclutamento nell’osservanza della graduatoria.

Infine, la Corte ha escluso l’inapplicabilità del D.M. n. 103 del 2001 sulle modalità da osservarsi per acquisire la disponibilità dei docenti al conferimento dell’incarico, trattandosi di norme non contrastanti con discipline di rango superiore e dettate proprio per la regolamentazione delle modalità di assegnazione degli incarichi temporanei dei docenti.

Di questa sentenza P.F. chiede la cassazione con ricorso per sei motivi.

Il Ministero della pubblica istruzione ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 7 in relazione alla mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Il motivo è infondato, giacchè, come più volte affermato da questa Corte, la L. n. 241 del 1990, sui procedimenti amministrativi, siccome diretta a regolare in via generale i procedimenti finalizzati alla emanazione di provvedimenti autoritativi da parte delle pubbliche amministrazioni, non può trovare applicazione nel rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni che, dopo la cosiddetta privatizzazione, è caratterizzato da una sostanziale parità tra le parti ed è regolato dalla contrattazione collettiva di settore e (ora) dal D.Lgs. n. 165 del 2001 (che ha sostituito il D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni). (Cass. 11589/2003; in senso sostanzialmente conforme, fra le molte, Cass. 3880/2006; 25761/2008;

17852/2009).

Il secondo motivo denunzia falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 in relazione all’assenza di indicazioni nell’atto di revoca (interpretato dalla ricorrente come atto di autotutela) delle ragioni di interesse pubblico.

Il motivo è infondato, perchè alla stregua del principio di parità delle parti, appena menzionato, non è configurabile nel rapporto di lavoro privatizzato un potere di autotutela in capo all’amministrazione datrice di lavoro. (v. fra le altre, Cass. 23741/2008).

Con il terzo motivo è denunziata, secondo la rubrica, omessa motivazione su punti decisivi della controversia.

La sentenza è censurata per aver contraddittoriamente affermato – nella narrativa – che il vizio dell’atto rimosso in autotutela consisterebbe nella violazione delle modalità di convocazione e – nella motivazione – che il vizio sarebbe consistito nella violazione dell’ordine di graduatoria. Quindi, nella prima proposizione sarebbe implicita l’affermazione che la graduatoria era stata rispettata, mentre la seconda proposizione affermerebbe il contrario.

Il motivo è infondato.

La parte narrativa della sentenza contiene solo la indicazione dell’oggetto della controversia (primo capoverso) e delle specifiche censure svolte con l’atto di gravame (secondo capoverso). Quindi, non si può fare alcun confronto fra il contenuto della narrativa e il contenuto la motivazione, sotto il profilo della contraddittorietà perchè si tratta di affermazioni non riferibili allo stesso autore, le prime – quelle della narrativa – essendo la sintesi, fatta dalla Corte, delle affermazioni della appellante, ora ricorrente.

Il quarto motivo denunzia falsa applicazione della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 con riferimento al potere regolamentare del Ministro di disciplinare le modalità di convocazione.

Si sostiene che nel regolamento emanato con D.M. 25 maggio 2000, n. 201, in base al potere conferito dalla L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 non vi sarebbe alcuna norma sulle modalità di interpello dei docenti aspiranti a supplenze temporanee, modalità disciplinate invece da un successivo D.M. 4 giugno 2001, n. 103, emanato però – ad avviso della ricorrente – senza che alcuna norma lo prevedesse.

Si sostiene quindi che la Corte, ritenendo che il decreto non contrastasse con norme di rango superiori, aveva sostanzialmente eluso il problema, che era quello del fondamento del potere esercitato con tale decreto.

Nel quesito a corredo del motivo si chiede a questa Corte di dire se una volta contrattualizzato l’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni rientri fra i poteri dell’Amministrazione datrice di lavoro stabilire forme particolari per i singoli atti di gestione del rapporto indipendentemente dall’attribuzione di un potere specifico da parte delle norme legislative o dell’autonomia collettiva.

Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè non sarebbero state esaminate le censure relative alla sussistenza dei presupposti di fatto sui quali si basava il provvedimento di autotutela (esistenza di un ricorso del controinteressato; violazione delle modalità di convocazione dei docenti individuati quali destinatari del contratto a tempo determinato);

all’interpretazione del D.M. 4 giugno 2001, n. 103; alla possibilità di autotutela nel pubblico impiego privatizzato.

Il sesto motivo denunzia violazione dell’art. 1325 c.c., n. 4, e art. 1362 c.c.. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

Si sostiene che la Corte sarebbe comunque incorsa in vizio di motivazione nella interpretazione del più volte richiamato D.M. 4 giugno 2001, n. 103, che per la convocazione dei docenti destinatari dei contratti a tempo determinato per periodi superiori a 30 giorni prevede quale modalità di convocazione il telegramma. Si sostiene inoltre che questa modalità non sarebbe prevista ad substantiam e che quindi la convocazione con modalità diverse non potrebbe determinare nullità della convocazione stessa, fatta nel caso di specie per telefono.

Si sostiene infine che sarebbe stato omesso l’esame di tale atto amministrativo e sarebbe stato comunque violato l’art. 1362 c.c., non essendosi tenuto conto del comportamento delle parti successivo alla sua emanazione, costante nel senso che, in casi analoghi, la convocazione non era stata mai fatta con telegramma.

Il settimo motivo denunzia violazione del D.L. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2 dell’art. 1372 c.c.. Omessa motivazione su un punto decisivo alla controversia.

Violazione dell’art. 18, comma 3 del C.C.N.L. del personale comparto scuola sottoscritto il 4 agosto 1995.

Si sostiene che nel rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, non è ammissibile che il datore di lavoro pubblico possa sciogliersi unilateralmente da un contratto non essendovi alcuna norma che gli attribuisca un siffatto potere.

Si sostiene inoltre che questo potere non troverebbe fondamento nella norma contrattuale collettiva (art. 18 del ccnl comparto scuola del 4 agosto 1995) che prevede il recesso unilaterale dal rapporto in caso di annullamento della procedura di reclutamento, perchè tale norma riguarderebbe il solo caso di assunzioni a tempo indeterminato.

Il quarto, quinto, sesto e settimo motivo possono essere trattati congiuntamente perchè connessi.

Va anzitutto messo in rilievo che sentenza impugnata dopo aver sinteticamente riassunto le censure nella parte narrativa della sentenza, nella motivazione ha specificamente trattato la questione della comunicazione dell’atto di avvio del procedimento affermando che “relativamente alle altre censure” le stesse non avrebbero potuto condurre alla riforma della sentenza di primo grado per la duplice ragione che l’avviso di affidamento dell’incarico alla P. non era stato effettuato mediante telegramma e perchè ad ogni modo l’incarico era nullo perchè conferito senza l’osservanza della graduatoria. Quindi non sussiste il vizio di omessa pronunzia denunziato con il quinto motivo perchè mediante il riferimento alle altre censure la Corte si è pronunziata anche su quelle che secondo la ricorrente non avrebbero trovato risposta.

Ciò premesso, va notato che la Corte ha fondato la propria decisione sul duplice rilievo del mancato rispetto delle forme previste per l’avviso di affidamento dell’incarico e della nullità dello stesso, per inosservanza dell’ordine di graduatoria.

Ora, nel contesto del lavoro privatizzato, nel quale gli atti di gestione del rapporto di lavoro sono adottati con i poteri e le capacità del privato datore di lavoro (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5), il comportamento dell’amministrazione che revoca un incarico sul presupposto che il suo conferimento sia nullo equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto da lui stipulato ritenendolo inefficace perchè affetto da nullità.

Quindi il settimo motivo è infondato perchè non si tratta di scioglimento unilaterale dal contratto ma di comportamento con il quale si fa, concludentemente, valere l’assenza di un vincolo contrattuale. La questione si sposta quindi sull’esistenza o no di tale vincolo, ma è agevole osservare che sul punto della nullità dell’incarico per mancato rispetto della graduatoria non vi è in sostanza nessuna effettiva censura, visto che il ricorso si muove, in tutti i suoi motivi, su un piano totalmente diverso.

Ne deriva che il quarto e il quinto motivo, concernenti, sotto vari aspetti, il profilo delle forme di comunicazione dell’incarico non hanno alcun rilievo perchè anche se fossero accolti la sentenza non potrebbe essere annullata, restando valida l’ulteriore ragione sulla quale essa si fonda. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, ma le particolarità della vicenda rendono opportuna la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

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