Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8324 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. III, 12/04/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 12/04/2011), n.8324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI M. Margherita – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2808-2009 proposto da:

B.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PRESSO LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso da se medesimo con studio in NAPOLI (80124) VIA ASCANIO 1;

– ricorrente –

contro

BANCA D’ITALIA, Istituto di diritto pubblico, in persona del suo

legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NAZIONALE 91, presso lo studio dell’avvocato

PROFETA VINCENZA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRISULLO ADRIANA giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

BANCA D’ITALIA – SEZIONE DI TESORERIA PROVINCIALE DELLO STATO – DI

NAPOLI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1696/2008 del TRIBUNALE di NAPOLI, Sezione

Civile 5^ bis, emessa e depositata il 18/02/2008 (R.G. 29150/06);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato VINCENZA PROFETA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 18 febbraio 2008 il Tribunale di Napoli ha dichiarato nulla la esecuzione iniziata con atto di pignoramento, eseguito il (OMISSIS) da G.B. ed opposta con citazione dell’11 agosto 2006 dalla Banca d’Italia.

IL tribunale, qualificata la opposizione come opposizione agli atti esecutivi, accoglieva la stessa in quanto la notifica del titolo esecutivo-ordinanza di assegnazione, eseguita unitamente all’atto di precetto, non era avvenuta nel rispetto del termine di cui al D.L. n. 669 del 1996, art. 14 in quanto la Banca d’Italia era istituto di diritto pubblico.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il B., affidandosi a tre motivi, corredati da quesiti.

Resiste con controricorso la Banca d’Italia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Osserva il Collegio che, come si evince dal ricorso nella sua stesura, la questione centrale che si pone è se il termine dilatorio di cui al D.L. n. 669 del 1996, art. 14 sia applicabile alla Banca di Italia, quale Servizio di tesoreria provinciale dello Stato, che, nel caso, ha assunto la veste di terzo pignorato.

Contrariamente a quanto assume il ricorrente con il primo motivo (omessa motivazione su un punto decisivo della controversia;

violazione e falsa applicazione del D.L. n. 669 del 1996, art. 14 conv. con modificazioni nella L. 28 febbraio 1997, n. 30 e successivamente modificato; violazione e falsa applicazione degli artt. 547 e 553 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 5) non corrisponde al vero che il giudice a quo abbia omesso di pronunciarsi sulla sua eccezione in virtù della quale il detto termine non sia applicabile al terzo pignorato.

Di vero, il Tribunale ha qualificato, seguendo giurisprudenza, laburistica e non f ora autorevolmente confermata da Cass. S.U. n. 20161/10, la Banca di Italia ente pubblico non economico (n. 10 sentenza citata, in motivazione), per poi affermare che detto termine è stato voluto dal legislatore “per avviare e portare a termine le procedure necessarie a dare esecuzione a provvedimenti giurisdizionali comportanti un obbligo di pagamento”.

La norma invocata dalla Banca di Italia non autorizza alcuna interpretazione intesa a distinguere tra i diversi provvedimenti giurisdizionali recanti l’obbligo di pagamento a carico delle istituzioni in essa menzionati.

Del resto, è giurisprudenza costante di questa Corte (Css. n. 3976/03), richiamata puntualmente dalla resistente, che l’ordinanza di assegnazione, in quanto provvedimento che chiude il processo esecutivo (Cass. n. 4507/06), ha efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo e produce una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, in virtù del quale il terzo-debitor debitoris – è tenuto ad eseguire le prestazioni di cui si è dichiarato debitore non più al proprio creditore, ma al creditore di questi.

Ne consegue che, rientrando tra i provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva l’obbligo di pagamento di somme di danaro si applica a favore della Banca resistente l’art. 14 citato.

Resta, quindi, assorbito il terzo motivo del ricorso, che, in estrema sintesi, intende disconoscere alla Banca la natura di ente pubblico non economico, in quanto la deduzione del ricorrente è, come, smentita da tutta la giurisprudenza laburistica e di diritto comune, puntualmente richiamata dalla resistente nel suo controricorso.

2.-Il secondo motivo con il quale, in sintesi, il ricorrente assume che la Banca di Italia, nella sua qualità di tesorerie della Agenzia delle entrate, come nella specie, sarebbe terzo rispetto alla P.A., per cui, in quanto tale, non potrebbe beneficiare del termine dilatorio anche perchè la ratio del procedimento di cui all’art. 14 sarebbe quello di evitare aggravi di spese inerenti alla procedura esecutiva e consentire alla P.A. di provvedere al pagamento spontaneo, previo approntamento dei mezzi necessari, è infondato.

Infatti con esso il ricorrente non spiega, ma lo afferma solo apoditticamente, per quale ragione la Banca d’Italia, nello svolgimento del suo compito (tra l’altro, istituzionale) di tesoriere provinciale dello Stato verrebbe a perdere la sua natura di ente pubblico non economico, mentre non è conferente il richiamo alla L. n. 720 del 1984.

Del resto, il quesito al riguardo non solo è multiplo, ma non investe la ratio decidendi della sentenza impugnata, che, ripetesi, è tutta fondata sulla applicabilità o meno a favore della Banca dell’art. 14, in quanto ente pubblico non economico, oggetto del pignoramento presso terzi.

Infine, sotto il profilo del difetto di motivazione manca, così come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. il momento di sintesi.

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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