Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8323 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. III, 12/04/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 12/04/2011), n.8323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CHIARINI M. Margherita – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2195-2009 proposto da:

G.J. nato a (OMISSIS), NATURAL MARBLE SRL, in

persona del legale rappresentante pro tempore dott. M.G.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato DORANGELA DI STEFANO,

rappresentati e difesi dall’avvocato BORGHESI DOMENICO il primo

giusta delega in atti e la seconda giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

EQUITALIA CERIT S.p.A., quale Agente della Riscossione, a seguito di

fusione per incorporazione di EQUITALIA GET SPA, in persona del suo

legale rappresentante, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PANAMA 68, presso lo studio dell’avvocato PUOTI GIOVANNI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CUCCHI BRUNO

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

EUROMARBLE SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di AREZZO, emesso e depositato

il 10/11/2008 (R.G. 2176/2008);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato DOMENICO BORGHESI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- In data 7 maggio 2008 veniva eseguito pignoramento mobiliare ad istanza di Equitalia Get S.p.A. – Gestione esattorie e tesorerie S.p.A., agente della riscossione per la provincia di Arezzo, ai danni di Euromarble s.r.l., quale debitore esecutato.

Con ricorso depositato il 29 maggio 2008 dinanzi al Tribunale di Arezzo la Naturai Marble s.r.l. ed il signor G.J. proponevano opposizione di terzo all’esecuzione, chiedendo accertarsi l’inesistenza del diritto di Equitalia Get S.p.A. di procedere ad esecuzione forzata sui beni pignorati, in quanto di proprietà del signor G. e concessi in locazione alla Naturai Marble S.p.A. e, per l’effetto, dichiararsi l’inefficacia del pignoramento.

2.- Il Tribunale di Arezzo, dopo aver sospeso l’esecuzione con decreto emesso inaudita altera parte, all’udienza del 22 ottobre 2008, instaurato il contraddittorio, riservava la decisione e con provvedimento del 10 novembre 2008, comunicato alle parti il 17 novembre 2008, revocava il decreto di sospensione e dichiarava inammissibile l’opposizione.

3.- Avverso quest’ultimo provvedimento propongono ricorso straordinario per cassazione la Naturai Marble s.r.l. ed il signor G.J., a mezzo di tre motivi. Resiste con controricorso Equitalia Cerit S.p.A., quale Agente della Riscossione, a seguito di fusione per incorporazione di Equitalia Get S.p.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità del provvedimento impugnato per violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 58 dell’art. 619 c.p.c. e dell’art. 616 c.p.c., nonchè dell’art. 180 e segg. c.p.c.. Sostengono i ricorrenti che il provvedimento impugnato avrebbe definito l’opposizione di terzo all’esecuzione senza disporre l’introduzione del giudizio di merito e dare corso all’istruzione, in contrasto con quanto prevedono le norme richiamate in tema di giudizio di opposizione. Quanto a queste ultime, i ricorrenti richiamano il disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 58 che rende applicabile all’opposizione di terzo all’esecuzione esattoriale la disciplina dettata dall’art. 619 c.p.c. Aggiungono che, secondo il sistema delineato da tale ultima norma e dall’art. 616 c.p.c., i giudizi di opposizione si articolano in due fasi, di cui una dinanzi al giudice dell’esecuzione e l’altra dinanzi al giudice della cognizione sull’opposizione, regolate rispettivamente dall’ art. 185 disp. att. c.p.c. e dall’art. 183 e segg. c.p.c.. Sostengono, quindi, i ricorrenti che il provvedimento impugnato sarebbe nullo perchè non contiene soltanto, come avrebbe dovuto, la conferma, modifica o revoca del decreto emesso inaudita altera parte, ma anche la statuizione di inammissibilità dell’opposizione di terzo all’esecuzione esattoriale.

In merito all’ammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione, i ricorrenti, dopo aver rilevato che la sentenza pronunciata ai sensi degli artt. 619 e 616 c.p.c., dopo la modifica apportata a tale ultima norma con la L. n. 52 del 2006 (applicabile al caso di specie ratione temporis) non è impugnabile, sostengono che l’ordinanza impugnata avrebbe natura di sentenza, in quanto a carattere decisorio e definitivo, e quindi sarebbe ricorribile per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost..

1.1.- L’assunto dei ricorrenti secondo cui l’ordinanza impugnata avrebbe natura di sentenza in senso sostanziale non può essere condiviso e, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di cui appresso.

Il tenore dell’ordinanza è il seguente: “Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 22 ottobre 2008 … omissis …

revoca la sospensione dell’esecuzione mobiliare odiernamente opposta, disposta inaudita altera parte, con decreto reso in data 5 giugno 2008 e depositato in Cancelleria il 9 giugno 2008; dichiara l’inammissibilità dell’opposizione proposta dalla Società Naturai Marble s.r.l. e dal sig. G.J.; manda alla Cancelleria per le tempestive e rituali comunicazioni alle parti”.

1.2.- Orbene, in primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il provvedimento impugnato non è affatto, in sè, definitivo per non essere previsto altro mezzo di riesame. In quanto emesso a conclusione del procedimento ex artt. 624 e 625 c.p.c. ed essendo un'”ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione”, esso sarebbe stato reclamabile ex art. 624 c.p.c., comma 2 ed in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. ben avrebbe potuto essere chiesto il riesame delle ragioni che avevano determinato la revoca della sospensione, espresse per esteso nella motivazione e sintetizzate nel dispositivo di declaratoria di inammissibilità dell’opposizione di terzo all’esecuzione esattoriale.

Quanto, poi, alla natura cautelare del provvedimento in discorso e, quindi, al carattere non decisorio, che comportano l’inammissibilità del ricorso straordinario ex art. 111 Cost., è sufficiente richiamare il principio di diritto più volte espresso da questa Corte per il quale “il provvedimento con cui, in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ. ed in forza dell’art. 624 c.p.c., comma 2, come sostituito dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, lett. e) convertito con modificazioni nella L. n. 80 del 2005, e modificato dalla L. n. 52 del 2006, art. 18 il tribunale disponga la revoca di un’ordinanza di sospensione dell’esecuzione, ha natura cautelare e provvisoria ed è, per tale ragione, privo di natura definitiva e decisoria ; esso è, quindi, insuscettibile di ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., che l’ultimo inciso del nuovo art. 616 cod. proc. civ. (anteriormente alla sua soppressione per effetto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, comma 2) ammetteva implicitamente (sancendo la non impugnabilità della sentenza) soltanto avverso la sentenza che chiude il giudizio di opposizione all’esecuzione. Pertanto, nemmeno la circostanza che con esso sia stata disposta la condanna alle spese vale ad attribuire al detto provvedimento carattere di decisorietà e di definitività ai fini dell’esperimento del citato ricorso straordinario, neppure limitatamente alla statuizione sulle spese” (così Cass. n. 6680/2008, n. 17266/09).

1.3.- Con riguardo alla doglianza dei ricorrenti secondo cui sarebbe stato loro precluso l’accesso alla tutela a cognizione piena si osserva quanto segue.

Per come riconosciuto anche dai ricorrenti, il giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione è soggetto alla disciplina di cui all’art. 619 c.p.c. nel testo sostituito, con decorrenza dal 1 marzo 2006, dalla L. n. 52 del 2006. Questa norma prevede, al terzo comma, che all’udienza fissata con il decreto di cui al secondo comma, in caso di mancato accordo tra le parti, il giudice provvede ai sensi dell’art. 616, tenuto conto della competenza per valore:

vale a dire, se l’ufficio giudiziario al quale appartiene è competente per la causa di merito sull’opposizione, come nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163-bis c.p.c., o altri se previsti, ridotti della metà. La causa è decisa con sentenza non impugnabile. La norma va letta in combinato disposto con l’art. 624 c.p.c., che disciplina l’ipotesi in cui con l’opposizione sia stata chiesta la sospensione del processo esecutivo, prevedendo che sia il giudice dell’esecuzione, seguendo il procedimento dettato dall’art. 625 c.p.c., a provvedere sulla relativa istanza.

Il sistema di norme modificate dalla L. n. 52 del 2006 ha innovato rispetto al regime precedente, secondo il quale era lo stesso giudice dell’esecuzione che all’udienza disponeva la prosecuzione del giudizio (relativo all’opposizione all’esecuzione) con le forme della cognizione ordinaria. Le nuove norme hanno escluso l’automatismo della prosecuzione con la cognizione piena; il giudice dell’esecuzione, dopo avere provveduto sull’istanza di sospensione, si limita a fissare un termine per l’introduzione della causa di merito ed è quindi rimesso all’iniziativa della parte interessata l’effettivo inizio di tale giudizio nel termine fissato.

Il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito di un procedimento in tutto e per tutto conforme alle previsioni normative degli artt. 624 e 625 c.p.c., quanto al decreto di sospensione emesso inaudita altera parte ed alla sua revoca dopo l’instaurazione del contraddittorio; ma anche conforme alle previsioni dell’art. 185 disp. att. c.p.c., quanto al rito seguito dinanzi al giudice dell’esecuzione ed alla sua conclusione con un provvedimento avente la forma dell’ordinanza. Tale ordinanza, che ha deciso sulla sospensione, ha omesso di fissare il termine perentorio previsto per l’introduzione del giudizio di merito a cognizione piena.

Il provvedimento di fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito, concretandosi in una autorizzazione (peraltro dovuta ex lege) all’introduzione del giudizio di merito siccome ricollegato alla precedente fase sommaria e diretto anche alla discussione sugli eventuali provvedimenti sommari adottati in quella fase, si connota come provvedimento lato sensu istruttorie, cioè sull’ordine del procedimento (così Cass. ord. n. 20532/2009 e n. 15630/2010). Il vizio del provvedimento consistente nell’omessa concessione del termine in parola trova un rimedio nell’ordinamento, precisamente nell’art. 289 c.p.c., secondo il cui comma 1 i provvedimenti istruttori che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati su istanza di parte o d’ufficio, entro il termine perentorio di sei mesi dall’udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte.

I ricorrenti, dunque, avrebbero dovuto chiedere al giudice dell’esecuzione di integrare il provvedimento ai sensi dell’art. 289 c.p.c. e non, sull’assunto della sua qualificazione come sentenza in senso sostanziale di definizione del giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione, ricorrere per cassazione. Peraltro, in fattispecie quale quella oggetto della presente decisione, il ricorso al rimedio dell’art. 289 c.p.c. non è neppure obbligato, dal momento che gli stessi ricorrenti, anche a prescindere dalla formulazione di un’istanza ai sensi dell’art. 289 c.p.c., avrebbero potuto iscrivere la causa di opposizione al ruolo contenzioso (cfr. Cass. ord. n. 20532/2009 cit.), rilevando il termine, al fine di rendere improcedibile l’opposizione in caso di suo mancato rispetto od al diverso e contrapposto fine dell’art. 624 c.p.c., comma 3, soltanto se concesso e non anche se non fissato dal giudice dell’esecuzione.

Per di più, è da ritenere che, essendo il provvedimento reclamabile, la parte che intenda avvalersi di tale rimedio, per essere stata soccombente nella prima fase del procedimento ex artt. 624 e 625 c.p.c. (come accaduto nel caso di specie), possa dedurre, quale ulteriore motivo di reclamo, la mancata fissazione del termine per l’inizio del giudizio di merito; quindi, ulteriore rimedio a tale vizio del provvedimento emesso nella prima fase dinanzi al giudice dell’esecuzione può essere fornito dal corrispondente provvedimento adottato dal collegio in sede di reclamo.

2.- La ritenuta inammissibilità del ricorso è causa assorbente della trattazione degli ulteriori due motivi, attinenti al merito della decisione impugnata.

3.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in favore della resistente in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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