Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 832 del 16/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 832 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 15043-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti contro
ZITO VINCENZO;
– intimato avverso la sentenza n. 69/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di PALERMO del 14/12/2009, depositata il
02/05/2011;

Data pubblicazione: 16/01/2014

I.

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
è presente il P.G. in persona del Dott. ENNIO ATTILIO SEPE.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
« L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il sig. Vincenzo Zito per la cassazione della
sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, riformando la sentenza
di primo grado, ha dichiarato illegittimo il diniego opposto dall’Ufficio ad una richiesta di
condono avanzata dal contribuente ai sensi dell’articolo 9 bis 1. 289/02, in relazione alla
quale era stato omesso il tempestivo ed integrale pagamento di tutte le rate.
La Commissione Tributaria Regionale ha motivato la propria decisione sull’assunto che il
mancato o tardivo versamento delle rate successive alla prima non impedirebbe il
perfezionamento della sanatoria.
L’Agenzia delle Entrate deduce il vizio di violazione di legge ex art. 360 n. 3 cpc, e assume
che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe violato l’ articolo 9 bis 1. 289/02 nel
ritenere che gli effetti del condono previsto da tale disposizione si producano anche nel caso di
carente o intempestivo versamento delle somme complessivamente dovute per il
perfezionamento del condono.
Il contribuente non è costituito.
Il ricorso appare fondato, perché la tesi giuridica seguita nella sentenza gravata si pone in
contrasto con l’ insegnamento questa Corte (sent. 20745/10, sent. 17396/10, in motivazione,
ord. 17600/11) secondo cui il condono previsto all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002 relativo alla possibilità che gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute
emergenti dalle dichiarazioni presentate vengano definiti mediante il solo pagamento
dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e
sanzioni – costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale (come, invece deve

cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali
attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da
effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario); con la conseguenza che,
nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione ex art. 36
bis d.P.R. n. 600 del 1973 in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato
nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma,
con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale e tempestivo
pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente
solo se è integrale e tempestivo per tutte le rate; da ultimo, Cass. 19546/11 “In tema di
condono fiscale, in assenza di disposizioni quali quelle di cui agli artt. 8, 9, 15 e 16 della

n/ I
Ric. 2012 n. 15043 sez. MT – ud. 27-11-2013
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legge 27 dicembre 2002, n. 289 – che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate
anche senza adempimento integrale insuscettibili di applicazione analogica, perché connesse
a norme di tipo eccezionale, nell’ipotesi prevista dall’art. 9 bis della legge citata la non
applicazione delle sanzioni si verifica solo se si provvede al pagamento (in un’unica soluzione
o in modo rateale) delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con
la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione

anticipata” .
In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con
la declaratoria di manifesta fondatezza del ricorso e la cassazione della sentenza gravata, con
decisione di merito ex art. 384 cpc di rigetto del ricorso del contribuente.»

che il contribuente non si è costituito;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla
ricorrente;
che non sono state depositate memorie difensive;
che il Collegio condivide le argomentazioni esposte nella relazione;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va accolto e la
sentenza gravata va cassata;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese si compensano per le fasi di merito e seguono la soccombenza per il
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; compensa le spese
delle fasi di merito e condanna il contribuente a rifondere all’Agenzia delle
entrate le spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 2.000 per onorari,
oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2013.

diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione

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