Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8319 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. un., 08/04/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 08/04/2010), n.8319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. PAPA Enrico – Presidente di sezione –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio degli avvocati TUOZZI

ADA, CERASA ETTORE MARIA, che lo rappresentano e difendono, per

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro-

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 64/2008 della CORTE CONTI – Seconda sezione

giurisdizionale centrale di appello ROMA, depositata il 12/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2010 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

uditi gli avvocati Ettore Maria CERASA, Giovanni PALATIELLO

dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso (difetto

giurisdizione della Corte dei Conti).

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. A.G. già in servizio presso la Cassa per il Mezzogiorno, poi Agensud e, soppresso tale Ente, inquadrato del 1993 nei ruoli del Ministero per le attività produttive, fu collocato in pensione il primo aprile 1994. La pensione gli fu liquidata con la ricongiunzione gratuita del servizio prestato presso la Agensud, ed il decreto di liquidazione fu impugnato dall’interessato davanti alla Corte dei Conti, lamentando che, come base di liquidazione della pensione, fosse stata presa in considerazione l’ultima retribuzione nella misura percepita dai dipendenti statali dello stesso livello, non tenendo conto però che coloro che provenivano dalla Agensud avevano mantenuto il medesimo trattamento stipendiale erogato presso l’Ente soppresso, mediante la corresponsione di un assegno pensionabile e riassorbibile; lamentava inoltre che, ai fini del calcolo della quota B di pensione, l’Amministrazione avesse “mediato” una sola mensilità del trattamento in godimento, con altre sei mensilità del minore trattamento ministeriale.

Detto ricorso venne accolto con sentenza n. 1146 del 2006, in cui si riconosceva all’interessato il diritto al trattamento pensionistico calcolato sulla base dello stipendio percepito presso l’Agensud.

Su appello dell’Amministrazione – la quale eccepiva il difetto di giurisdizione perchè le pretese fatte valere riguardavano questioni relative al trattamento economico attribuito all’atto del passaggio nei ruoli statali, appartenenti alla giurisdizione del giudice del rapporto di lavoro, e quindi al Tar, cui peraltro il medesimo ricorrente aveva già fatto ricorso – la Corte dei Conti, Sezione seconda giurisdizionale d’appello, con la sentenza in epigrafe indicata del 12 febbraio 2008, riformava la statuizione, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione. La Corte, esaminando la questione di giurisdizione, affermava che il contrasto tra le parti si appuntava sulla interpretazione del D.L. n. 95 del 1994, art. 7, comma 5, ritenuto da entrambi i contendenti come la fonte regolatrice, e cioè su uno dei parametri per la determinazione dell’assegno pensionabile e assorbibile, giacchè, secondo l’Amministrazione, questo doveva quantificarsi sulla base della retribuzione iniziale prevista per la qualifica di provenienza, incrementata dalla anzianità maturata fino all’immissione nei ruoli statali, mentre, per l’interessato, doveva essere pari alla differenza tra la retribuzione da ultimo goduta presso l’Agensud e quella spettante presso il Ministero. Si trattava dunque, soggiungeva la Corte, di determinare il trattamento economico pertinente al rapporto di impiego, sia pure al fine di farne derivare la determinazione della pensione. La questione investiva quindi aspetti dello status di soggetto in attività di servizio, quali elementi del sinallagma tra retribuzione e prestazione lavorativa, rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Avverso detta sentenza l’ A. propone ricorso, illustrato da memoria, lamentando che la Corte dei Conti abbia negato la sua giurisdizione.

Il Ministero dello Sviluppo Economico resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato, dovendo dichiararsi la giurisdizione della Corte dei Conti.

La giurisprudenza costante di queste Sezioni unite afferma (tra le tante Cass. 14 giugno 2005 n. 12722 e, di recente n. 18076 del 7 agosto 2009) che la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensioni (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62) ha carattere esclusivo, in quanto affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, onde in essa sono comprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del petitum sostanziale, come quando sia comunque in questione la misura della prestazione previdenziale. In tali controversie la Corte dei Conti ha il potere-dovere di delibare gli atti amministrativi intervenuti nel precedente rapporto di impiego, relativi allo status del dipendente ed al suo trattamento economico, al fine di dedurne l’incidenza sul trattamento di quiescenza, pur non potendo conoscerne la legittimità neppure in via incidentale, essendo la relativa questione appartenente alla giurisdizione del rapporto di impiego.

La giurisdizione della Corte dei conti infatti ha natura dichiarativa poichè tende all’accertamento del diritto a pensione nella misura di legge, mentre il provvedimento determinativo del trattamento economico – che l’ente pubblico datore di lavoro deve necessariamente comunicare all’ente previdenziale – viene valutato solo agli effetti della liquidazione della pensione e non viene impugnato in quanto tale, essendo degradato a mero presupposto processuale, all’unico scopo di accertare il diritto soggettivo a pensione nella sua esatta misura, con esclusione di pronunce a carattere caducatorio o annullatorio, estranee al potere ascrivibile alla Corte dei conti.

Non si tratta dunque, nel giudizio pensionistico innanzi alla Corte dei conti, di esaminare neppure in via incidentale la legittimità di provvedimenti amministrativi definitivi riguardanti lo stato giuridico ed economico dell’impiegato e quindi relativi al rapporto di pubblico impiego, ancorchè di questo costituiscano l’atto finale ed il presupposto indispensabile per la liquidazione della pensione.

Alla stregua ditale criterio, si deve osservare che la domanda introduttiva del giudizio di merito non concerneva in alcun modo la misura del trattamento retributivo spettante in sinallagma con il rapporto di pubblico impiego, peraltro cessato in epoca remota, essendo specificamente diretta alle differenze del trattamento pensionistico da erogare, facendosi questione della misura dell’assegno pensionabile e assorbibile, di cui al D.L. n. 95 del 1994, art. 7, comma 5 e cioè se questo dovesse determinarsi, come sosteneva l’Amministrazione, sulla base della retribuzione iniziale prevista per la qualifica di provenienza, incrementata dalla anzianità maturata fino all’immissione nei ruoli statali, oppure, come sosteneva l’interessato, doveva essere pari alla differenza tra la retribuzione da ultimo goduta presso l’Agensud e quella spettante presso il Ministero.

La situazione giuridica soggettiva fatta valere riguardava dunque esclusivamente la prestazione pensionistica e non poteva essere riferita, ai fini della individuazione della causa petendi, al rapporto di lavoro dell’attuale ricorrente, posto che le differenze retributive in questione erano destinate ad incidere esclusivamente sulla misura del trattamento di pensione e non sul trattamento economico relativo a detto rapporto e dovuto dal datore di lavoro.

Il fatto poi che sia stato chiamato in giudizio, non già l’ente previdenziale deputato alla erogazione del trattamento pensionistico, ma lo stesso Ministero datore di lavoro, non vale a mutare i termini della controversia, trattandosi di questione che esula dalla giurisdizione.

Va quindi affermato il principio per cui “La Corte dei conti, in sede di giurisdizione esclusiva sui provvedimenti inerenti al diritto, alla misura ed alla decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti (nonchè degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante), ha il potere-dovere di delibare gli atti amministrativi intervenuti nel pregresso rapporto d’impiego, inerenti allo “status” del dipendente ed al suo trattamento economico, al solo fine di stabilirne la rilevanza sul trattamento di quiescenza, senza con ciò invadere la giurisdizione del giudice competente a conoscere della misura del trattamento economico spettante in sinallagma con il rapporto di lavoro”.

La sentenza impugnata va quindi cassata, dichiarandosi la giurisdizione della Corte dei Conti e rimettendo la causa alla medesima Corte, Sezione giurisdizionale centrale d’appello.

Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata dichiarando la giurisdizione della Corte dei Conti e rimettendo la causa alla medesima Corte, sezione giurisdizionale centrale d’appello;

condanna il Ministero dello Sviluppo economico al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro tremila per onorari ed in Euro duecento per spese.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

 

 

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