Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8316 del 29/04/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/04/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 29/04/2020), n.8316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35667-2018 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALDINIEVOLE 11,

presso lo studio dell’avvocato FERRARI MORANDI ESTER, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, CIACCI PATRIZIA, MASSA MANUELA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 982/2018 del TRIBUNALE di VELLETRI, depositata

il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

il Tribunale di Velletri rigettava il ricorso proposto ex art. 445-bis c.p.c., comma 6, e condannava la ricorrente, F.S., al pagamento delle spese di lite, ponendo anche a suo carico le spese della consulenza tecnica d’ufficio;

a fondamento della statuizione sulle spese, argomentava come mancasse una dichiarazione sottoscritta con “l’indicazione dei redditi familiari “;

per la cassazione della pronuncia, ha proposto ricorso F.S.;

l’INPS ha depositato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c.; la parte ricorrente riferisce che nelle conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio per ATPO e del giudizio di opposizione era presente la dichiarazione prevista dalla richiamata disposizione e, inoltre, che negli atti risultava depositata la dichiarazione sostitutiva di certificazione, con la quale attestava “di non possedere redditi personali e di non svolgere attività lavorativa”; con la medesima certificazione dichiarava altresì: “Rientra (nell’) L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11.. Comunicherà variazioni”. Assume l’idoneità della dichiarazione e deduce che non è necessario precisare il quantum del reddito percepito;

il motivo è, in primo luogo,ammissibile, risultando assolte le prescrizioni desumibili dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4: il contenuto essenziale delle dichiarazioni ivi valorizzate è riprodotto nel ricorso e ne è indicata la collocazione processuale;

nel merito, esso è fondato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte cha ha stabilito (v. Cass. n. 24303 del 2016; Cass., VI, n. 16616 del 2018; n. 23424 del 2018) che l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv., con modif., dalla L. n. 326 del 2003, e risultante dall’aggiunta operata dalla L. n. 69 del 2009, art. 52, comma 6, stante il richiamo limitato ai commi 2 e 3, con esclusione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, che disciplina il contenuto dell’istanza per il gratuito patrocinio, non impone alla parte ricorrente l’indicazione specifica dell’entità del reddito nella prescritta dichiarazione sostitutiva, in un’ottica di semplificazione delle condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale, coerente con la “ratio” ispiratrice della disciplina di favorire l’effettivo accesso alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti, benchè diretta ad evitare e punire gli abusi;

è stato, inoltre, chiarito che la disposizione va interpretata nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, cosicchè va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo (v. Cass. n.16616 del 2018; Cass. n. 16284 del 2011).

a tanto consegue l’Idoneità della dichiarazione in atti a determinare, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., l’esonero dalle spese di lite;

la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in relazione alla statuizione sulle spese;

non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito; vanno, di conseguenza, dichiarate non dovute le spese del procedimento davanti al Tribunale e la parte ricorrente va esonerata anche dal pagamento delle spese di C.T.U., che vanno poste a carico dell’Inps.;

le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, sono regolate secondo soccombenza e vanno distratte in favore del difensore in virtù della dichiarata anticipazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le spese processuali del giudizio dinanzi al Tribunale e pone a carico dell’Inps quelle di C.T.U..

Condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Ferrari Morandi Ester.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2020

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