Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8314 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. un., 08/04/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 08/04/2010), n.8314

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. PAPA Enrico – Presidente di sezione –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5342/2009 proposto da:

ELETTRONICA SCALVINA S.R.L. ((OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE FLAMINIO 60, presso lo studio dell’avvocato LONGO

Ruggero, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GELMINI

MASSIMO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE LOMBARDIA ((OMISSIS)), in persona del Presidente della

Giunta regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BONCOMPAGNI 71-C, presso lo studio dell’avvocato POMPA Giuliano, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CEDERLE MARCO, per

delega a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 211/2008 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 30/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

02/03/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;

udito l’Avvocato Giuliano POMPA;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso

principale; cassazione senza rinvio del solo capo della giurisdizione

tributaria; rigetto del ricorso incidentale.

 

Fatto

La Elettronica Scalvina s.r.l., proprietaria di un capannone industriale con annesso piazzale, parzialmente realizzati sull’alveo del Torrente (OMISSIS), mediante copertura di mq 382 (di cui 320 con sovrastante porzione di edificio), ha impugnato, dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, il provvedimento, in data 29 ottobre 2007, con il quale l’amministrazione regionale competente confermava la quantificazione del canone dovuto per la copertura (tombinatura) dell’alveo, secondo quanto previsto dalla precedente relativa deliberazione della Giunta Regionale, con aggiunta dell’imposta regionale corrispondente all’ammontare del canone.

La società ha eccepito in vizio di eccesso di potere, deducendo che l’esborso complessivo richiesto (canone più imposta) era irrazionalmente superiore al canone richiesto sul mercato per la locazione di immobili realizzati con investimento di capitali di terzi; tanto che nel quinquennio veniva a pagare un prezzo pari al valore dell’immobile realizzato sull’area demaniale.

L’amministrazione regionale, a sua volta, ha eccepito che il ricorso era doppiamente tardivo perchè l’impugnazione doveva avere ad oggetto la delibera regionale presupposta o, tutt’al più, una precedente comunicazione rispetto alla quale l’atto impugnato aveva mero valore confermativo.

Il TSAP ha respinto il ricorso nel merito, in relazione alle doglianze relative alla legittimità dell’ammontare del canone richiesto, mentre ha dichiarato inammissibile il ricorso, per difetto di giurisdizione, nella parte in cui era riferito all’imposta che si accompagna al canone.

La società ricorre per la cassazione della sentenza del TSAP, meglio in epigrafe specificata, sulla base di due motivi. La regione Lombardia resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale, cui resiste la ricorrente principale.

Diritto

Preliminarmente, i ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Nel merito, il ricorso incidentale, con il quale viene riproposta l’eccezione di tardività del ricorso introduttivo, che andrebbe esaminata in via pregiudiziale, è inammissibile per la genericità della formulazione del quesito di diritto con il quale si chiede di sapere “se l’avviso di accertamento (quale atto deve intendersi come avviso di accertamento e perchè?) contenente la semplice determinazione quantitativa degli importi (nel senso che sia privo di motivazione?) possa essere impugnato in relazione a criteri di calcolo già contenuti in un provvedimento di carattere generale (provvedimento adottato da quale organo e adottato in base a quale procedura?) divenuto ormai inoppugnabile conclusione giuridica non motivata”. Peraltro, in linea di principio, “L’atto applicativo non fa sorgere retroattivamente l’interesse ad impugnare l’atto presupposto a contenuto normativo, cioè astratto e generale, atteso che l’atto applicativo, traducendo l’astrattezza dell’atto normativo in una concreta lesione, incidente su una singola posizione soggettiva, fa sorgere in capo alla parte l’interesse ad impugnare il medesimo atto applicativo, ma non già, ora per allora, l’atto presupposto il quale, se aveva contenuto normativo e come tale non era idoneo ad incidere in modo diretto ed immediato su singole posizioni soggettive, non muta natura e rimane tale” (Cass. 9551/1997). Quindi, al quesito genericamente posto, se fosse stato ammissibile, avrebbe avuto comunque risposta negativa.

Anche il ricorso principale non può trovare accoglimento. Con il primo motivo viene denunciata la insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo, in quanto erroneamente il TSAP ha ritenuto legittimo il provvedimento impugnato, in quanto non sarebbe affetto da “macroscopica irrazionalità”, mentre invece, secondo la ricorrente, basterebbe la mera irrazionalità, anche non macroscopica, per rendere illegittimo il provvedimento stesso. A parte la difficoltà di distinguere, sul piano sostanziale, la macroscopica irrazionalità dalla mera irrazionalità (distinzione che attiene soltanto alla evidenza dell’errore e non al grado della incongruenza logica), nella specie il TSAP dopo avere affermato, in linea di principio, che manca una macroscopica irrazionalità, ha escluso implicitamente ogni forma di irrazionalità, perchè ha giustificato il maggior onere finanziario (rispetto al mercato degli immobili costruiti su suolo privato) gravante sulla società, in base della specifica redditività dell’immobile in questione e al carattere disincentivante che devono avere i canoni in questione.

Quindi, il Tribunale ha dato una. congrua giustificazione alla propria decisione.

Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè il TSAP ha rimesso dinanzi alla CTP competente la controversia relativa all’imposta collegata al pagamento del canone, che invece non sarebbe stata oggetto di ricorso. In altri termini, la società assume di non aver impugnato il provvedimento nella parte che liquida l’imposta. In realtà, il vincolo di consequenzialità dell’imposta rispetto al canone fa si che l’impugnazione di questo implichi anche l’impugnazione del tributo. Ma la censura è, innanzitutto, inammissibile per carenza di interesse: se è vero che la società non ha inteso impugnare anche la liquidazione dell’imposta, il TSAP avrebbe riconosciuto alla società stessa un diritto in più (quello di contestare dinanzi al giudice tributario l’ammontare dell’imposta) rispetto a quanto richiesto, libera poi la società di non riassumere la causa dinanzi al giudice competente. A parte la considerazione che il difetto di giurisdizione poteva legittimamente essere rilevato di ufficio dal giudice (art. 37 c.p.c.).

Conseguentemente, entrambi i ricorsi vanno rigettati e le spese vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

 

 

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