Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8310 del 08/04/2010

Cassazione civile sez. un., 08/04/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 08/04/2010), n.8310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11999/2009 proposto da:

F.P. ((OMISSIS)), F.O.

((OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato PALERMO Gianfranco, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LO GIUDICE

VITTORINO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA (OMISSIS) CALTAGIRONE ((OMISSIS)), in persona

del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CIPRO 77, presso lo studio dell’avvocato RUSSILLO GERARDO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FINOCCHIARO Santo, per delega a

margine del controricorso;

ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona

dell’Assessore Regionale pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA (OMISSIS) CATANIA ((OMISSIS)), in persona

del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PORTUENSE 104, presso DE ANGELIS ANTONIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato CARIOLA AGATINO, per delega a margine del controricorso

e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 44/2009 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 23/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/01/2010 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

uditi gli avvocati Vittorino LO GIUDICE, Marina RUSSO dell’Avvocatura

Generale dello Stato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIVETTI Marco, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto di

entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso 4.5.2000 A.A. e A.M. convenivano innanzi al Tribunale Regionale della Acque Pubbliche di Palermo l’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana esponendo che il convenuto aveva occupato, per l’esecuzione di opere di rimboschimento, parte dei loro fondi siti in Agro di (OMISSIS), e che, solo per alcune particelle, era stata effettuata procedura espropriativa. Chiedevano quindi la condanna del convenuto alla restituzione degli immobili occupati, oltre interessi e rivalutazione. Venivano inoltre chiamati in causa il Consorzio di Bonifica (OMISSIS) di Catania e il Consorzio di Bonifica (OMISSIS) di Caltagirone.

Il Tribunale Regionale adito, con sentenza n. 180/2006, in accoglimento per quanto di ragione alla domanda, condannava suddetto Assessorato alla restituzione dei terreni in favore degli attori espropriati illegittimamente e la rigettava nei riguardi dei menzionati Consorzi di Bonifica per difetto di legittimazione passiva degli stessi. Affermavano in particolare i giudici di primo grado che la legittimazione passiva spettava esclusivamente all’Assessorato per avvenuta usucapione, e non essendo stata provata l’interversione nel possesso; inoltre che neanche era stato provato che sui terreni non espropriati erano state realizzate opere di trasformazione che avessero determinato un bene strutturalmente e fisicamente nuovo o avessero imposto un vincolo di scopo, che preludessero il ripristino dello stato anteriore.

Proponeva appello l’Assessorato e il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, costituitisi F.O. e F.P. (nei cui confronti era stato integrato il contraddittorio, quali eredi di A.A. e A.M.), nonchè i Consorzi di Bonifica n. (OMISSIS) di Catania e n. (OMISSIS) di Caltagirone (chiedendo confermarsi il loro difetto di legittimazione passiva), con sentenza n. 44 del 2009, sulla base dell’interpretazione del R.D.L. n. 3267 del 1923, artt. 50 e 53 e sul presupposto che i terreni risaldati e rimboschiti non erano stati ancora riconsegnati ai proprietari (donde la permanenza della legittimità dell’occupazione da parte dell’appellante), riformava la sentenza impugnata e, per l’effetto, rigettava le domanda restitutorie di F.O. e F. P. dichiarando l’inammissibilità della loro domanda relativa all’indennità di occupazione e compensando integralmente le spese dell’intero giudizio tra tutte le parti (considerandosi, altresì che nessuna domanda era stata proposta in grado di appello nei riguardi dei suddetti Consorzi di Bonifica).

Ricorrono per cassazione, in via principale, F.P. e F. O., con quattro motivi, e relativi quesiti di diritto;

resistono con controricorso il Consorzio di Bonifica (OMISSIS) di Caltagirone e l’Assessorato Agricolture e Foreste della Regione Sicilia nonchè il Consorzio di Bonifica (OMISSIS) di Catania che, a sua volta, propone ricorso incidentale fondato su due motivi, e relativi quesiti di diritto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale:

con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per omessa sottoscrizione di tutti i giudici che l’hanno pronunziata ex art. 360 c.p.c., n. 9, per come richiamato dall’art. 361 c.p.c., n. 2, ai sensi dell’art. 517 c.p.c. del 1865 del Regno d’Italia, n. 2 qualora reputato parzialmente applicabile nella materia. A norma dell’art. 360 c.p.c., n. 9 del 1865 la sentenza deve, infatti, essere sottoscritta da tutti i compenti il Collegio, per come richiamato dal successivo art. 361 c.p.c., n. 2 ed ai sensi dell’art. 517 codice del 1865, n. 2.

Nel caso in esame la sentenza risulta firmata solo dall’estensore e dal presidente.

Con il secondo motivo si deduce: vizio di motivazione contenente disposizioni contraddittorie ex art. 517 c.p.c. del 1865 del Regno d’Italia, n. 7, qualora applicabile, ovvero, vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto ed elemento decisivo per il giudizio ex art. 132 c.p.c., n. 4, del 16.3.1942 e successive modifiche, stante la mera apparenza della motivazione ed ex art. 111 Cost..

Con il terzo motivo si deduce violazione degli art. 112 c.p.c., art. 2697 c.c., ex art. 360 c.p.c. ed art. 111 Cost.. Nullità della sentenza ed errores in procedendo della sentenza impugnata per essersi sostituita al difensore per integrare le plurime omissioni processuali in cui la stessa parte è incorsa e per aver pronunziato e fondato la propria decisione in violazione dell’art. 2697 c.c.;

nonchè violazione degli art. 112 e 115 c.p.c., art. 2697 c.c., ex art. 360 c.p.c. ed art. 111 Cost.. Attribuzione dell’onere della prova ad una parte diversa da quella che era gravata; nonchè violazione dei principi processuali e degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., erroneo apprezzamento delle risultanze istruttorie ex art. 360 c.p.c., n. 5 ed art. 111 Cost.; violazione dei processi processuali e degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell’art. 2730 e 2732 c.c. e art. 2697 c.c., erroneo apprezzamento delle risultanze istruttorie ex art. 360 c.p.c., n. 5 ed art. 111 Cost..

In particolare si afferma che il Tribunale Sup. delle Acque Pub. di Roma, è intervenuto nella dinamica processuale e si è sostituito ad una delle parti ed ha integrato le deduzioni difensive della Regione, ha dato per acquisite delle prove inesistenti, ovvero, ha dedotto che non sarebbe stata data la prova contraria (ad una presunta prova diretta, invece, inesistente e mai fornita) ed il tutto, in danno dei proprietari che da oltre 52 anni sono stati spogliati e privati del godimento del proprio immobile in assenza di ogni minimo provvedimento amministrativo.

Con il quarto motivo si deduce violazione del regio decreto 30/12/1923 n. 3276, art. 17 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 42 Cost., ex art. 360 c.p.c., n. 3. Al fine di rendere legittima l’occupazione temporanea, ovvero ai fini espropriativi, è necessario che la stessa sia regolarmente disposta, che vengano deliberate le opere da eseguire, che le stesse vengano eseguite, poi collaudate ed infine, qualora possibile, restituendo l’immobile ai proprietari, ovvero disponendo l’espropriazione definitiva.

Nel caso, nessuna delle procedure sopra indicate è stata nè avviata, nè attuata per le porzioni in oggetto, ovvero non è mai stato dedotto e non è mai stato, quindi, provato.

Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c., deducendo che la sentenza impugnata non ha disposto la condanna della regione a spese e compensi del giudizio di primo e secondo grado.

Ricorso incidentale:

con il primo motivo si deduce erroneità e illegittimità della sentenza TSAP n. 44 del 2009 ai sensi dell’art. 36 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione all’art. 112 c.p.c., nonchè per violazione dell’art. 111 Cost..

La sentenza va impugnata nella parte in cui ha riconosciuto il difetto di legittimazione passiva del Consorzio di Bonifica (OMISSIS) di Catania e non ne ha disposto l’estromissione dal giudizio, come pure era stato chiesto dell’appellato.

Con il secondo motivo si deduce erroneità della sentenza Tsap n. 44 del 2009 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., per non aver riconosciuto il favore delle spese per il Consorzio di bonifica (OMISSIS) Catania. Erroneità della sentenza Tsap n. 44 del 2009, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sempre sul capo delle spese, per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Si afferma che ulteriore motivo di vizio della sentenza impugnata attiene alla sentenza che la stessa ha compensato le spese processuali anche nei confronti del consorzio di bonifica (OMISSIS) di Catania, nei cui confronti tutte le parti del giudizio davanti ai Trap e al Tsap non avevano formulato domande.

Si dispone, ai sensi dell’art. 335 c.p.c, la riunione dei ricorsi;

entrambi non meritano accoglimento.

Deve, innanzitutto, rilevarsi che ai ricorsi, quale quello in esame, proposti avverso sentenze pubblicate a decorrere dal 2.3.2006, si applicano ratione temporis le norme del D.Lgs. n. 40 del 2006; ne deriva che, mentre secondo la precedente disciplina, le sentenze del Tsap erano impugnabili con ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., del R.D. 11 dicembre 1993, n. 1775, artt. 200 e 201 c.c., solo per violazione di legge, sostanziale o processuale, e, dunque, con riguardo alla motivazione, non per denunciare vizi riconducibili nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma esclusivamente per far valere la nullità derivante da radicale assenza o da mera apparenza della motivazione medesima, con detta disciplina, con particolare riferimento al nuovo art. 360 c.p.c., u.c. (come sostituito di detto D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2), può essere fatto valere anche il vizio di motivazione.

Infondato è il primo motivo del ricorso principale (avente ad oggetto, riguardo alle modalità di sottoscrizione, la dedotta applicabilità della normativa del c.p.c. del 1865): come già statuito da questa Corte a S.U. (tra le altre decisioni, la n. 23837/2004 e la n. 5693/1981), l’art. 208 del testo unico sulle acque (R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775), che, per il procedimento dinanzi ai Tribunali Regionali ed al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche dispone l’applicabilità delle norme del c.p.c., per tutto ciò che non sia regolato dalle disposizioni del titolo quarto del medesimo testo unico, integra, come enunciazione del comune principio dell’operatività della legge generale laddove quella speciale non dispone, un rinvio formale o non recettizio, il quale, pertanto, va riferito alle norme del codice di rito vigente al momento dello svolgimento della procedura stessa.

Pertanto, la sentenza impugnata in esame risulta regolarmente sottoscritta, ai sensi dell’art. 132 del vigente codice di rito, dal presidente e dal giudice estensore.

Infondati sono anche il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso principale, da trattarsi congiuntamente, avendo ad oggetto difetto di motivazione in ordine alla natura non usurpativa dell’occupazione in questione ed al relativo onere probatorio.

Va in proposito osservato che, pur, per quanto sopra esposto, essendo deducibile nella fattispecie in esame il vizio di motivazione, cionondimeno deve rimanere fermo che la verifica in proposito deve concernere la legittimità a base del convincimento espresso dal giudice di merito e non detto convincimento in se stesso, come tale incensurabile (sul punto, Sez. U. n. 28547/2008), per cui, allorchè la motivazione lascia comunque comprendere le ragioni poste a base della decisione, detto vizio non sussiste e la sentenza è valida. La decisione del Tsap in esame si basa, con agevole individuazione della relativa ratio decidendi, sui seguenti, rilevanti e testuali pirofili argomentativi: innanzitutto si afferma che “nel caso di specie non è stato nemmeno dedotto che i lavori siano stati compiuti e siano stati collaudati e che i boschi siano diventati redditizi, mentre è pacifico che i terreni, rinsaldati e rimboschiti non sono stati ancora riconsegnati ai proprietari. Di conseguenza, esattamente l’amministrazione appellante sostiene che l’occupazione in questione è ancora legittimamente attuata”; si aggiunge che “l’occupazione dei terreni di bacini montani da sottoporre ad opere di rinsaldamento e rimboscamento, pur potendo protrarsi a lungo nel tempo, in ogni caso non comporta compressione o svuotamento del diritto del proprietario, che conserva integro ed attuale il potere di disposizione del bene, sì che, nel caso, non essendo configurabile nessuna fattispecie espropriativa non traslativa, esclusa peraltro del carattere di temporaneità dell’occupazione, non è dovuto un risarcimento del danno per la mancata restituzione del terreno”; e si conclude con l’affermare che ” nel caso di specie la domanda delle attrici sarebbe comunque infondata, perchè non è stato nemmeno dedotto (e tanto meno provato), nè che le opere fossero state compiute ed ultimate nè che i boschi fossero maturati e divenuti utilizzabili e redditizi. In realtà, tutte le difese delle attrici hanno completamente omesso di tener conto della legislazione in tema di terreni montani e di rimboschimento applicabile nella specie, richiamando soltanto le disposizioni ed i principi in tema di normale occupazione finalizzata alla espropriazione per la realizzazione di opere pubbliche, disposizioni e principi irrilevanti nel caso in esame…..”.

Ne consegue che non sussiste il dedotto difetto di motivazione nè una non corretta applicazione del principio dell’onere probatorio (spettando alla parte attrice dimostrare l’ultimazione delle opere di rimboschimento in questione ai fini dei chiesti risarcimento o restituzione dei terreni occupati).

Inammissibile è, infine, l’ultimo motivo del ricorso principale rientrando nel potere discrezionale del giudice del merito la disposta compensazione delle spese processuali. Non meritevole di accoglimento è anche il ricorso incidentale. Del tutto priva di pregio è la censura di cui al primo motivo, secondo il quale “la sentenza va impugnata nella parte in cui non ha riconosciuto il difetto di legittimazione passiva del Consorzio di Bonifica (OMISSIS) Catania e non ne ha disposto l’estromissione dal giudizio”: a parte la considerazione che il Tsap, a fronte della esclusione della legittimazione passiva di detto Consorzio pronunciata dal Trap e della mancanza di impugnazione sul punto, si è limitata correttamente “a prendere atto” che nei confronti dello stesso “nessuna domanda è stata proposta in questo grado”, poi compensando integralmente le spese dell’intero giudizio tra tutte le parti, ogni ulteriore valutazione in ordine a detta legittimazione passiva, riguardando l’individuazione del soggetto che effettuò l’occupazione dei fondi e i lavori di sistemazione idraulico-forestale, è di ordine fattuale e preclusa nella presente sede di legittimità.

Inammissibile, è, infine, il secondo motivo del ricorso incidentale in ordine alle spese ex art. 91 c.p.c., anche in tal caso risultando, in relazione alla disposta compensazione, legittimamente esercitato un sindacato discrezionale del giudice del merito, non apprezzabile in sede di legittimità.

In relazione alla natura della controversia e alla sua complessità, sussistono giusti motivi per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2010

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