Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8308 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. III, 12/04/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 12/04/2011), n.8308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1705/2009 proposto da:

B.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANGELO BROFFERIO 3, presso lo studio dell’avvocato

CARDARELLI Antonio, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati CARDARELLI TIZIANA, DI MAJO ADOLFO giusta delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.H.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE,19, presso lo studio dell’avvocato

DE HIPPOLYTIS Ottavio, che lo rappresenta e difende giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.M. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 867/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Terza Civile, emessa l’08/03/2005, depositata il 03/04/2008;

R.G.N. 1306/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/02/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

uditi gli Avvocati ADOLFO DI MAJO e ANTONIO CARDARELLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’accoglimento del 1^

motivo, assorbito il 2^ e 3^ motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.M. conveniva in giudizio B.R. chiedendo che venisse dichiarata la risoluzione per “impossibilità di esecuzione” di due scritture private aventi ad oggetto la compravendita di un immobile sito in (OMISSIS) per il quale l’attore, promittente acquirente, aveva versato a titolo di acconto sul prezzo le somme di Franchi Svizzeri 250.000, 362.000 e infine 372.000, delle quali chiedeva la restituzione, assumendo che l’oggetto del contratto era da considerarsi impossibile in quanto la legge svizzera vietava l’acquisto di immobili delle dimensioni di quello oggetto del contratto da parte di cittadini stranieri.

Il convenuto si costituiva contestando la domanda sìa in fatto che in diritto e in particolare esponeva che:

– egli e F. allo scopo di acquistare, per poi rivenderlo dopo averlo ristrutturato, un immobile situato nel territorio della Confederazione elvetica, avevano concordato di costituire una società di diritto svizzero i cui soci sarebbero stati due cittadini svizzeri, tale G.M. in luogo di F. e tale K. d.H.M. in luogo dello stesso B., facendo trasferire formalmente a tale società la proprietà dell’immobile al fine di eludere le restrizioni previste dalla legislazione svizzera in tema di acquisti di immobili da parte di cittadini stranieri;

le trattative col proprietario dell’immobile erano state condotte per conto dello stesso B. da d.H.F., marito di K.M. il quale, in base agli accordi raggiunti col venditore, aveva corrisposto ad una banca svizzera, per la parziale estinzione di un mutuo a suo tempo concesso al suddetto proprietario, la somma di 250.000 Franchi svizzeri versata da F. alla sottoscrizione del preliminare;

– F. non aveva adempiuto all’accordo di costituire una società svizzera, per cui B. aveva acconsentito a che l’immobile venisse intestato a K.d.H.M.. I coniugi D. H. non avevano tuttavia provveduto a ristrutturare l’immobile nè egli aveva ricevuto la somma versata da F. alla stipula del preliminare.

Il convenuto B. chiedeva pertanto, in via riconvenzionale, che venisse pronunciata la risoluzione del contratto per inadempimento di F. e la condanna di questi al risarcimento dei danni nonchè, previa autorizzazione alla relativa chiamata in causa, la condanna di d.H.F. alla restituzione della somma di 250.000 Fs. utilizzata per l’acquisto dell’immobile da parte della moglie.

Il terzo chiamato d.H.F. si costituiva eccependo preliminarmente l’inammissibilità della propria chiamata, non ricorrendo alcuna comunanza di causa. Nel merito eccepiva comunque di essere del tutto estraneo al contratto preliminare stipulato tra B. e F.; di non aver ricevuto da quest’ultimo alcuna somma, nè alcun incarico da B. per trattare la compravendita dell’immobile con il proprietario. Contestava anche che la propria moglie avesse ricevuto incarico da B. di costituire una società e concludeva chiedendo il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti.

Il Tribunale di Milano condannava B. a restituire a F. la somma di Euro 185.920,00 nonchè quella di Fr. Sv. 622.000, con gli interessi legali dalla domanda, e dichiarava inammissibili e tardive le domande svolte da B. nei confronti di D. H., condannando inoltre il convenuto alla rifusione delle spese nei confronti delle parti.

B.R. proponeva appello contro la sentenza adducendo a fondamento dell’impugnazione i seguenti motivi: erroneità della sentenza quanto alla dichiarazione di nullità delle scritture 9.4.1991 per impossibilità dell’oggetto, poichè l’esecuzione delle stesse sarebbe stata possibile, se pure solo a certe condizioni, trattandosi di scritture aventi per oggetto l’obbligo di costituzione di una società e dunque contenuto esclusivamente obbligatorio;

erroneità della pronuncia riguardo alla ritenuta inefficacia degli accordi fiduciari intervenuti tra B. e F. per mancanza di forma scritta; erroneità della decisione con riferimento alla prova dei pagamenti effettuati da parte di F. in favore di B., sia quanto al pagamento di Fr. Sv. 250.000 che al pagamento di Fr. Sv. 372.000; erroneità della decisione di accoglimento dell’eccezione di tardività della chiamata in garanzia di d.H.F..

B., alla luce dei motivi d’appello formulati, concludeva chiedendo il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti e, in accoglimento di quelle formulate in primo grado, l’accertamento dell’inadempimento da parte di F. alle obbligazioni assunte e la sua conseguente condanna al risarcimento dei danni, nonchè, in via subordinata, la condanna di d.H.F. a manlevare B. stesso per le somme che eventualmente fosse stato condannato a restituire a F..

F.M. si costituiva in giudizio contestando i motivi dell’impugnazione della quale chiedeva il rigetto. Anche d.

H.F. si costituiva eccependo in via preliminare l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’appello e contestandone comunque le motivazioni.

La Corte distrettuale respingeva l’appello proposto da B. R. nei confronti di F.M. e d.H.F. contro la sentenza del Tribunale di Milano. Condannava l’appellante B. al pagamento delle spese del grado.

Proponeva ricorso per cassazione B.R. con quattro motivi.

Resisteva con controricorso d.H.F..

Non si costituiva F.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente denuncia: “Art. 360 c.p.c., n. 4. Violazione dell’art. 112 c.p.c.”.

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha violato il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato allorchè ha dichiarato la risoluzione del contratto per inadempimento per colpa di entrambe le parti, mentre la domanda di risoluzione è stata proposta da una parte soltanto ( B.) nei riguardi dell’altra.

Il motivo è fondato e deve essere accolto.

Il Tribunale di Milano, accogliendo la domanda del F., aveva dichiarato la nullità del contratto inter partes condannando il B. a restituire a F. quanto da lui pagato, ai sensi dell’art. 2033 c.c..

La Corte d’Appello riteneva invece valido il contratto e ne dichiarava la risoluzione per inadempimento di entrambi i contraenti, anche se la domanda di risoluzione per inadempimento era stata proposta solo dal B.. Questi, costituendosi in giudizio, aveva spiegato domanda riconvenzionale nei confronti del F. e, deducendo che il suo ingiustificato recesso dal contratto costituiva inadempimento, ne aveva chiesto la risoluzione. Tale richiesta era stata riproposta anche nel giudizio d’appello. All’opposto il F., che in Tribunale aveva chiesto la risoluzione per la pretesa impossibilità di esecuzione del contratto, e che in appello aveva solo chiesto il rigetto dell’appello del B., non aveva formulato alcuna domanda di risoluzione del contratto per inadempimento dell’altro contraente. Nè in primo grado nè in appello vi era stata quindi la proposizione, da parte del F., della domanda di risoluzione per inadempimento del B.. Avendo la Corte d’Appello pronunciato su una domanda che non era stata proposta la stessa ha violato l’art. 112 c.p.c.. E’ d’altra parte evidente che la domanda di risoluzione per impossibilità dell’oggetto e quella di risoluzione per inadempimento sono fondate su presupposti diversi.

Il potere del Giudice di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto va coordinato con i principi della domanda e della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato. Questa Corte ha riconosciuto la impossibilità di pronunciare la nullità quando venga richiesta la risoluzione del contratto. Nel caso di specie non poteva essere pronunciata la risoluzione per inadempimento del F..

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento degli altri e la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo; dichiara assorbiti gli altri;

cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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