Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8307 del 29/04/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/04/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 29/04/2020), n.8307

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13594-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

BRUNO BUOZZI 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO FRONTICELLI

BALDELLI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO

MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE,

GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

contro

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANGELO PISANI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1889/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato estinti i crediti vantati dall’INPS, oggetto di duei cartelle esattoriali, per intervenuta prescrizione quinquennale maturata tra la notifica delle cartelle stesse e la comunicazione di iscrizione ipotecaria e di preavviso di fermo;

per quanto solo rileva in questa sede, la Corte territoriale, richiamata la sentenza delle sezioni unite di questa Corte, n. 23397 del 2016, ha ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale anche dopo che i crediti fossero divenuti irretrattabili;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo;

hanno resistito con controricorso l’INPS e V.G.;

è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata; in particolare, la comunicazione alla ricorrente è stata effettuata all’esito dell’adunanza camerale del 25.9.2019 (v. ordinanza interlocutoria n. 31444 del 2019).

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è dedotta violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto, in particolare dell’art. 2946 c.c., in combinato disposto con gli artt. 2948 e 2953 c.c., poichè, secondo la ricorrente, la notifica della cartella rende il credito definitivo e quindi applicabile il termine di prescrizione decennale piuttosto che quello quinquennale; osserva che, con la formazione del ruolo, si determina un effetto novativo delle singole obbligazioni originariamente dovute a separate ragioni di credito e, a seguito della creazione del ruolo medesimo, inglobate in un unico credito pecuniario cumulativo in relazione al quale, in assenza di diverse previsioni per l’azione di riscossione, non può che trovare applicazione il termine di prescrizione decennale; parte ricorrente assume, inoltre, come, dal D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 19 e 20, emerga la volontà del Legislatore di individuare nel termine di dieci anni la prescrizione generale del diritto alla riscossione dei crediti, una volta che sia stato attivato il procedimento di iscrizione a ruolo e affidato il ruolo medesimo all’Agente della riscossione, a prescindere dalla natura di detti crediti;

il motivo è, nel complesso, inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., poichè la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame delle censure non offre elementi significativi per rimeditare la consolidata elaborazione giurisprudenziale (Cass. n. 7155 del 2017);

soccorre, in primo luogo, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. Un. nr 23397 del 2016), secondo il quale: “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10,) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1^ gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L n. 122 del 2010)”;

in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 2009)”;

allo stesso modo, non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999 (artt. 19 e 20), nella parte in cui stabiliscono un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. Un. 23397 del 2016, Cass. n. 31352 del 2018);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, con le spese liquidate, secondo soccombenza, in favore di ciascuna parte controricorrente, con distrazione in favore del difensore di V.G., per dichiarato anticipo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con attribuzione all’avv.to Angelo Pisani.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2020

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