Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8299 del 30/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/03/2017, (ud. 23/02/2017, dep.30/03/2017),  n. 8299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28266/2014 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI,

EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrente –

contro

P.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO

CAVALLINI 12, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PAOLOZZI, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 6715/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte di appello di Napoli, decidendo sull’appello proposto dall’INPS, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda dell’attuale parte intimata diretta ad ottenere il ripristino della pensione di invalidità civile per i ciechi, sospesa per superamento dei limiti di reddito;

2. riteneva la Corte territoriale (richiamando la pronuncia di questa Corte a sez. unite n. 3814/2005) che la L. n. 638 del 1983, art. 8, comma 1-bis, potesse essere applicata anche al caso di specie e che la previsione, in favore dei ciechi, della conservazione del trattamento pensionistico nonostante la carenza del requisito reddituale ed in deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalido con il reddito anche elevato, perseguisse la finalità di favorire il reinserimento sociale non distogliendo l’invalido dall’apprendimento e dall’esercizio di un’attività lavorativa;

3. ricorre l’I.N.P.S. con due motivi;

4. l’assistita ha resistito con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;

5. il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato;

6. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

7. l’I.N.P.S. denuncia: violazione e falsa applicazione della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, artt. 6 e 8, convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 1983, dell’art. 12 preleggi (art. 360 c.p.c., n. 3), dolendosi che la Corte territoriale non abbia considerato che il combinato disposto della normativa richiamata, così come quella presa in esame dalla decisione di questa Corte a Sezioni unite n. 3814/2005, riguardi la pensione di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e non, dunque, la prestazione assistenziale rivendicata in giudizio (primo motivo); violazione e falsa applicazione della L. 10 febbraio 1962, n. 66, art. 1, L. 27 maggio 1970, n. 382, artt. 1 e 5, D.L. 2 marzo 1974, n. 30, artt. 5 e 6, convertito nella L. 16 aprile 1974, n. 114, L. 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 septies, nell’interpretazione autentica della L. 8 ottobre 1984, n. 660 (art. 360 c.p.c., n. 3), dolendosi che la Corte territoriale, riconoscendo il diritto alla pensione di invalidità civile per i ciechi nonostante il superamento del limite reddituale, abbia violato le disposizioni richiamate e specificamente previste per la prestazione assistenziale in questione;

8. i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono qualificabili come manifestamente fondati (v., da. ultimo, Cass. sez. sesta-L. n. 24318/2016; Cass. n. 8438/2015);

9. questa Corte, con la sentenza n. 24008 del 2014 (ed altre numerose coeve), ha già statuito di conformarsi alla decisione n. 24192/2013 che, in consapevole dissenso con il precedente contrario costituito dalla sentenza n. 15646/2012 (che fa riferimento alla prestazione assistenziale di cui alla L. n. 66 del 1962, ma applica i principi relativi alla prestazione previdenziale di cui alla L. n. 153 del 1969 ed al D.L. n. 463 del 1993, art. 8, come si evince anche dal richiamo, contenuto nel principio di diritto, all’assicurato” in luogo dell’assistito”), ha ritenuto di non poter estendere analogicamente al trattamento assistenziale previsto dalla L. n. 66 del 1962 (e, dunque, tanto alla pensione per ciechi assoluti quanto a quella per ciechi parziali), il beneficio riconosciuto a favore di chi gode di trattamento previdenziale – si veda anche in senso conforme Cass. n. 8752/2014;

10. la pensione (non reversibile) per i ciechi (assoluti o parziali) è stata istituita dalla L. 10 febbraio 1962, n. 66 “Nuove disposizioni relative all’Opera nazionale per i ciechi civili”, che all’art. 7 prevede: “Ogni cittadino affetto da cecità congenita o contratta in seguito a cause che non siano di guerra, infortunio sul lavoro o in servizio, ha diritto, in considerazione delle specifiche esigenze derivanti dalla minorazione, ad una pensione non reversibile qualora versi in stato di bisogno” e al successivo art. 8 aggiunge: “Tutti coloro che siano colpiti da cecità assoluta o abbiano un residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione, hanno diritto alla corresponsione della pensione a decorrere dal compimento del 18^ anno di età”;

11. la misura della prestazione è stata modificata dalla L. 27 maggio 1970, n. 382, art. 1 (quest’ultima regolamenta la materia ancora oggi) ed è concessa ai maggiorenni ciechi assoluti ed ai soggetti di ogni età ciechi parziali che versino in stato di bisogno economico, condizione quest’ultima identificata nel possesso di redditi assoggettabili ad IRPEF di un ammontare inferiore ad un certo limite (v. D.L. n. 30 del 1974, art. 6, conv. in L. n. 114 del 1974 e D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, conv. in L. 29 febbraio 1980, n. 33; – cfr. Cass. 5 agosto 2000, n. 10335; id. 21 giugno 1991, n. 6982; 12 aprile 1990, n. 3110; 22 novembre 2001, n. 14811);

12. il limite di reddito da tenere in considerazione è, dunque, il medesimo stabilito per la pensione di inabilità di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12, essendo unica la disciplina contenuta nel citato D.L. n. 663 del 1979, art. 14-septies;

13. nello specifico, la pensione di invalidità civile per i ciechi, già a suo tempo concessa, era stata poi revocata, per superamento dei limiti reddituali;

14. la prestazione di cui è richiesto il ripristino ha natura di prestazione assistenziale di invalidità civile, sicuramente integrativa del presunto mancato guadagno derivante dalla condizione di minorità dovuta alla patologia;

15. la disposizione di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68 (come, del resto, quella di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10, comma 2) è dettata per la pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S., è a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, presupponente un rapporto contributivo (in particolare il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all’invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi);

16. la questione è se tali disposizioni, non espressamente dettate per le prestazioni assistenziali di invalidità civile, possano essere applicate anche a queste ultime, costituendo un principio generale di irrilevanza dei redditi per i ciechi che beneficiano di pensioni, o non si pongano piuttosto come norme eccezionali;

17. come da ultimo affermato da Cass. 29 novembre 2016, n. 24318 (alla cui ampia motivazione si rinvia) va ribadito, con Cass. 24008/2014 cit., il principio secondo cui la pensione non reversibile per i ciechi civili (assoluti o parziali) di cui della L. 10 febbraio 1962, n. 66, artt. 7 e 8, è erogata a condizione della permanenza, in capo al beneficiario, dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38 Cost., comma 1, con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, di conversione del D.L. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia la L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S., sia il D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8, comma 1-bis, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione I.N.P.S. in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38 Cost., comma 2, intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica;

18. tale principio è peraltro da ritenersi in linea (e non in contrasto) con quanto affermato da questa Corte nella decisione n. 3814/2005 (su cui v. Cass. n. 24318/2016 cit.);

19. la sentenza impugnata, che non si è conformata ai principi illustrati, deve essere cassata e, pacifica la circostanza dell’avvenuto superamento del requisito reddituale, non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, e la causa deve essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’azionata domanda;

20. la controvertibilità delle questioni trattate e l’esistenza di precedenti difformi di questa stessa Corte di legittimità giustificano la compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2017

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