Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8298 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. II, 24/03/2021, (ud. 16/09/2020, dep. 24/03/2021), n.8298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13321/2016 proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA ANCO MARZIO

13, presso lo studio dell’avvocato FABIO CASINOVI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ENRICO VESCE;

– ricorrente –

contro

G.R., G.F., P.M.R., NELLA

QUALITA’ DI TUTRICE dell’interdetto SUO FIGLIO G.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4563/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/0972020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHES.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. S.C. ha impugnato innanzi alla Corte d’appello di Napoli la sentenza n. 2627/2009, con cui il Tribunale di Napoli aveva rigettato la domanda da egli proposta nei confronti di G.R., G.F. e C.A., quale tutore di G.M., di trasferimento ex art. 2932 c.c., previa richiesta di autorizzazione al giudice tutelare, di un immobile che i convenuti nel 2000 avevano promesso di vendergli. Il Tribunale di Napoli, a fondamento del rigetto della domanda, aveva affermato che la vendita di un bene in comunione è un unicum inscindibile così che laddove, come nel caso di specie, “la volontà di uno dei comunisti si sia formata invalidamente – sia pure per fatto addebitabile alla parte venditrice (che non aveva richiesto l’autorizzazione del giudice tutelare) – deve escludersi la possibilità del promissario acquirente di ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.”.

La Corte d’appello di Napoli – con sentenza 25 novembre 2015, n. 4563 – ha dichiarato il gravame di S. inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c., perchè “carente delle indicazioni prescritte dall’art. 163 c.p.c., in particolare dell’indicazione degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”; le “argomentazioni confuse e contrastanti” dedotte dall’appellante non consentono infatti – ad avviso del giudice d’appello – di apprezzare quale sia l’effettiva richiesta e i termini della riforma della sentenza impugnata”, non comprendendosi la finalità per la quale l’appellante con l’atto d’appello lamenta l’omissione dell’accertamento della malafede dei promittenti venditori, se al fine di ottenere una riforma della sentenza appellata sotto il profilo dell’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. ovvero al fine di avere una pronuncia di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento.

2. Contro la sentenza ricorre per cassazione S.C..

Gli intimati G.R. e P.M.R., quale tutrice di G.M., non hanno proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo denuncia “violazione di legge, falsa applicazione di legge, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, n. 3”.

Il motivo – ove viene tra l’altro richiamato un parametro (l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) non applicabile ratione temporis alla fattispecie – è inammissibile: dopo avere premesso che la “motivazione non è condivisibile per una serie di ragioni”, il motivo si sostanzia nella trascrizione della comparsa conclusionale d’appello (pp. 6-16 del ricorso), senza confrontarsi con gli argomenti addotti dalla Corte d’appello.

b) Il secondo motivo contesta “omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, falsa applicazione di legge, contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 3”.

Il motivo è inammissibile. A prescindere dall’errato richiamo, per il vizio di omessa pronuncia, al n. 3 invece che al n. 4 dell’art. 360, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello, nel dichiarare inammissibile il proprio gravame, “ha disatteso le pur valide ragioni che il ricorrente aveva posto a fondamento della propria domanda” e tali ragioni richiama nel successivo svolgimento, evidentemente non considerando che una volta dichiarato l’appello inammissibile il giudice non poteva esaminare nel merito il gravame.

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Nulla si provvede in punto spese, non essendosi gli intimati difesi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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