Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8297 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. II, 12/04/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 12/04/2011), n.8297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per revocazione iscritto al 2666-2008 proposto da:

FINTECNA – FINANZIARIA PER I SETTORI INDUSTRIALE E DEI SERVIZI SPA,

in persona del Direttore Generale, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PAPINTANO 29, presso lo studio dell’avvocato RAVAIOLI MARCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MITI PAOLO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

QUATTRO FONTANE,15, presso lo studio dell’avvocato DE LORENZI

MAURIZIO “STUDIO TINELLI”, rappresentato e difeso da se stesso e

dall’avvocato COSTANTINO GIORGIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 23074/2007 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA del 26/09/07, depositata il 05/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11 /2010 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’avvocato Ravaioli Marco, (delega avvocato Nitti Paolo),

difensore della ricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che

concorda con la relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – FINTECNA spa impugna per revocazione la sentenza n. 23074 del 2007 di questa Corte con la quale veniva dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce che aveva liquidato all’avvocato V.S. compensi per la sua attività professionale svolta in favore della ricorrente per un totale di Euro 1.445.286,47. Tale decisione il Tribunale adottava dopo aver convertito d’ufficio il processo instaurato con citazione dall’avvocato V. in quello camerale di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 e segg.. L’odierna ricorrente aveva proposto ricorso per la cassazione di tale ordinanza, ricorso deciso con la sentenza ora impugnata per revocazione.

2. – La Corte di cassazione rilevava che l’odierna ricorrente aveva eccepito la nullità dell’atto introduttivo, dedotto la parziale carenza di legittimazione passiva, eccepito la prescrizione del diritto e contestato “non solo la sussistenza del debito per il pagamento di onorari di avvocato, ma sostanzialmente … anche l’eccessività delle pretese per la prestazione svolta”. Aveva, poi, affermato che “l’oggetto del giudizio esulava da quello proprio del procedimento disciplinato dalla L. n. 794 e 1992, artt. 29 e 30”.

Aveva quindi concluso la Corte di cassazione che la decisione del Tribunale, pur adottata “non correttamente nelle forme dell’ordinanza”, poteva essere impugnata soltanto con l’appello e non con ricorso per cassazione, trattandosi di decisione avente natura di sentenza. La Corte negava potersi far riferimento al principio dell’affidamento.

3. – Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso possa essere dichiarato inammissibile. La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

4. – Il ricorso per revocazione della FINTECNA è affidato a cinque motivi, dei quali i primi due attengono alla fase rescindens del giudizio, mentre gli altri costituiscono riproposizione dei motivi di ricorso.

3.1 – Col primo motivo si deduce “errore di fatto ex art. 395 c.p.c., violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 3, applicazione art. 24 Cost.”, per aver dichiarato la Corte “l’inammissibilità del ricorso, rilevando d’ufficio una diversa interpretazione formale del provvedimento”, senza far applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 3 con conseguente nullità della sentenza, avendo così privato le parti del necessario contraddittorio sul punto. Formula al riguardo il seguente quesito di diritto: “dica la Suprema Corte se al giudizio de quo doveva essere applicato l’art. 384 c.p.c., comma 3, così come novellato del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 12 e se a causa di tale errore la sentenza deve essere revocata e posta nel nulla”.

3.2 – Col secondo motivo si deduce “errore di fatto ex art. 395 c.p.c., violazione dell’art. 391-bis c.p.c., violazione dell’art. 384 c.p.c., applicazione art. 24 Cost.”. A giudizio della ricorrente la Corte sarebbe in corsa in un errore di fatto per aver ritenuto sentenza un provvedimento qualificato formalmente “ordinanza” dalla normativa di cui alla L. n. 794 del 1942, artt. 29 e 30 espressamente applicata al provvedimento impugnato e ciò in violazione di una giurisprudenza consolidata della stessa Corte. In tal modo la seconda sezione di questa Corte sarebbe “incorsa in un errore percettivo considerando sentenza un’ordinanza”.

4. – Resiste con controricorso l’intimato.

5. – Parte ricorrente ha depositato memoria.

6. Il ricorso è inammissibile.

6.1 – Col primo motivo parte ricorrente deduce non già un errore revocatorio, ma una violazione di legge. Infatti, lamenta che la Corte abbia ritenuto di porre a base della propria decisione una questione, relativa al regime di impugnazione del provvedimento, sollevata d’ufficio senza applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 3.

Si tratterebbe, cosi come prospettato, di un chiaro errore in procedendo, che resta escluso dall’ambito di applicazione della revocazione.

6.2 – Anche col secondo motivo non si deduce un vizio revocatorio, ma si impugna una valutazione compiuta dalla Corte, ampiamente motivata, in ordine alla qualificazione del provvedimento impugnato. Al riguardo appare utile osservare che la giurisprudenza costante di questa Corte ha delineato più volte e con chiarezza il regime di impugnazione del provvedimento adottato all’esito della procedura speciale di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 29 e segg. affermando (di recente con Cass. 2010 n. 13640) che “In tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocati, non è ammissibile il ricorso alla speciale procedura di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, artt. 28 e 29 qualora la controversia non abbia ad oggetto soltanto la semplice determinazione della misura del compenso, ma si estenda altresì ad altri oggetti d’accertamento e di decisione, quali i presupposti stessi del diritto al compenso, i limiti del mandato, la sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa; in tal caso, il procedimento ordinario attrae nella sua sfera, per ragioni di connessione, anche la materia propria del procedimento speciale e l’intero giudizio non può non concludersi in primo grado se non con un provvedimento che, quand’anche adottato informa d’ordinanza, ha valore di sentenza e può essere impugnato con il solo mezzo dell’appello”.

Nel caso in questione – e da quanto risulta dalla sentenza impugnata per revocazione – il thema decidendum riguardava anche aspetti diversi dalla sola determinazione del compenso, rendendo così qualificabile il provvedimento adottato all’esito del giudizio come sentenza, e, quindi appunto, impugnabile con l’appello. In tal senso numerose precedenti decisioni della Corte (tra le altre, Cass. 2010 n. 6225; Cass. 2009 n. 960; Cass. 2005 n. 6578).

7. Nè la memoria depositata apporta argomenti utili ad una diversa valutazione del ricorso, posto che, quanto al primo motivo, la eventuale violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 3, che peraltro è insussistente, non può essere dedotta come mezzo revocatorio, e che la qualificazione del provvedimento, ai fini della verifica del corretto mezzo di impugnazione, spetta d’ufficio al giudice adito, che a tale adempimento è chiamato d’ufficio, indipendentemente da qualsiasi eccezione delle parti, riguardando tale aspetto la regolarità del procedimento instaurato.

8.- Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 6.000,00 (seimila) Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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