Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8292 del 07/04/2010
Cassazione civile sez. I, 07/04/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 07/04/2010), n.8292
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Y.L.B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
OTTAVIANO 9, presso lo studio dell’avvocato PUNGI’ GRAZIANO, che lo
rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA UTG DI REGGIO EMILIA;
– intimata –
avverso il decreto n. 5321/07 R.A.N.C. del GIUDICE DI PACE di REGGIO
EMILIA del 4/01/08, depositato il 21/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
04/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “Il Giudice di pace di Reggio Emilia, con provvedimento del 21 febbraio 2009, rigettava l’opposizione proposta da Y.L.B.A. avverso il decreto di espulsione emesso in suo danno dal Prefetto di detta città in data 11.10.2007.
Per la cassazione di detto provvedimento ha proposto ricorso Y. L.B.A., affidato ad un motivo; non ha svolto attività difensiva l’intimato.
OSSERVA:
1.- Il ricorrente, con un unico motivo, denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 5, in relazione al comma 7, deducendo che il decreto di espulsione mancherebbe della sintetica traduzione in italiano dell’ordine di lasciare il territorio italiano ed erroneamente il giudice di pace avrebbe ritenuto che egli poteva comprendere il significato dei provvedimenti, poichè viveva da almeno dieci anni in Italia.
Il mezzo si conclude con un quesito concernente la legittimità del decreto di espulsione nel caso di mancata traduzione nella lingua dell’espulso dell’ordine di allontanarsi dal territorio italiano.
2.- Il mezzo è manifestamente inammissibile.
Il provvedimento impugnato è caratterizzato da una duplice, concorrente motivazione, avendo affermato sia che “i verbali di notifica del provvedimento di espulsione recano una sintetica traduzione del contenuto dei decreti impugnati in lingua araba”, sia che l’opponente poteva comprendere l’italiano, perchè viveva in Italia da almeno dieci anni.
Ebbene, la prima motivazione da corretta applicazione al principio enunciato da questa Corte, secondo il quale il diritto del cittadino straniero alla conoscenza degli atti del procedimento di espulsione, previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, non impone, all’autorità amministrativa, che di quegli atti ha l’obbligo di dare comunicazione all’interessato nella lingua del paese d’origine o a lui conosciuta, di provvedere alla loro traduzione integrale, essendo una traduzione, “anche sintetica”, idonea a garantire sufficientemente il diritto di difesa, che la norma citata intende presidiare (Cass. n. 28858 del 2005; n. 16032 del 2001).
Siffatta motivazione, che è idonea a fondare il provvedimento, senza che rilevi l’eventuale erroneità di quella svolta in linea concorrente, non è stata affatto considerata dal ricorrente, il quale, da un canto, non l’ha specificamente contestata; dall’altro, pone una questione specifica – la traduzione dell’intimazione a lasciare il territorio italiano – che non risulta prospettata in detti termini (quindi, è nuova, perciò inammissibile), senza riprodurre sia il ricorso in opposizione (per dimostrare che era stata posta in detti termini), sia il decreto di espulsione.
Pertanto, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.
p. 2. – Il Collegio condivide e fa proprie le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2010