Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8277 del 12/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/04/2011, (ud. 25/02/2011, dep. 12/04/2011), n.8277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9425/2010 proposto da:

E.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9, presso io studio dell’avvocato DE ARCANGELIS

Giorgio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI

LENARDA ODDONE, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G. (OMISSIS), Z.A., Z.

V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TOSCANA 10, presso

lo studio dell’avvocato RIZZO ANTONIO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARINO MARIO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 448/2009 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE del

30.6.09, depositata il 15/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Giorgio De Arcangelis che si

riporta agli scritti, insistendo per l’accoglimento del ricorso;

udito per r controricorrenti l’Avvocato Antonio Rizzo che si riporta

ai motivi del controricorso, aderendo alla relazione.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che avverso la decisione indicata in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi E.N..

Hanno resistito gli intimati.

Nominato, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., il Consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ritenendo che il ricorso fosse da rigettare per manifesta infondatezza.

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Nella relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., si legge quanto segue:

“1. E.N. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Udine P.G. ed altri per sentire accertare l’avvenuto acquisto per usucapione dei terreni intestati ai convenuti.

I convenuti resistevano sostenendo la detenzione per mera tolleranza da parte dell’attore dei terreni in oggetto, chiedendone la condanna al rilascio.

Il tribunale rigettava la domanda con sentenza che in proposito era confermata in sede di gravame, in cui peraltro, in accoglimento dell’appello incidentale, l’attore era condannato al rilascio dei beni da lui detenuti.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi E.N..

Hanno resistito gli intimati.

2. Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 376,380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

Il primo motivo, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 1141 cod. civ., comma 1, artt. 1144 e 1803 cod. civ., censura la sentenza impugnata che: a) confermando quanto ritenuto dal Tribunale, aveva qualificato il rapporto intercorso con l’attore come di precario oneroso quando, a stregua delle risultanze istruttorie, mancavano nella specie i requisiti al riguardo previsti, dovendosi escludere la provvisorietà del godimento del bene che, per la durata e l’oggetto non limitato alla custodia, si era concretato in un possesso pieno ed esclusivo e non poteva essere giustificato da atti di tolleranza; b) aveva ritenuto l’esistenza di un comodato senza che fosse stata accertata la consegna dei terreni all’attore da parte dei proprietari.

Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2726 e 2721 cod. civ., nonchè art. 116 cod. proc. civ., denuncia la nullità del procedimento e della sentenza, atteso che:

a) aveva ammesso la prova dei pagamenti senza alcuna motivazione che ne giustificasse l’ammissione, tanto più che assolutamente indeterminato era risultato l’importo dei pagamenti ai quali avevano fatto riferimento i testimoni escussi; b) la deposizione del teste L. non aveva alcun valore probatorio, perchè de relato, essendosi il teste limitato a riferire le impressioni provenienti da P.G..

Il terzo motivo, lamentando la nullità del procedimento e della sentenza per violazione degli artt. 110, 323 e 333 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dai convenuti per ottenere il rilascio dell’immobile de quo, tenuto conto che il medesimo era risultato totalmente vittorioso nel giudizio di primo grado. Il quarto motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., n. 5), denuncia: a) l’omesso esame delle prove raccolte dai cui era emerso che l’apprensione del bene da parte dell’attore era avvenuta, senza l’intervento alcuno dei proprietari che non avevano proceduto alla consegna: circostanza, quest’ultima, decisiva che – se esaminata – avrebbe portato a una diversa soluzione: b) che era circostanza pacifica fra le parti che l’attore aveva coltivato interruzioni i terreni in questione per venti anni senza interruzione per cui non era configuratile un comodato nato dalla mera tolleranza dei proprietari; c) il Giudice aveva male esercitato il prudente apprezzamento delle prove, quando aveva fallo riferimento al corrispettivo, tenuto conto che Pe.Ca. aveva fatto riferimento a un solo ipotetico pagamento e il P. non era stato in grado di precisare l’ammontare e la causale delle somme che sarebbero state versate; in ogni caso, il pagamento sarebbe stato effettuato a un solo dei comproprietari.

Il primo, il secondo e il quarto motivo, essendo strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Le censure vanno disattese.

I rilievi circa l’erronea qualificazione compiuta dai Giudici in ordine al rapporto de quo non sono pertinenti, atteso che la sentenza impugnata, pur facendo riferimento alla qualificazione del rapporto data dal primo Giudice, non ha affermato che nella specie si trattava di precario oneroso e neppure di comodato: infatti, dopo avere preso in considerazione le prove che avevano portato il Tribunale a dare quella qualificazione, ha ritenuto – con accertamento sufficiente a escludere il possesso utile ad usucapionem – che l’unico dato certo era la mera detenzione da parte dell’attore del bene (senza specificarne la natura), avendo evidentemente considerato quanto riferito dai testi in ordine alla dazione delle somme versate dall’attore che nell’occasione alla quale ha fatto cenno la teste Pe., era stata imputata dall’ E. ad affitto, mentre il teste L. aveva riferito di avere sentito la P. lamentarsi del fatto che l’attore non curava i terreni come lei avrebbe voluto:

circostanze evidentemente incompatibili con un situazione qualificabile come di possesso, che richiede da parte del possessore un comportamento uti dominus ovvero il compimento di atti effettuati in contrasto o in opposizione con il diritto del proprietario. Il che rende del tutto irrilevante la circostanza che il pagamento era effettuato a favore di uno dei comproprietari, e ciò a prescindere dal rilevare che evidentemente la riscossione delle somme rientrava nei poteri di gestione della cosa comune spettanti ed esercitati da ciascun comproprietario anche nell’interesse degli altri.

La violazione delle norme in materia di prova testimoniale è del tutto insussistente, posto che il pagamento nella specie assumeva rilevanza di mero fatto storico che era considerato al limitato fine di stabilire la natura della relazione di fatto con la cosa oggetto della domanda di usucapione. Va quindi considerato che, se la deposizione testimoniale “de relato”, di per sè sola, non ha alcun valore probatorio, essa può acquisire rilevanza attraverso il riscontro di altre circostanze (Cass. 1109/2006; 7926/2004;

5526/1999); nella specie la Corte, nel valutare le dichiarazioni rese dal teste L., ha tenuto conto degli altri convergenti elementi probatori.

Orbene, le critiche formulate dal ricorrente non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell’iter logico giuridico seguito dalla sentenza che appare immune da vizi logici o giuridici:

se, come si è visto, le dedotte violazioni di legge non sussistono, le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a dimostrare – attraverso la disamina e la discussione delle prove raccolte – l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici laddove, in contrasto con quanto sarebbe emerso dalle prove, era stata esclusa l’esistenza di un possesso utile ad usucapionem. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360, n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto).

Infine, va disatteso anche il terzo motivo con cui è stata dedotta inammissibilità dell’appello incidentale, atteso che l’interesse ad impugnare dei convenuti scaturiva dalla omessa pronuncia ovvero dal mancato accoglimento della domanda di condanna al rilascio dei beni detenuti, non essendo evidentemente al riguardo sufficiente il rigetto della domanda di usucapione proposta dall’attore: il che rendeva necessario il ricorso al giudice di gravame per ottenere i beni oggetto della riconvenzionale”.

Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione, non potendo ritenersi meritevoli di accoglimento i rilievi formulati con la memoria illustrativa dal ricorrente il quale sollecita da parte delle Corte un inammissibile riesame del merito della causa attraverso la richiesta di valutazione delle prove; per quel che concerne la nullità della prova testimoniale, occorre ricordare che le limitazioni poste dall’art. 2721 cod. civ., e segg., all’ammissibilità della prova testimoniale non attengono a ragioni di ordine pubblico, ma sono dettate a tutela di interessi di natura privatistica; pertanto, la loro violazione non solo non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma neppure è rilevabile dalle parti ove non sia stata dedotta in sede di ammissione della prova, ovvero nella prima istanza o difesa successiva o, quanto meno, in sede di espletamento della stessa (Cass. 9925/2006): il ricorrente non ha dedotto nè tanto meno dimostrato di avere sollevato tempestiva e rituale eccezione nel giudizio di merito.

Il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2011

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