Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8276 del 25/03/2019

Cassazione civile sez. II, 25/03/2019, (ud. 04/07/2018, dep. 25/03/2019), n.8276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5438/2015 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, viale Angelico n.

32, presso lo studio dell’avvocato Gianluigi Cocco, rappresentato e

difeso dall’avvocato Edoardo Anelli;

– ricorrente –

contro

L.E., L.R., C.F., in proprio ed in qualità di

erede di C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, via De

Cestari n. 34 (Studio Valentino), presso lo studio dell’avvocato

Raffaella Bonsangue, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Franco Mugnai;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1545/2014 della Corte di appello di Firenze,

depositata il 24/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4

luglio 2018 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per

l’inammissibilità o comunque per il rigetto del ricorso;

uditi gli Avv.ti Anna Mattioli (con delega dell’Avv.to Edoardo

Anelli), per parte ricorrente e Raffaella Bonsangue, per parte

resistente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.M. evocava, dinanzi al Tribunale di Pisa, L.E., L.R., C.G. e C.F. , chiedendo pronunciarsi, ex art. 2932 c.c., sentenza sostitutiva di contratto di compravendita di immobile non concluso.

Nella resistenza dei convenuti, che chiedevano, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto preliminare per essersi il promissario acquirente immesso arbitrariamente nel possesso del bene, oltre ad avere ivi eseguito opere abusive e, in subordine, sollevato eccezione di inadempimento, il giudice adito, accoglieva la domanda attorea.

In virtù di gravame interposto dagli originari convenuti, la Corte di Appello di Firenze, nella resistenza dell’appellato, accoglieva l’impugnazione e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta dal T. per difetto di contraddittorio, essendo stato il giudizio introdotto dal solo T., mentre il preliminare risultava sottoscritto, in qualità di promissaria acquirente, anche dalla coniuge dello stesso, Ci.Li..

Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Firenze ricorre T.M. sulla base di due motivi, cui resistono con controricorso i L. ed i C..

Il ricorso – previa proposta stilata dal nominato consigliere delegato – è stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis c.p.c., avanti alla sesta sezione civile – 2. All’esito dell’adunanza camerale tenuta in data 20.04.2017, con ordinanza interlocutoria n. 27735 del 2017 depositata il 21.11.2017, è stato rimesso alla pubblica udienza dinanzi alla seconda sezione per carenza dell’elemento dell’evidenza decisionale.

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 102 e 354 c.p.c., per non aver la Corte di appello, pur correttamente configurando un’ipotesi di litisconsorzio necessario con l’altro promissario acquirente – Ci.Li. -, rimesso gli atti al primo giudice, invece di rigettare la domanda attorea.

Con il secondo motivo il T. denuncia il “contrasto logico tra motivazione e dispositivo”, in relazione agli artt. 102 e 354 c.p.c., per avere la Corte di appello, anzichè applicare il prescritto art. 354 c.p.c., accolto l’appello e, per l’effetto, rigettato la sua domanda.

Le censure, da trattare congiuntamente siccome intimamente connesse, sono inammissibili prima che infondate, in quanto fuori quadro rispetto alle argomentazioni della corte di merito.

E’ esatto che nel caso di contratto preliminare con pluralità di promissari acquirenti avente ad oggetto un unico immobile considerato nella sua interezza, la relativa obbligazione è indivisibile, per cui tanto l’adempimento, quanto l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre ai sensi dell’art. 2932 c.c., devono essere richiesti congiuntamente da tutti i detti promissari, configurandosi un’ipotesi di litisconsorzio necessario ai sensi dell’art. 102 c.p.c., stante l’impossibilità che gli effetti del contratto non concluso si producano nei confronti di alcuni soltanto dei soggetti del preliminare (Cass. 15 dicembre 2001 n. 15354). Principio che peraltro trova conferma nelle stesse affermazioni del giudice distrettuale, che tuttavia ha escluso di poter disporre il trasferimento coattivo dell’immobile chiesto da uno solo dei promissari acquirenti nella sua interezza.

La complessiva statuizione della corte territoriale, dunque, si sottrae alle doglianze articolate dal ricorrente.

Innanzitutto non coglie nel segno la censura con la quale il ricorrente si duole di non essere stato messo in condizione di far valere nel processo il proprio diritto per mancato esercizio da parte del giudice di merito dei poteri di cui all’art. 354 c.p.c.: è assorbente, al riguardo, la considerazione che – benchè sia evidentemente possibile una integrazione del contraddittorio – nella specie parte attrice ha proposto domanda di trasferimento del bene esclusivamente in proprio favore, come “parte negoziale” unica, sola entità soggettiva di imputazione di posizione attiva, diversamente da quanto la richiesta pronuncia ex art. 2932 c.c., necessariamente postula, che vuole identità delle parti per ottenere pronuncia costitutiva degli effetti del contratto non concluso (v. Cass. 7 aprile 2005 n. 7287), dovendo essere richiesta congiuntamente da tutti i detti promissari.

La correttezza della decisione impugnata discende, inoltre, dall’avere il giudice distrettuale fatto applicazione del principio di diritto secondo cui in tema di obbligazioni indivisibili, fra le quali rientra la promessa di più soggetti di acquistare in comune un immobile considerato nella sua interezza (cfr Cass. 17 novembre 2017 n. 27320; ma già, Cass. 7 luglio 1987 n. 5903), l’impossibilità che gli effetti del contratto si producano pro quota o nei confronti soltanto di alcuni dei promissari comporta che il diritto di ciascuno dei creditori di richiedere l’adempimento dell’intera obbligazione, comune alla disciplina delle obbligazioni solidali, richiamata in materia dall’art. 1317 c.c., non sia oggettivamente suscettibile dell’effetto liberatorio parziale nei confronti degli altri creditori previsto dall’art. 1301 c.c..

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

L’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato esclude, inoltre, la sussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che vengono liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per compensi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2019

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