Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8272 del 24/03/2021
Cassazione civile sez. VI, 24/03/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 24/03/2021), n.8272
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12964-2019 proposto da:
E.I., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato MARIAGRAZIA STOCCO;
– ricorrente –
contro
TORINO ZEROCINQUE TRADING SPA, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 11,
presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO TOBIA, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato ENRICO ISNARDI;
– controricorrente –
e contro
R.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 97/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 16/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA
BESSO MARCHEIS.
Fatto
PREMESSO
CHE:
1. Nel 2012 E.I. conveniva in giudizio la società Torino Zerocinque Trading spa innanzi al Tribunale di Torino. L’attrice deduceva di avere acquistato unità immobiliari (un locale uso ufficio, una cantina e una autorimessa) per Euro 326.364,50, che la convenuta si era obbligata ad ottenere il certificato di agibilità, certificato che era stato rilasciato dal Comune di (OMISSIS), ma che in seguito a successive verifiche era emerso che il fattore medio di luce diurna dell’immobile era inferiore al valore minimo dichiarato e garantito dalla convenuta e al valore minimo prescritto dalle norme di legge e dal regolamento edilizio comunale; l’attrice chiedeva quindi la risoluzione del contratto di vendita ex art. 1453 c.c., oltre alla restituzione del prezzo pagato e al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Torino, con pronuncia n. 7450/2015, ha rigettato tutte le domande dell’attrice, che ha appellato la pronuncia.
2. La Corte d’appello di Torino – con sentenza 16 gennaio 2019, n. 97 – ha rigettato il gravame e ha confermato la pronuncia di primo grado. Il giudice d’appello ha ritenuto, come già il Tribunale, che l’immobile, lungi dall’essere bene completamente diverso da quello pattuito, fosse idoneo all’uso “ufficio” per il quale era stato comprato, pur presentando vizi rispetto a quanto promesso dal venditore, vizi che però non erano stati oggetto di tempestiva contestazione.
3. E.I. ricorre per cassazione avverso la sentenza. Resiste con controricorso la società Torino Zerocinque Trading.
Memoria è stata depositata dalla ricorrente e dalla controricorrente.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Il ricorso è articolati in tre motivi.
a) Il primo motivo denuncia “nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4”, in quanto la motivazione della sentenza impugnata sarebbe “irriducibilmente” contraddittoria.
Il motivo è inammissibile. La motivazione della sentenza impugnata non è contraddittoria, tantomeno in modo “irriducibile”. La Corte d’appello ha infatti affermato l’irrilevanza della questione della tardività della produzione della consulenza tecnica d’ufficio espletata in un altro giudizio, relativa ad un’altra unità immobiliare del medesimo complesso, in quanto il rigetto delle pretese della ricorrente è fondato su quanto prevede il regolamento edilizio, ossia la possibilità di integrare l’illuminazione naturale con quella artificiale, così che i riferimenti normativi e regolamentari in materia di fattore di luce, presenti in quella consulenza, “costituiscono solo un’ulteriore conferma del convincimento già raggiunto sulla base delle disposizioni normative”.
b) Il secondo motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 183 c.p.c., comma 6”.
Il motivo è inammissibile, in quanto contesta l’utilizzo dei risultati della consulenza tecnica d’ufficio espletata in altro giudizio e tardivamente depositata, risultati che la Corte d’appello, come si è visto in relazione al primo motivo, ha ritenuto non determinanti ai fini della decisione.
c) Il terzo motivo, “formulato in via subordinata”, fa valere “omessa valutazione di un fatto decisivo risultante dagli atti di causa”: la Corte d’appello non avrebbe considerato alcuni fatti (le circostanze che il certificato di agibilità non sarebbe stato rilasciato regolarmente, che al momento della stipulazione del contratto l’unità immobiliare era sprovvista di illuminazione artificiale integrativa, che la sanabilità delle violazioni attraverso sistemi di illuminazione integrativa sarebbe subordinata a un giudizio di idoneità da parte del servizio sanitario, che la controparte non ha mai offerto la predisposizione di un progetto di illuminazione artificiale), fatti decisivi che dovevano portare all’accoglimento del gravame.
Il motivo è inammissibile in quanto non si rapporta con gli argomenti portati dal giudice d’appello. La Corte ha infatti osservato che l’immobile venduto, pur presentando vizi rispetto a quanto promesso dal venditore, non è completamente diverso da quello pattuito, c.d. aliud pro alio, in quanto idoneo all’uso ufficio sulla base della normativa di riferimento vigente nel Comune di (OMISSIS), ratio decidendi rispetto alla quale le circostanze indicate dalla ricorrente non assumono rilevanza.
2. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 9.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 23 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021