Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8260 del 07/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 07/04/2010), n.8260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9257-2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati, RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

– SAIT S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20-13,

presso lo studio dell’avvocato MANFREDONIA PIERLUIGI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MOTTA CATALDO, giusta mandato a margine del

controricorso;

– P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che

lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMEO LUCIANA, giusta

procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del

12/04/07, rep. 73255;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 1627/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/10/2006 R.G.N. 3075/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l’Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE E ROMEO LUCIANA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 ottobre 2006 la Corte d’appello di Lecce, confermando la statuizione emessa dal Tribunale di Brindisi, nel contraddittorio con l’INAIL e con la SAIT s.p.a., accoglieva la domanda di P.R. contro l’INPS, per ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento con cui l’Istituto previdenziale, il 30 settembre 1998, aveva disposto la sospensione della pensione di anzianità in godimento; il lavoratore aveva dedotto di avere lavorato alle dipendenze della SAIT e di altre aziende esercenti attività che lo avevano esposto all’amianto, per cui l’INPS, su sua domanda, gli aveva riconosciuto la pensione di anzianità dal primo settembre 1996 con la rivalutazione dei contributi ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, ciò sulla base della dichiarazione dell’INAIL attestante che la SAIT aveva corrisposto il premio supplementare contro l’asbestosi dal 13 maggio 1984; l’INAIL aveva successivamente comunicato all’INPS che la SAIT, la quale, peraltro, aveva pagato il sovrappremio per rischio amianto solo fino al 31 dicembre 1989, lo aveva chiamato in giudizio per richiedere la restituzione del sovrappremio pagato per gli anni dal 1984 al 1989, deducendo l’inesistenza del rischio nei cantieri di (OMISSIS) per quei medesimi anni. La Corte territoriale – affermata la rilevanza (contestata dall’INPS solo in appello) della attestazione della SAIT allegata alla domanda di pensione circa l’avvenuta esposizione a rischio, perchè sottoscritta dal responsabile del personale, che era peraltro confermativa di altra, resa dalla medesima società ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 12, sulla natura delle lavorazioni espletate – rilevava che nel 1982 e nel 1986 erano stati eseguiti dall’INAIL accertamenti per la determinazione del premio supplementare per l’asbestosi, mentre risultava priva di riscontri tecnici, e quindi inidonea a smentire i precedenti accertamenti, la successiva comunicazione fatta dall’INAIL all’INPS che il premio era stato pagato solo fino al 1989 e che la SAIT aveva promosso azione per ottenere la restituzione del premio medesimo relativo agli anni dal 1984 al 1989 per inesistenza del rischio. In ogni caso, osservava la Corte, il mancato pagamento del premio era irrilevante, essendo l’obbligo connesso alla effettiva esistenza del rischio, comprovato dagli accertamenti espletati dall’INAIL, di talchè – in mancanza di rilevazioni tecniche di segno diverso – l’INPS non avrebbe potuto sospendere la prestazione. La Corte di merito, poi, con riguardo al superamento della soglia di esposizione per il diritto al beneficio, di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 2000, riteneva che con gli atti di indirizzo del 6-8 marzo 2001 del Ministero del lavoro, emanati a seguito di accertamenti svolti dall’INAIL, era stata riconosciuta la esposizione alle polveri di amianto dei dipendenti delle aziende appaltatici dei lavori di manutenzione operanti presso i cantieri della centrale ENEL e del Petrolchimico di (OMISSIS), onde era incontestabile il superamento dei valori-soglia fissati dalla legge.

2. Avverso detta sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il lavoratore ha resistito con controricorso, precisato con successiva memoria; la SAIT s.p.a. si è costituita con proprio controricorso, mentre l’INAIL ha depositato procura ai difensori.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 437 e 345 c.p.c., l’INPS lamenta che la sentenza impugnata abbia considerato inammissibile la censura sollevata in appello circa la rilevanza probatoria della documentazione proveniente dalla società datrice di lavoro, relativa al pagamento del premio supplementare, assimilandola erroneamente ad una “eccezione nuova” non proponibile in sede di gravame.

Tale motivo è inammissibile.

La mera considerazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la censura dell’INPS – riguardo alla richiamata documentazione – costituiva un’eccezione “innanzi tutto inammissibile, perchè proposta per la prima volta in questa sede”, non vale ad integrare una ratio decidendi, se pure concorrente, ma costituisce una mera affermazione ad abundantiam, posta come premessa della complessiva statuizione di infondatezza della censura e priva, quindi, di un autonomo effetto preclusivo ai sensi dell’art. 437 c.p.c.; come tale, la medesima affermazione non è suscettibile di impugnazione.

2. Inammissibile è anche il secondo motivo, per il quale deve rilevarsi la mancanza del quesito di diritto, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis), siccome tale motivo, a prescindere dalla intitolazione, si risolve in una censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. In concreto, infatti, si critica la sentenza impugnata: a) per avere ritenuto, erroneamente, che l’assicurazione contro la silicosi e l’asbestosi rappresenti un presupposto per beneficiare della rivalutazione contributiva, mentre l’obbligo di pagamento del premio supplementare di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 153, scaturisce solo dalla astratta corrispondenza fra le lavorazioni svolte nell’impresa e quelle menzionate al n. 8 della tabella allegata, a prescindere da ogni valutazione sui modi e ai tempi di assolvimento delle mansioni da parte dei dipendenti; b) per avere ritenuto determinante, ai fini della configurazione dell’esposizione superiore alla soglia prescritta, gli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, che, invece, secondo l’Istituto non assurgono a valenza autonoma in ordine al diritto ai benefici, ma servono da supporto e orientamento per l’INAIL, cui è deferito il compito di accertare la durata e la consistenza della esposizione di ciascun lavoratore. Tali considerazioni mirano all’affermazione di precisi principi di diritto, asseritamente violati dal giudice di merito, che riguardano, non già il cd. giudizio di fatto, cioè la logicità e coerenza della motivazione nell’esame delle risultanze di fatto acquisite nel processo, quanto la efficacia giuridica del premio supplementare ai fini della agevolazione contributiva in questione e la utilizzabilità degli atti di indirizzo, sostenendosi, specificamente, da un lato che la decisione impugnata “abbia operato un’indebita commistione fra due distinti ed autonomi rapporti assicurativi (assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e l’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti) individuando così un nesso funzionale, a ben vedere inesistente, fra l’obbligo assicurativo e contributivo corrente fra la SAIT e l’INAIL ed il rapporto previdenziale” e dall’altro che “questi atti di indirizzo non possono essere utilizzati direttamente come prova dell’esposizione qualificata”;

che, d’altra parte, proprio la effettiva proposizione di una quaestio juris, e non di una censura di vizio di motivazione, giustifica la mancata produzione dei documenti (dichiarazioni SAIT e INAIL, atti di indirizzo) escludendo la improcedibilità del ricorso, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (come eccepita dalla difesa del lavoratore nella discussione orale).

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

4. L’INPS va condannato, secondo soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio nei confronti del lavoratore, con liquidazione come in dispositivo, da distrarsi in favore del procuratore antistatario, avvocato Giuseppe Sante Assennato. Vanno invece compensate le spese nei confronti della SAIT s.p.a. e dell’INAIL, la cui costituzione in giudizio non ha comportato, alla stregua delle rispettive conclusioni, alcuna contrapposizione rispetto all’impugnazione proposta dall’INPS.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese nei confronti del P., liquidate in Euro 48,00 per esborsi e in Euro duemila per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi; compensa le spese nei confronti della SAIT e dell’INAIL. Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2010

 

 

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