Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8257 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/03/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 22/03/2019), n.8257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20484/2017 R.G. proposto da:

A.S., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce

al ricorso, dall’avv. MESSA Maria, con studio in Milano, alla via

Bezzecca, n. 9, ed elettivamente domiciliato all’indirizzo di posta

elettronica certificata del predetto difensore

(maria.messa.milano.pecavvocati.it);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, C.F. (OMISSIS), (già Equitalia

Sevizi di Riscossione s.p.a.), in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso

la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 380/36/2017 della Commissione tributaria

regionale della LOMBARDIA, depositata il 06/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

Che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di intimazione di pagamento delle somme portate da una cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo per tributi dovuti dal contribuente A.S. per complessivi Euro 46.894,31, con la sentenza impugnata la CFR della Lombardia, ritenendo ammissibile la produzione documentale effettuata dall’agente della riscossione, accoglieva l’appello da questa proposto avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rilevando la regolarità della notifica della predetta cartella, effettuata a mezzo posta tramite il Consolato Generale d’Italia a Boston, ove risiedeva il contribuente, e da questi regolarmente ricevuta in data 23/12/2009, come da sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento;

– che avverso tale statuizione ricorre per cassazione il contribuente sulla base di tre motivi, cui replicano gli intimati con controricorso;

– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– venendo al merito del ricorso, con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, sostenendo che la produzione documentale in grado di appello sarebbe ammissibile soltanto per “i nuovi documenti che non abbiano una valentia probatona”;

– il motivo è manifestamente infondato; invero, anche a voler prescindere dall’irragionevole distinzione fatta dal ricorrente tra documenti aventi valore probatorio ed altri che invece non ne avrebbero, va qui ribadito il principio giurisprudenziale secondo cui “In materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dal D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, (nel testo introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69), essendo la materia regolata dal citato D.Lgs., art. 58, comma 2, che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado” (Cass. n. 18907/2011, n. 23616/2011, 3661/2015, n. 27774/2017, n. 8927/2018, ord. 22776/2015, 655/2014, 20109/2012, 25449/2017, 6382/2018, nonchè Sez. U., n. 1518/2016 e Corte Cost. 199/2017);

– con il secondo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame da parte dei giudici di appello delle “controdeduzioni/eccezioni avanzate dal Sig. A.”;

– il motivo è inammissibile per difetto di sussunzione, essendo stato dedotto un vizio motivazionale con riferimento a quello che è all’evidenza un error in procedendo, sotto il profilo dell’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in ordine all’omessa allegazione all’intimazione di pagamento impugnato della prodromica cartella di pagamento e alla regolarità delle notifica della predetta cartella; motivi in ogni caso manifestamente infondati, avendo la CM ritenuto “infondate” le “eccezioni e deduzioni proposte (d)all’ A. (…) stante la legittimità della notifica postale” (sentenza, pag. 5) della cartella di pagamento, in quanto effettuata a mani del contribuente, che rendeva del tutto superflua l’allegazione della stessa all’intimazione di pagamento impugnata;

– con il terzo motivo il ricorrente solleva “eccezione di prescrizione”, sostenendo che dal 23/12/2009, data di notifica della cartella di pagamento indicata dalla CTR, sarebbe decorso il termine quinquennale di prescrizione del credito tributario “data la nullità della notifica dell’intimazione di pagamento”;

– la censura è inammissibile perchè generica, priva di autosufficienza in relazione alla natura dei tributi oggetto dell’intimazione di pagamento, rilevante ai fini dell’individuazione del termine prescrizionale delle imposte (v., sul punto, Cass., Sez. U., n. 23397 del 2016), e perchè muove dall’erroneo presupposto della nullità della notifica dell’atto impugnato, smentita dalla statuizione di merito, che il ricorrente ha omesso di censurare, ed in ogni caso sanata ex art. 156 c.p.c., comma 3; con la conseguenza che il motivo è anche infondato in quanto, al momento della notifica dell’intimazione di pagamento, effettuata in data 15/09/2014, il termine prescrizionale di cinque anni, indicato dallo stesso ricorrente, dalla notifica della cartella di pagamento, effettuata in data 23/12/1999, non era neppure decorso;

– conclusivamente vanno dichiarati inammissibili il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate nonchè il controricorso di questi ultimi, privi di legittimazione processuale, con compensazione delle spese processuali tra le predette parti; il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Riscossione va pure dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento in favore di tale parte processuale delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

dichiara inammissibili il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate ed il controricorso di questi ultimi e compensa le spese tra le predette parti; dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate – Riscossione, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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