Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8256 del 07/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 07/04/2010), n.8256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MONACI Stefano – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27578-2006 proposto da:

E.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. TOMMASO

D’AQUINO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVARRUSCIO LUCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CRISCUOLI ADOLFO, giusta delega

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

e sul ricorso 31427-2006 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI ANTONINO,

CORRERA FABRIZIO, CALIULO LUIGI, giusta mandato in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

E.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. TOMMASO

D’AQUINO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVARRUSCIO LUCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CRISCUOLI ADOLFO, giusta delega

a margine del controricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1545/2005 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 05/10/2005 R.G.N. 1207/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE ;

udito l’Avvocato CRISCUOLI ADOLFO; udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. Con sentenza in data 22.11.1999, il Tribunale di Salerno ha accolto parzialmente l’opposizione proposta da E.C. contro il decreto del Pretore del lavoro di Salerno 27,11.1997, che gli ingiungeva di pagare all’Inps la somma di L. 18.548.075.453 a titolo di contributi omessi per il periodo 1.1.1984 – 31.12.1995, somme aggiuntive e interessi legali, revocando il decreto e condannando l’opponente al pagamento di L. 15.011.930.664. L’opposizione è stata giudicata fondata limitatamente all’eccezione di prescrizione dei contributi relativi al periodo fino al 31.12.1987.

2. La sentenza della Corte di appello di Salerno della quale si domanda la cassazione accoglie in parte l’impugnazione dell’ E., riducendo il credito dell’Inps alla somma di Euro 3.435.238,00 a titolo di contributi omessi, oltre l’importo delle sanzioni civili determinato ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, e degli interessi legali.

3. Limitatamente alle questioni rilevanti nel giudizio di legittimità, la sentenza afferma: a) la prescrizione era stata interrotta con l’atto di intervento nel procedimento di espropriazione immobiliare del (OMISSIS), ma vi era giudicato in ordine alla compiuta prescrizione per i crediti contributivi maturati fino al 31.12.1987 e ciò imponeva la diminuzione dell’importo contributivo determinato dal giudice di primo grado; b) il credito contributivo non prescritto risultava comprovato dalle denunzie trimestrali della manodopera presentate dal datore di lavoro al soppresso SCAU – Servizio contributi unificati in agricoltura – nonchè dagli accertamenti operati dallo stesso Servizio, e correttamente calcolato in base al salario medio convenzionale; c) l’importo del debito contributivo era stato accertato sulla base della documentazione acquisita alla causa e dell’espletata consulenza tecnica; d) l’irretroattività della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, in tema di determinazione delle sanzioni, consente tuttavia al debitore di recuperare quanto corrisposto in più per effetto dei criteri più severi dettati dalle precedenti disposizioni e ciò ai sensi dello stesso art. 4, comma 18. Vi è ricorso principale di E.C. articolato in cinque motivi e ricorso incidentale del controricorrente Inps per un unico motivo. Al ricorso incidentale resiste l’ E. con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, la Corte riunisce i ricorsi proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

2. Il primo motivo del ricorso principale denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs.Lgt. 8 febbraio 1945, n. 75, per avere la sentenza impugnata ritenuto che il credito contributivo fosse sorto a seguito dell’invio delle denunzie trimestrali, mentre invece nasceva soltanto con la formazione del ruolo da parte dello SCAU. 2.1. Il secondo, connesso, motivo, denuncia vizio di motivazione in relazione alla circostanza, accertata anche dal consulente tecnico, che l’Inps non aveva mai provveduto, prima del ricorso per decreto ingiuntivo, a richiedere il pagamento dei contributi, sicchè il credito non poteva ritenersi insorto prima dell’anno 1997.

2.3. Il terzo motivo, denunciando ancora violazione del D.Lgs.Lgt. 8 febbraio 1945, n. 75, unitamente a vizio della motivazione, deduce che non era possibile configurare atti interruttivi della prescrizione (in relazione sia alle denunzie trimestrali, sia all’intervento nell’espropriazione immobiliare del (OMISSIS)) per crediti non ancora nati.

3. Esaminati unitariamente i primi tre motivi di ricorso, siccome concernenti la stessa questione, la Corte li giudica non fondati.

3.1. Viene invocata l’applicazione del D.Lgs.Lgt. 8 febbraio 1945, n. 75 – Istituzione di una Commissione centrale e di Commissioni comunali per il servizio di compilazione degli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli e per l’accertamento e riscossione dei contributi agricoli unificati, ma il Servizio per i contributi agricoli unificati, al quale è preposta la Commissione di cui al decreto – dichiarato Ente di diritto pubblico – è stato soppresso a far data dal 1 luglio 1995 e le funzioni ed il personale sono stati trasferiti all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e all’Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro (INAIL), secondo le rispettive competenze, per effetto della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 19.

Pertanto le disposizioni di cui al decreto luogotenenziale devono ritenersi ormai superate e le regole in tema di accertamento e riscossione dei contributi sostituite da quelle proprie degli enti competenti.

3.2. Peraltro, sul piano delle considerazioni di ordine generale, va osservato che le funzioni di accertamento e riscossione sono tali proprio perchè si riferiscono a crediti insorti sulla base dei fatti previsti dalla legge. La tesi del ricorrente, secondo cui soltanto il completamento del procedimento di accertamento e riscossione, con l’iscrizione nei ruoli, perfezionerebbe la fattispecie costitutiva del credito contributivo, non può quindi essere condivisa; del resto, una tesi siffatta, nel suo sviluppo logicamente coerente, farebbe si che i crediti in questione non sarebbero assoggettati a prescrizione fino a quando l’ente competente non completi il procedimento in questione. Ma, come già osservato, in tanto è possibile procedere alla riscossione mediante iscrizione a ruolo in quanto il credito sia esistente ed esigibile, non certo di crediti estinti per prescrizione.

4. Il quarto motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 1, degli artt. 134, 421 e 437 c.p.p., nonchè vizio di motivazione, per avere la Corte di Salerno disposto di ufficio, senza alcuna motivazione, l’acquisizione della documentazione relativa alla prova del credito (denunzie trimestrali) e all’esistenza di atti interruttivi della prescrizione (atto di intervento nell’espropriazione mobiliare).

5. Anche il quarto motivo non è fondato.

5.1. La tesi sostenuta nel motivo non è conforme al principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite della Corte a composizione di contrasto di giurisprudenza, secondo cui, nel rito del lavoro, l’omessa indicazione di documenti, ovvero il loro omesso deposito contestuale determina la decadenza dal diritto di produrre i documenti, ad eccezione dei documenti formatisi dopo l’inizio del giudizio o giustificati dallo sviluppo assunto dal giudizio ex art. 420 c.p.c., commi 5 e 7; tuttavia la produzione dei documenti rientranti nei nuovi mezzi di prova di cui all’art. 437 c.p.c., comma 2 può essere ammessa se ritenuti indispensabili dal giudice ai fini della decisione, qualora la produzione sia giustificata dal tempo della formazione (successiva) o dallo sviluppo dal processo (attraverso la stessa logica dell’art. 420 c.p.c., commi 5 e 7).

Infatti, al fine di attenuare la rigidità delle suddette preclusioni con un opportuno contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale, può ammettersi l’ingresso d’ufficio dei documenti se relativi a fatti allegati dalle parti o emersi nel processo a seguito del contraddittorio, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o decadenze in danno delle parti (Cass., sez. un., 20 aprile 2005, n. 8202).

5.2. Il suddetto principio si inserisce, del resto, in quello più ampio secondo cui, nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli art. 421 e 437 c.p.c., l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un potere – dovere, sicchè il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova, avendo l’obbligo – in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 c.p.c., ed al disposto di cui all’art. 111 Cost., comma 1 sul “giusto processo regolato dalla legge” – di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all’uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una delle parti, ritenga, invece, di non farvi ricorso (Cass., sez. un., 17 giugno 2004, n. 11353).

5.2. Nel caso di specie, sia l’esistenza delle denunzie trimestrali, sia il fatto interruttivo della prescrizione (che non costituisce eccezione in senso stretto e può essere rilevato dal giudice anche di ufficio in base alle allegazioni e alle prove acquisite al processo: Cass. sez. un., 27 luglio 2005, n. 15661), erano stati tempestivamente dedotti dall’Inps. La Corte di Salerno, nel ritenere, con due separate ordinanze, che, essendo stata prodotta una documentazione inidonea, era indispensabile ai fini della decisione acquisire i documenti in originale, si è puntualmente uniformata ai principi di diritto sopra enunciati.

6. Il quinto motivo del ricorso principale censura la sentenza impugnata per vizio della motivazione in relazione ai contributi relativi all’anno 1993: la stessa sentenza, al pari del consulente tecnico, aveva rilevato il difetto di documentazione circa il debito contributivo relativo a tale anno; in ogni caso, la richiesta formulata soltanto in sede di procedimento monitorio non avrebbe potuto dar luogo a sanzioni.

6.1. Il motivo è fondato nella parte in cui denunzia il vizio di motivazione in relazione all’accertata sussistenza del debito contributivo per l’anno 1993.

La sentenza, infatti, esplicitamente rileva che per il detto anno non era stata acquisita alla causa alcuna idonea documentazione, ma poi non offre alcuna giustificazione della ritenuta sussistenza del credito contributivo anche per il detto anno, restando sul piano dell’assoluta genericità l’accenno agli accertamenti in precedenza effettuati dallo Scau.

7. Con l’unico motivo del ricorso incidentale è denunciata violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, commi 8 e 18, e del D.L. 30 dicembre 1987, n. 536, art. 4 conv. in L. 29 febbraio 1988, n. 48, in relazione agli artt. 11, 12, e 15 preleggi, nonchè vizio della motivazione. Si deduce che la Corte di Salerno ha erroneamente applicato retroattivamente la L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, nonchè il comma 18 dello stesso articolo (peraltro solo in motivazione e non in dispositivo) a fattispecie nella quale non era stato versato il maggior importo dovuto ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1 e quindi non era configurabile alcun credito contributivo nei confronti dell’ente previdenziale.

8. Il ricorso incidentale è fondato.

8.1. Va premesso che, come precisato nel controricorso, le sanzioni civili sono state calcolate dall’Inps sulla base delle disposizioni di cui al D.L. 30 dicembre 1987, n. 536, art. 4, da comma 1 a comma 5, conv. con modificazioni dalla L. 29 febbraio 1988, n. 48.

Pertanto, non è compresa tra le questioni controverse quella relativa alla retroattività della disciplina della materia introdotta dalla Legge Finanziaria 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 217 ss..

8.1. Alla fattispecie di inadempimento contributivo la Corte di Salerno ha erroneamente applicato, nel dispositivo (che nel rito speciale del lavoro prevale sulla motivazione) lo ius superveniens di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8 ss., che detta norme più favorevoli per i contribuenti, atteso che nessuna delle disposizioni ivi contenute induce a ritenerne la retroattività, cosicchè ne è esclusa l’applicabilità ad omissioni contributive accertate prima della relativa entrata in vigore (Cass., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4808).

8.2. Nè la conformità al diritto del dispositivo della sentenza impugnata può essere recuperata con il richiamo, contenuto nella motivazione, del disposto della L. n. 388 del 2000, stesso art. 116, comma 18, siccome il riferimento ai crediti già accertati al 30 settembre 2000 esclude che vi sia stata deroga al principio di irretroattività quanto all’obbligo di immediato pagamento delle predette sanzioni, prevedendosi invece un meccanismo in base al quale la differenza tra quanto dovuto e quanto calcolato ai sensi dei commi precedenti costituisce un credito contributivo da porre a conguaglio successivamente e proprio per questo presuppone necessariamente l’avvenuto pagamento dei contributi e delle sanzioni (Cass. 17 dicembre 2003, n. 19334; 20 dicembre 2004, n. 23615). Ed infatti, la conservazione delle sanzioni già calcolate secondo la normativa previgente è prevista nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il credito dell’Inps per contributi sia ancora sussistente alla data del 30 settembre 2000, e solo in caso contrario, se il credito dell’Inps a quella data non esisteva più, perchè già soddisfatto in epoca precedente, le vecchie sanzioni non sono più applicabili, venendo sostituite da quelle nuove, ossia da quelle introdotte dalla L. n. 388 cit., art. 116, comma da 8 a comma 10 e ciò nell’evidente intento di praticare un trattamento più favorevole per il soggetto che, al 30 settembre 2000, aveva già pagato la somma dovuta per contributi (Cass. 13 giugno 2007, n. 13794).

9. In conclusione, in accoglimento del quinto motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra Corte di appello, che si designa in quella di Potenza, perchè: a) sia riesaminata la questione dell’esistenza e dell’importo del credito contributivo dell’Inps per l’anno 1993; b) in applicazione del principio di diritto secondo cui la L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8 e ss., non è applicabile ai crediti contributivi insorti fino al 30 settembre 2000, mentre il comma 18 dello stesso articolo trova applicazione soltanto nel caso di avvenuto adempimento del debito contributivo alla stessa data, si provveda a determinare il credito dell’Inps a titolo di somme aggiuntive e interessi legali.

Il giudice del rinvio è incaricato anche di regolare le spese e gli interessi del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il quinto motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale; rigetta gli altri motivi del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accoglimento del quinto motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale, e rinvia la causa alla Corte di appello di Potenza anche per la regolazione delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 24 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2010

 

 

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